Italia
Stravince il «no», tranne che in Lombardia e Veneto
Il ‘no’ al referendum di modifica della seconda parte della Costituzione vince con forza in tutte le regioni italiane, ad eccezione di due: la Lombardia ed il Veneto. In Lombardia i sì sono stati pari al 54,6% ovvero 2.445.512, contro i 2.036.635 (pari al 45,4%) che hanno votato per il no.
Nel Veneto il sì ha vinto con una percentuale ancora più forte: il 55,3%, contro il 44,7% dei no. Sul filo del rasoio il risultato in Friuli Venezia Giulia, dove ha votato no il 50,8% e sì il 49,2%.
Nel complesso, nell’Italia settentrionale il no ha ottenuto il 52,6% delle preferenze, contro il 47,4% del sì. E tuttavia, anche nelle regioni in cui ha vinto il sì, le città più importanti, Milano e Venezia, hanno visto prevalere il no. A Milano, con il 51,8%, ha vinto il no, che ha avuto la maggioranza dei consensi anche a Mantova (55,4%).
A Venezia il no ha prevalso col 53,6% dei voti ed a Rovigo il no ha vinto col 53,9%. La percentuale nazionale più bassa di adesione al no è arrivata da Sondrio, con solo il 34,6% delle preferenze.
Il no alla modifica della Costituzione è arrivato forte anche dalla capitale: a Roma alla proposta di riforma costituzionale i no sono stati più di un milione, ben 1.168.842 ed hanno raggiunto una percentuale vicina al 67,9%. A Napoli, i no hanno vinto addirittura col 78,2%, contro il 21,8% dei sì.
Nell’Italia centrale nel suo complesso, i no hanno surclassato i sì con il 67,7% delle preferenze, contro il 32,3% di coloro che volevano apportare le modifiche alla Costituzione. Netta la vittoria del no anche in tutto il meridione e nell’Italia insulare: nel primo i no hanno prevalso col 74,8%, nelle isole con il 70,6%.
Al sud fortissima è stata la percentuale dei no in Calabria (82,5%) col record nazionale di Crotone (86,2% dei no), ma forte è stata anche in Basilicata, Campania e Puglia. Ma questo referendum si è caratterizzato anche per altre i particolarità: è la prima volta, dal 1995, che si supera il quorum del 50% dei votanti. Gli italiani, infatti, dal referendum del ’97, hanno fatto registrare un calo d’attenzione sempre più forte sull’istituto referendario. L’altra particolarità è che questa consultazione ha superato il quorum che pure non era necessario, a differenza di quanto previsto per i referendum abrogativi. Il 7 ottobre 2001, per l’ omologa consultazione referendaria sulla legge di modifica al titolo V della seconda parte della Costituzione – la prima confermativa della storia della Repubblica – era andato alle urne un numero molto inferiore di aventi diritto: il 34,1%; questa volta sono stati il 53,6%.(ANSA).