Toscana
Statuto, un pasticcio istituzionale
E’ un vero e proprio «pasticcio istituzionale» quello che si è creato dopo la decisione del consiglio dei ministri del 3 agosto di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il nuovo Statuto della regione toscana, da poco approvato con una larghissima maggioranza. Non solo perché apre un altro fronte di dissidio tra le due istituzioni, ma anche perché mette in forse il voto nel 2005 con la nuova legge elettorale regionale che la Toscana si è data. E in più la contrapposizione spacca le forze politiche con An toscana fortemente critica nei confronti del governo, mentre il partito di Fini applaude a livello nazionale alla «bocciatura». Imbarazzo anche in Forza Italia, partito al quale appartiene il presidente della commissione Statuto, Piero Pizzi, mentre plaude alla decisione del governo l’Udc. Ma ecco le reazioni e quali scenari si aprono adesso.
Quanto alla promozione dello sviluppo economico il Governo ha contestato che le norme «risultano invasive della competenza esclusiva statale rispettivamente nelle materia della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile». In particolare, il settore della cooperazione – ha rilevato il Governo – «è stato attribuito al Ministero delle attività produttive». Quanto ai tempi per l’approvazione da parte del consiglio regionale del programma di governo del presidente della giunta, l’esecutivo nazionale ha rilevato che la disposizione è in contrasto «con il principio di elezione a suffragio universale diretto del presidente della Regione». Per il diritto di accesso agli atti amministrativi il governo ha affermato che «la richiesta di accesso ai documenti comporta un controllo generalizzato (ed immotivato) sull’attività dell’ amministrazione ed attribuisce rilevanza giuridica anche a portatori di interessi di mero fatto, e non già solo a portatori di diritti e di interessi legittimi». Circa la motivazione degli atti amministrativi il Governo ha sostenuto che «l’esclusione dell’obbligo di motivare gli atti meramente esecutivi risulta, invece, in contrasto con i principi del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione».
Per quanto riguarda la possibilità prevista dallo Statuto di disciplinare l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni conferite agli enti locali per assicurare requisiti essenziali di uniformità, il governo ha affermato che «la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni è attribuita agli stessi enti». Per l’articolo dello Statuto sui tributi propri degli enti locali il governo ha rivendicato la potestà esclusiva statale sulle materia. Contrasta, invece, con le norme statali l’articolo dello Statuto toscano sulle decisioni sugli atti comunitari.
Infine, riguardo alla maggioranza per la validità del referendum abrogativo il governo ha evidenziato il contrasto con l’articolo 75 della Costituzione che prevede che il referendum venga approvato se partecipa alla votazione la maggioranza degli aventi diritto.
A favore dell’impugnazione, invece, si sono espressi il sottosegretario al welfare Grazia Sestini, che ha parlato di «tutela dell’unità dello Stato» portando l’esempio della tutela dei beni culturali; il sottosegretario alla difesa Francesco Bosi che riconosce al suo Udc il fatto «di aver previsto la bocciatura»; il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace («saggia decisione del consiglio dei ministri»), ma non ha trovato sponda nei «suoi» di An in Toscana. Proprio l’impugnazione dello statuto da parte del Consiglio dei ministri ha agitato le acque in Alleanza Nazionale. Infatti, mentre a Roma Storace e il senatore Riccardo Pedrizzi, responsabile di An per le politiche della famiglia, hanno plaudito al governo, in Toscana il deputato fiorentino Riccardo Migliori («il governo ha avuto un’insolazione agostana»), seguito poi dai consiglieri regionali del partito di Fini, hanno nettamente criticato le eccezioni di costituzionalità contestate dal consiglio dei ministri. Bricolo, vicepresidente del gruppo della Lega Nord alla Camera ha indicato il centrosinistra «come paladini dei non valori».
