Opinioni & Commenti
Strade, la strage continua
Ogni giorno, dall’inizio dell’anno, sulle strade italiane muoiono 8,5 persone: una strage continua in cui hanno perso la vita 1.540 uomini, donne e ragazzi. E’ il bilancio di polizia e carabinieri, aggiornato al 30 giugno e reso noto mercoledì 18 luglio nel corso della presentazione della di «Guido con Prudenza», la campagna di Polizia e Ania contro le stragi del sabato sera.
La maggior parte delle vittime si registra nei fine settimana: su 1.540 sono 892 i morti tra venerdì e domenica. Un dato, quest’ultimo in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando furono 885 le vittime del fine settimana. Altissimo anche il numero dei feriti: 47.902, 265 al giorno, 11 l’ora.
Ormai i morti sulle strade non si contano più: ogni conto è destinato ad essere superato nel giro di poche ore, se non di pochi minuti. Le strade si sono trasformate in campi di battaglia, con morti e feriti in crescendo esponenziale. Quasi una follia collettiva. In certo senso, un’epidemia incontrollabile, nella quale gli untori si moltiplicano a causa dell’alcol e della droga. Negli ultimi giorni hanno destato scalpore e indignazione i ripetuti incidenti mortali causati dalla guida in stato di ebbrezza: quattro giovani uccisi nei pressi di Cremona, tre bambini ammazzati sull’autostrada Caserta-Salerno, una sedicenne travolta e uccisa sulle strisce pedonali a Pinerolo…
Quel che è triste è che, mentre aumentano le proteste e le richieste di giustizia, cresce allo stesso tempo il senso di impotenza; mettersi in macchina, affrontare un viaggio significa sfidare la sorte: non ci si salva dalla follia della velocità ad ogni costo, dall’irresponsabilità di chi ha fatto della strada la palestra del suo istinto di dominio, della sua sfida alla vita. Anche questo è il segnale triste del prevalere di una cultura di morte. Ciò di cui si avverte l’urgenza è l’etica della responsabilità, la consapevolezza che la mia libertà ha dei limiti nella libertà degli altri, nel loro diritto di vivere. Il riscoprire il senso del limite e della misura. Il problema, insomma, è anzitutto etico: si deve ritrovare quella «etica della strada» che è stata indicata, appena alcuni giorni fa, dagli «orientamenti» del Pontificio Consiglio dei Migranti, nei quali si afferma: «Quando qualcuno guida mettendo in pericolo la vita altrui o quella propria, come pure l’integrità fisica e psichica delle persone, e anche beni materiali considerevoli, egli si rende responsabile di colpa grave». Responsabilità, prudenza come doveri morali gravi. Unite, come indicano gli stessi «orientamenti», alla carità e alla giustizia: sì, perchè guidare irresponsabilmente è anche questione di amore e di giustizia nei confronti degli altri oltre che di se stessi.
Quanto costa alla società civile in aggiunta alle sofferenze e ai lutti di tante famiglie la strage stradale in un anno? Anche questo si deve ricordare. Naturalmente, non riguarda solo i guidatori. Ne sono interessati e richiamati i produttori di automobili: perché fare bolidi da trecento all’ora, per viaggiare su strade dove è vietato superare i centotrenta? Ne sono toccati direttamente i genitori: è proprio necessario donare ai propri ragazzi, al raggiungimento della maturità, auto velocissime? Senza dimenticare i legislatori che ora stanno decidendo misure più severe, come il sequestro dell’auto, per fermare gli irresponsabili.
E mettiamoci, per finire, la deprecabile industria dello sballo notturno, che costringe i giovani, se non vogliono essere considerati extraterrestri, a trascorrere le notti caracollando tra bar, ristoranti, discoteche, night club e altro ancora fino a mattina inoltrata. Qualcuno riuscirà a mettere un freno a questa follia? E’ triste ricordare che qualcuno in Parlamento ci ha provato ma è stato sconfitto.