Italia
Stato sociale più debole

C’è una «sperabile» valvola di sicurezza, che dovrebbe salvaguardare il necessario contesto unitario, anche in materia di assistenza, almeno per i livelli essenziali, ha osservato monsignor Giuseppe Pasini: «Il comma m dell’art. 117 afferma che spetta allo Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Ma lo Stato non ha potere di monitoraggio e di intervento in caso di dubbio rispetto dei livelli essenziali e l’eventuale conflitto va risolto con ricorso alla Magistratura (TAR). E comunque tutto è legato alle risorse disponibili».
Già, le risorse disponibili. «Lo Stato ha osservato il sacerdote ha ridotto i flussi finanziari diretti alle Regioni e quindi ai Comuni che hanno la diretta competenza in materia assistenziale. L’Anci, in particolare (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha denunciato, nella Finanziaria del 2004, un taglio di fondi destinati ai comuni pari a meno 3% in media; le Regioni a loro volta hanno denunciato una riduzione del fondo per le politiche sociali pari al 29% dell’anno precedente, e a una riduzione del fondo per la difesa del suolo pari al 76%. Globalmente il taglio equivale a meno 300 euro per persona».
Se il Welfare si sta indebolendo, com’è percepito questo aspetto dalle fasce più deboli? «Oggi ha commentato il presidente della fondazione Zancan permane una fascia di popolazione che vive sotto la linea di povertà, valutabile intorno ai sette milioni di cittadini. La legge 38/2000 aveva stabilito una formula di contrasto alla povertà, da attuare attraverso il reddito minimo di inserimento (Rmi) che puntava a superare la forma assistenziale e ad assicurare alle persone in stato di povertà un itinerario di accompagnamento, per favorire un loro reinserimento sociale e lavorativo. Il Rmi fu avviato a titolo sperimentale in alcune regioni. Era previsto, in seconda fase, che il progetto si sarebbe esteso a tutto il territorio nazionale. La fase di sperimentazione non ebbe, in realtà, un esito molto positivo, a causa della impreparazione delle amministrazioni comunali. C’era l’esigenza pertanto di alcuni correttivi, ma l’impostazione appariva corretta, perché finalizzata alla promozione umana. Il nuovo governo ha abbandonato questa prospettiva. Il Libro bianco sul Welfare parla, in alternativa, di un Reddito di ultima istanza non ben precisato nella sua identità, destinato alle forme più gravi di povertà, e che dovrebbe essere finanziato in gran parte dalle Regioni e integrato dallo Stato. La decisione di adottarlo dipende dalle Regioni stesse. La Finanziaria del 2002 ha introdotto una maggiorazione delle pensioni minime Inps, portandole da 412,18 Euro a 516,46 euro. Dei sei milioni di potenziali aventi diritto a questa integrazione (quanti cioè hanno un reddito inferiore a 6.836 euro l’anno, tredicesima compresa), solo due milioni di persone ne hanno approfittato, secondo le dichiarazioni del ministro Maroni. In conclusione l’enclave di povertà è rimasta pressoché immutata».