Da parte di Forza Italia, attraverso Denis Verdini, coordinatore toscano, si osserva che «il centrosinistra toscano ha seminato vento e ora raccoglie tempesta», mentre il consigliere regionale Piero Pizzi, sempre di Forza Italia e presidente della commissione statuto, si è detto «un po’ amareggiato perché è un ottimo statuto frutto di un responsabile accordo istituzionale fra le forze politiche che, anche attraverso la scelta dell’elezione diretta del presidente, ridà ruolo e dignità all’assemblea regionale». Lo statuto regionale è infatti considerato il fiore all’occhiello del Consiglio regionale della Toscana nella legislatura in corso.
Frutto di una lunga mediazione, la legge è passata con un consenso e un dissenso trasversali: ha avuto il «si» di Ds, Verdi, An, FI e Sdi, contrari Margherita e Udc (quest’ultima promotrice anche di una raccolta di firme per la richiesta di un referendum abrogativo), astenuto il Prc mentre il Pdci, che aveva dichiarato la sua astensione, al momento del voto non era presente in aula. Al centro del dibattito, in particolare, l’articolo 13 che non prevede le preferenze nella scheda elettorale, fra le priorità indicate dai Ds, e l’aumento dei consiglieri, fra le priorità indicate da FI, saliti da 50 a 65. Previsione quest’ultima contenuta anche nello Statuto così come quella sull’elezione diretta del presidente della giunta regionale.
Alla nuova legge elettorale si ricollega poi una proposta di normativa, allo studio di una commissione speciale nata il 23 giugno scorso, «per la partecipazione dei cittadini alla selezione delle candidature» per le elezioni regionali, ovvero sulle primarie. Lo stop del Governo allo Statuto, «è il più autorevole intervento in grado di sanare la ferita che era stata inferta alla democrazia e alla partecipazione dei cittadini» commenta ora il segretario toscano dell’Udc, Nedo Poli, rimarcando la «forzatura voluta dal centrosinistra e purtroppo avvallata anche dai maggiori partiti del centro-destra, ma non da noi, di incrementare sensibilmente il numero dei consiglieri regionali e di cancellare il voto di preferenza». «Resta un nostro obiettivo andare alle elezioni con la nuova legge – commenta il consigliere regionale Ds e vicepresidente della commissione statuto Sandro Starnini – con i tempi però siamo al limite».
L’impugnazione dello Statuto, ricorda il consigliere regionale dei Ds Agostino Fragai, non blocca comunque il lavoro sulla normativa per le primarie che, per i Ds toscani, sono una «regola fondamentale non solo dentro il partito ma anche dentro la coalizione». E comunque in queste ore, spiega Fragai, «si sta valutando se può essere approvata la legge elettorale in assenza dello Statuto. Se ciò fosse possibile, sul piano politico da parte nostra non ci sarebbe difficoltà a valutare questa opportunita». La questione, da un punto di vista tecnico-giuridico, appare complessa: non è chiaro se il nodo possa risolversi con la sola modifica dell’articolo 26 sulla decorrenza delle legge. C’è anche l’aumento dei consiglieri, previsto nella nuova normativa e introdotto dal nuovo Statuto. Possibilista sulla soluzione legata all’articolo 26 si dice il presidente della commissione Statuto Pizzi, ma, precisa: «I tempi sono comunque stretti».
«L’articolo 123 della Costituzione – ricorda Grassi – prevede che lo Statuto debba essere in armonia con la Costituzione. La Corte Costituzionale ha precisato che gli Statuti come tutte le leggi devono rispettare tutte le norme giuridiche dell’ordinamento e, quindi, ogni disposizione della Costituzione, ma gli statuti devono anche rispettare lo spirito della Costituzione e devono essere in armonia con i precetti e i principi della Carta. L’ampiezza dell’autonomia statutaria è notevole – rileva Grassi – e l’individuazione in concreto di quali sono i principi costituzionali con i quali può entrare in contrasto lo statuto è una delicata opera di interpretazione che spetta alla Corte». Quanto ai principali rilievi finora noti che il governo ha mosso allo Statuto toscano per Grassi gli articoli sui «beni culturali e le convivenze sono affermazioni di livello interpretativo e hanno una efficacia giuridica limitata», mentre «è singolare che si possano rilevare disarmonie con la Costituzione di fronte ad un consenso nel consiglio regionale bipartisan».