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Striscia di Gaza: p. Faltas, “fermare spirale di odio e violenza”

Il vicario della Custodia di Terra Santa commenta le notizie che arrivano dalla Striscia di Gaza, dove, spiega il francescano, “in questi due mesi e più di guerra hanno bombardato anche i luoghi dove nasce il cibo più umile e più utile a dare sostentamento alla vita”.

Gaza (foto N. Saleh)

Il pane negato è il simbolo della crisi dell’umanità”: così il vicario della Custodia di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas, commenta al Sir le notizie che arrivano dalla Striscia di Gaza, dove, spiega il francescano, “in questi due mesi e più di guerra hanno bombardato anche i luoghi dove nasce il cibo più umile e più utile a dare sostentamento alla vita”.

Di pochissimi giorni fa la notizia che i raid israeliani hanno distrutto l’ultimo panificio di Jabalya, a Gaza. “Per noi cristiani – spiega padre Faltas – il pane spezzato e condiviso è cibo di vita eterna! È prezioso più di altri cibi perché viene dalla terra e dal lavoro e dalla fatica dell’uomo”. Nella cultura araba, inoltre, l’ospitalità generosa “parte con un sorriso per arrivare ad offrire riparo e sostentamento. Un proverbio arabo dice che se mangiamo e condividiamo pane e sale insieme ad un amico, quel legame sarà forte e durerà per sempre”. Betlemme, aggiunge il vicario della Custodia di Terra Santa, “è chiamata città del Pane, i motivi possono essere tanti ma voglio pensare che questa denominazione nasca dal gesto dei betlemiti di offrire pane all’ospite, usanza antica ma che ho rivisto tante volte”. Ma “perché bombardare anche un panificio?”, è la domanda di padre Faltas: “È stato distrutto quanto di più necessario ci possa essere per il sostentamento della gente di Gaza. Il più semplice e nello stesso tempo vitale sostentamento per la vita è negato alla sopravvivenza di persone sopravvissute a più di due mesi di guerra e a cui manca tutto”. Una risposta stenta ad arrivare. “Chi lavorava in quel forno, impastava farina per aiutare chi non riceve aiuto dal resto del mondo. Distruggere anche un panificio, oltre a luoghi e a servizi essenziali, è l’ennesima conferma di una crisi dell’umanità e che bisogna fermare questa spirale di odio e di violenza”.

Continua il francescano: “Ogni persona, ogni lavoratore di Gaza sta offrendo un servizio al suo simile nonostante il dolore immenso che lo circonda. Il mondo non può stare solo a guardare, non si può rimanere indifferenti davanti al male assoluto della guerra. A Gaza la gente ha fame, ha sete, ha freddo: sono bisogni primari, sono necessità di vita. Questi bisogni spingono a cercare pane e acqua anche a costo di strapparli con violenza ad altra povera gente, ai fratelli, ad altri sofferenti”. “Preghiamo il Signore che si è offerto al mondo come pane di vita e di giustizia – conclude padre Faltas – chiediamo a Dio di sostenere gli innocenti con il suo cibo più prezioso: l’amore per il proprio prossimo. La carità del mondo arrivi a dare sollievo al prossimo che sta soffrendo la fame, la sete, il freddo, il buio della guerra”.