Vita Chiesa
Storia della Via Crucis, come è nata e perché c’è in tutte le chiese
Quaresima, Domenica delle Palme, Settimana Santa: sono i giorni della Via Crucis. Quelle particolari, che si svolgono per le strade, in un ospedale o in altri luoghi particolari. Ma anche quelle che si svolgono dentro chiese e conventi. O quella che il Venerdì Santo si svolge a Roma, alla presenza del Papa, e che molti anche quest’anno seguiranno in televisione.È bello allora ricordare com’è nata questa forma di devozione: una storia che si lega molto alla Toscana. A raccontarcela è padre Mario Panconi, frate minore di origine lucchese e attualmente residente nel convento di San Francesco Stimmatizzato in piazza Savonarola, a Firenze, esperto di storia francescana e direttore della rivista «Studi Francescani»Quando nasce dunque la Via Crucis? «La tradizione – afferma – si fa risalire al primo pellegrinaggio che Maria, la madre di Gesù, fece sui luoghi della morte del figlio. Ma questa è agiografia. Se guardiamo alla storia, possiamo dire questa pratica devozionale nasce in seno alla famiglia francescana: si può far risalire alla presenza dei frati minori in Terra Santa, intorno al tredicesimo secolo». Era stato san Francesco a volere fortemente la presenza dei frati sui luoghi della vita terrena di Gesù, e lui stesso ci andò; nel 1217 nasce la provincia francescana di Terra Santa, da cui poi nascerà nel 1342 la Custodia con cui Clemente VI confermò l’affidamento dei luoghi santi.La «via della croce» quindi, spiega padre Panconi, nasce semplicemente come un pellegrinaggio nella città di Gerusalemme, sui luoghi stessi in cui Gesù aveva vissuto i suoi ultimi giorni fino alla morte in croce, e che i francescani custodivano. Le «stazioni» erano quindi il Cenacolo dove si svolse l’ultima cena, l’orto del Getsemani dove Gesù pregò con gli apostoli, il luogo dove si runiva il Sinedrio, il palazzo di Erode, la salita al Golgota… Una pratica che in quegli anni si diffonde non solo tra i francescani: i documenti parlano di un domenicano, Rinaldo di Monte Crucis, che racconta di aver compiuto questo percorso nel 1294.Già nel medioevo però si verificarono momenti in cui non era possibile recarsi in Terra Santa. Si volle dare quindi a chi non poteva andare di persona, la possibilità di compiere questo percorso devozionale: siamo alla fine del Trecento.Un momento importante, racconta padre Panconi, è la nascita all’interno dell’ordine francescano del movimento dell’Osservanza, che ha il suo campione in san Bernardino da Siena e che prestava grande attenzione alla Passione. «Accanto alla devozione della Via Crucis nasce l’idea di creare i cosiddetti «sacri monti» attraverso la ricostruzione in scala reale, in una serie di cappelle, dei luoghi santi legati alla vita di Cristo: i più importanti sono oggi in Piemonte e Lombardia, e sono entrati a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. La funzione è sempre la stessa: permettere a chi non può andare in Terra Santa di svolgere un pellegrinaggio che ricordi i vari momenti della Passione».Un luogo fondamentale in questo percorso storico è San Vivaldo, in Toscana: «Furono gli stessi frati minori del Santo Sepolcro di Gerusalemme che, per diffondere questo tipo di devozione, individuarono tre luoghi in Europa: Varallo, in Piemonte, Montaione in Toscana e Braga in Portogallo. Con il Concilio di Trento, e con san Carlo Borromeo, i sacri monti si diffonderanno poi in tante altre località del Nord Italia».A Montaione in particolare operò un frate fiorentino, Tommaso Bellacci, che dopo una giovinezza dissoluta, entrò nella confraternita del Ceppo, si convertì e decise di abbracciare la vita religiosa tra i frati minori dell’Osservanza del convento di Fiesole. A seguito di molti viaggi in Terra Santa, utilizzando le sue memorie di quei luoghi, progettò circa 25 cappelle ricordanti le varie tappe della vita, passione e morte di Gesù. Aveva