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Strage in Regione, Umbria sotto choc

Al Sir l’arcivescovo affida le sue riflessioni sulla vicenda, che è al tempo stesso un caso «molto particolare», ma denuncia come una «cultura di morte» possa avere «conseguenze devastanti» sui soggetti più deboli. Su quanto accaduto si rifletterà e si pregherà questa sera in duomo a Perugia, in occasione della veglia quaresimale di preghiera alla quale sono attesi 1.500 giovani da tutta la diocesi.

Qual è stata la reazione della diocesi e della Chiesa umbra alla notizia?

«Quanto è accaduto ha portato sconcerto e dolore in tutta la regione: le due vittime provenivano dalle diocesi di Orvieto-Todi e Città di Castello, mentre l’uomo che ha sparato e poi si è ucciso era di Perugia».

Nel messaggio diffuso appena appresa la notizia della tragedia lei ha parlato di crisi dei «valori morali», ribadendo «che il valore della vita rimane assolutamente intangibile e che nessun fratello può alzare la mano contro un altro fratello…».

«Sono convinto che il momento che stiamo vivendo abbia influito, anche se bisogna ricordare che il soggetto che ha compiuto il gesto era seguito dai servizi pubblici e aveva problemi psichiatrici. È preoccupante la condizione in cui oggi ci troviamo a vivere».

In che senso?

«Vediamo affermarsi una cultura di morte, un senso negativo verso quelli che sono i valori fondanti della vita. Ogni giorno si respira una continua violenza – sulla stampa, in televisione, su internet – che su un soggetto più fragile e debole può avere conseguenze devastanti».

Dobbiamo interrogarci, come società e anche come operatori dei media, su quello che succede e su nostre eventuali responsabilità?

«Sì. È vero che viviamo anche una crisi economica che pare non avere precedenti, ma ormai ci siamo resi conto che le sue radici sono nella crisi morale, in una concezione nichilistica della vita. Se la vita di una mosca vale quanto quella di un uomo – come qualcuno afferma – viene meno l’intangibilità di chi mi sta accanto. Si afferma un concetto falso di libertà che non ha fondamento su valori etici, né barriere. Questa è, in un certo modo, la visione antropologica che si è costruita oggi».

È quindi insufficiente l’interpretazione che limita ai problemi economici le cause di tragedie come questa?

«Se riduco la visione dell’uomo a homo oeconomicus e solo quello è il fine della vita, allora si può giungere a questi estremi. Ma è una visione totalmente parziale e distorta dell’uomo. Non dimentichiamo, però, che questo caso specifico è molto particolare; sarebbe potuto accadere anche in un contesto diverso, magari con motivazioni differenti».

Da cosa ripartire per contrastare questa crisi e ribadire il valore e l’intangibilità della vita umana?

«Bisogna ripartire da quelli che sono i valori di fondo, cominciando dal senso di Dio. Quando questo è distrutto nulla ha più senso, nulla è più proponibile perché manca l’elemento fondamentale della scala dei valori. Decaduto il senso di Dio tutto il resto si sgretola».