Toscana

STATUTO REGIONALE, ESULTANZA DELL’ARCIGAY. CARRARESI (UDC): «INEVITABILe CONSEGUENZa DI UN TESTO AMBIGUO»

«È un grande segno di civiltà e di laicità quello che giunge dalla Toscana»: così il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, ha commentato il riconoscimento delle altre forme di convivenza inserito nel nuovo Statuto regionale. Secondo l’Arcigay «la Regione Toscana è la prima Regione italiana a riconoscere, dopo un lungo ed acceso dibattito, le coppie gay nel proprio Statuto» anche con l’inserimento dell’«orientamento sessuale» fra le condizioni da tutelare da discriminazioni. Per il deputato dei Ds ed esponente di Arcigay Franco Grillini, l’approvazione di questo provvedimento «rappresenta un importante elemento di novità nel panorama normativo italiano».

«Le parole dell’onorevole Grillini, deputato dei Ds ed esponente dell’Arcigay, dimostrano a chi ha votato per l’inserimento in Statuto del generico “riconoscimento delle altre forme di convivenza” – primi fra tutti i consiglieri della Margherita – che eravamo di fronte ad un’espressione ambigua che poteva dare luogo ad una inaccettabile confusione». Lo sostiene il capogruppo dell’Udc in consiglio regionale Marco Carraresi, che ricorda anche come il Consiglio regionale non abbia «tenuto in considerazione neanche l’appello rivolto mesi fa dalla stessa Conferenza episcopale toscana che aveva richiesto che la presa in considerazione da parte dello Statuto di alcune fra tali forme di convivenza fosse quanto meno esplicitamente vincolata anche a imprescindibili e simultanee condizioni».

«Non è un caso, infatti, – prosegue Carraresi – che da parte del movimento omosessuale si plauda tanto a questa scelta del Consiglio regionale della Toscana, e si chieda già da adesso che le “convivenze” fra persone dello stesso sesso vengano poste sullo stesso piano delle famiglie formate un uomo e una donna uniti fra di loro da un vincolo matrimoniale». Carraresi ricorda i motivi che hanno spinto il suo gruppo a votare contro il «generico riconoscimento “delle altre forme di convivenza” non fondate sul matrimonio» , ritenendo l’espressione «ambigua» e che «potesse dare origine ad una inaccettabile confusione». «Tali convivenze, infatti, – continua – esprimendo una tipologia molto varia, non hanno in concreto natura omogenea (altro, ad esempio, è l’unione tra un uomo e una donna, tanto più se hanno figli, altro è l’unione di persone omosessuali): ciò rende logicamente impossibile una loro disciplina unitaria».

«Nessuno vuole penalizzare o disprezzare forme di convivenza diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo ed una donna – prosegue il capogruppo dell’Udc -. Ma noi pensiamo che non si possa equiparare la coppia che assume un vincolo di natura pubblica, responsabilmente assunto anche nei confronti della collettività, con chi invece, liberamente, preferisce non assumersi alcun vincolo. Nella famiglia fondata sul matrimonio è indiscutibile vi sia un di più di stabilità e di dichiarata obbligazione sociale che va giuridicamente e socialmente premiato, senza che questo significhi disprezzare o penalizzare altre forme di convivenza. Diciamolo con franchezza: perché sposarsi, quando altre forme di rapporto hanno i medesimi diritti, opportunità, agevolazioni? Le istituzioni invece evitando equiparazioni riduttive devono sostenere ed evidenziare l’istituto familiare-matrimoniale proprio per il servizio particolare che esso offre all’intera società».

Il Consiglio regionale non ha così tenuto in considerazione neanche l’appello rivolto mesi fa dalla stessa Conferenza episcopale toscana che aveva richiesto che la presa in considerazione da parte dello Statuto di alcune fra tali forme di convivenza fosse quanto meno esplicitamente vincolata anche a imprescindibili e simultanee condizioni: che tali convivenze avessero il carattere di un impegno stabile; che le unioni tra persone omosessuali non fossero omologabili né ovviamente alla famiglia fondata sul matrimonio né ad altre forme di convivenza; che infine la considerazione verso queste forme di unione e convivenza non avesse lo scopo “nascosto” di assimilarle in futuro alla famiglia fondata sul matrimonio.