identificato una valle boscosa, che rassomigliava alla valle di Giosafat; più a sud un rilievo a rappresentare il Monte degli Ulivi; a nord, un ripiano naturale poteva rappresentare la spianata del tempio, mentre poco più in là, una collinetta veniva a formare il monte del Calvario. Nacque così intorno al 1500, al convento di San Vivaldo, quella che ancora oggi viene chiama la «Gerusalemme di Toscana».La Via Crucis quindi aveva già una sua forma codificata quando, tra Seicento e Settecento, opera un altro frate francescano il cui nome è molto importante nella diffusione di questa devozione: san Leonardo da Porto Maurizio. «San Leonardo non è l’inventore della Via Crucis, ma ne è il grande propagatore, all’interno di un tentativo di riforma dell’ordine francescano che va sotto il nome di “Riformella”. Rilanciò alla grande la Via Crucis in tutta Europa. Inizialmente era consentita soltanto nelle chiese dei frati minori: Clemente XII nel 1731 la estende a tutte le chiese, quindi da pratica francescana diventa patrimonio di tutta la Chiesa. Possiamo dire che il papato fa proprie le istanze di san Leonardo, in un clima che evidentemente era favorevole a recepire questo tipo di spiritualità».Il nome di san Leonardo si lega alla Via Crucis forse più celebre, quella al Colosseo, nata nel convento di San Bonaventura al Palatino che si trova proprio accanto all’anfiteatro romano: è la Via Crucis a cui tradizionalmente anche il Papa partecipa il Venerdì Santo. Ma la vita del santo, nativo della Liguria, è molto legata anche alla Toscana: in particolare al convento di San Salvatore al Monte, che i fiorentini conoscono proprio come «Monte alle Croci» per la Via Crucis che accompagna la salita sul colle, partendo dalle mura cittadine. Da qui san Leonardo da Porto Maurizio partì per le sue missioni, in Toscana e in tutta Italia. A lui si deve anche la fondazione del convento dell’Incontro, sulle colline sopra Bagno a Ripoli, che nasce proprio come suo luogo di ritiro e dove, nel viale d’ingresso al convento, c’è un’altra importante Via Crucis.È in questo periodo, spiega padre Panconi, che viene codificata la forma attuale della Via Crucis, con le 14 stazioni come le conosciamo oggi: un percorso che ha preso forma durante i secoli. È probabile infatti che inizialmente le stazioni fossero di più: una pratica che aveva una certa libertà, così come oggi si trovano libretti per la Via Crucis che propongono meditazioni particolari prendendo vari spunti dai Vangeli o da altre fonti.Se questa è la storia, altrettanto importante è capire la spiritualità: «Il francescanesimo al cui interno nasce la Via Crucis è quello della fede cristiana nell’Europa del tredicesimo secolo: una fede molto attenta all’umanità del Cristo. La tradizione cristiana orientale non ha questa attenzione alla sofferenza, è molto più legata alla gloria del Cristo. Il francescanesimo accentua questa tendenza, ma non è il solo: è un’attenzione che ritroviamo nei Domenicani, nei Servi di Maria… Ci sono tanti tipi di devozione che nascono da questa sensibilità: dal punto di vista iconografico, ad esempio, l’interesse per gli strumenti della Passione, la spugna, la canna, i chiodi… Ma anche la devozione al Sangue di Cristo, o la devozione al Sacro Cuore che è più recente. Pensiamo ai crocifissi dipinti che si diffondono proprio in questo perido, Cimabue, Giotto… Anche il culto eucaristico in qualche modo si lega a tutto questo. Da questo punto di vista, del resto, il francescanesimo non inventa niente, prende certi aspetti e li porta all’acme».C’è una data che è particolarmente significativa: è quella del 1224, di cui il prossimo anno si ricorderà l’ottavo centenario: le stimmate di san Francesco. «Per i francescani – conclude padre Mario – questo significa riconsiderare tutta la vita di Francesco alla luce della passione e della sofferenza di Cristo, che diventa quindi il centro della spiritualità francescana».