Vita Chiesa
Stasera al Colosseo la «Via Crucis» dei tanti crocifissi
«Come non vedere il volto del Signore in quello dei milioni di profughi, rifugiati e sfollati che fuggono disperatamente dall’orrore delle guerre, delle persecuzioni e delle dittature?». È solo una delle domande – sotto forma di provocazione sui drammi di oggi – che ritmano la Via Crucis, le cui meditazioni sono state scritte quest’anno dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, per il tradizionale rito del Venerdì Santo presieduto dal Papa al Colosseo.
«Quanta paura c’è nella nostra vita!». La stessa della folla che davanti a Pilato gridava: «Crocifiggilo». Nella prima stazione, il parallelo con l’attualità salta agli occhi: «Abbiamo paura del diverso, dello straniero, del migrante. Abbiamo timore del futuro, degli imprevisti, della miseria. Quanta paura nelle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle nostre città. E forse abbiamo paura anche di Dio». Gesù, Pilato e la folla, i protagonisti della prima tappa della Via Crucis: «Ognuno di noi, oggi è parte integrante di quella folla che grida: ‘Crocifiggilo’! Nessuno può sentirsi escluso. La folla e Pilato sono dominati da una sensazione interiore che accomuna tutti gli uomini: la paura. La paura di perdere le proprie sicurezze, i propri beni, la propria vita».
«Il cristiano non cerca l’applauso del mondo o il consenso delle piazze, non adula e non dice menzogne per conquistare il potere». Troppo spesso, invece, «andiamo in cerca di una verità a buon mercato, «lasciandoci ingannare da profeti di sventura o da abili pifferai che anestetizzano il nostro cuore con musiche suadenti che ci allontanano dall’amore di Cristo».
Gesù, «scarto tra gli scarti, ultimo con gli ultimi, naufrago tra i naufraghi». Come gli ebrei morti nei campi di sterminio, i cristiani perseguitati, i bambini schiavizzati e le «carrette del mare». È il tema della terza stazione, quella di «un Dio che cade» per la prima volta e ci porta a chiederci: «Dov’è Dio nei campi di sterminio? Dov’è Dio nelle miniere e nelle fabbriche dove lavorano come schiavi i bambini? Dov’è Dio nelle carrette del mare che affondano nel Mediterraneo?». Bisogna pregare «per tutte quelle situazioni di sofferenza che sembrano non avere senso, per gli ebrei morti nei campi di sterminio, per i cristiani uccisi in odio alla fede, per le vittime di ogni persecuzione, per i bambini che vengono schiavizzati sul lavoro, per gli innocenti che muoiono nelle guerre».
«Ieri come oggi la famiglia è il cuore pulsante della società». È il tema della quarta stazione, che ci ricorda come «tutti hanno bisogno di una madre, anche Dio». «Proteggi tutte le donne oggetto di sfruttamento e di violenza», la preghiera mariana scritta dal cardinale Bassetti. Alle donne è dedicata anche l’ottava stazione, dove risuona «un forte appello alla conversione, personale e comunitaria», perché le «viscere di misericordia» sono «viscere materne».
«Dio si sporca le mani con noi». «Come ci comportiamo di fronte alla sofferenza» di un bambino disabile o al «grido di chi soffre ma vive lontano da noi?». Nella quinta stazione, il cardinale Bassetti attualizza la figura di Simone il Cireneo: «La sofferenza, quando bussa alla nostra porta, non è mai attesa. Appare sempre come una costrizione, talvolta perfino come un’ingiustizia. E può trovarci drammaticamente impreparati».
C’è il volto di Dio nei «milioni di profughi, rifugiati e sfollati», la denuncia della sesta stazione, in cui ci viene chiesto di «asciugare le lacrime e il sangue dei vinti di ogni tempo, di quanti la società ricca e spensierata scarta senza scrupolo».
Nella settima stazione, il Figlio di Dio incarna il «potere dei senza potere». Ma «gli uomini si ribellano all’idea di non avere potere, di non avere la capacità di portare avanti la propria vita».
«Quante volte gli uomini, le donne e i bambini soffrono per una famiglia spezzata. Quante volte gli uomini e le donne pensano di non avere più dignità perché non hanno un lavoro. Quante volte i giovani sono costretti a vivere una vita precaria e perdono la speranza per il futuro». È la triplice esclamazione contenuta nella nona stazione, dove si citano «tutti coloro che sono a terra per tanti motivi: peccati personali, matrimoni falliti, solitudine, perdita del lavoro, drammi familiari, angoscia per il futuro».
La «banalità del male» e «le piaghe dei bambini profanati nella loro intimità». Sono gli ingredienti della decima stazione. Di fronte alla morte di Gesù «ogni uomo può scegliere: contemplare il Cristo o tirare a sorte». Di fronte alle piaghe dei corpi «di uomini e donne, di bambini e anziani, di malati e disabili non rispettati nella loro dignità», l’alternativa è tra la «logica della cultura dello scarto» e quella di «accettare la volontà di Dio anche nelle condizioni peggiori».
«Il grido di Gesù è il grido di ogni crocifisso della storia, dell’abbandonato e dell’umiliato, del martire e del profeta, di chi è calunniato e ingiustamente condannato, di chi è in esilio o in carcere». Lo dimostra il XX secolo che è stato definito il secolo dei martiri.
«Esempi come quelli di Massimiliano Kolbe ed Edith Stein esprimono una luce immensa», si legge nell’undicesima stazione: «Ma ancora oggi il corpo di Cristo è crocifisso in molte regioni della terra. I martiri del XXI secolo sono i veri apostoli del mondo contemporaneo».
La «sobrietà» di Giuseppe D’Arimatea e «la fastosità dei funerali dei potenti di questo mondo». È la contrapposizione che fa da sfondo alla tredicesima stazione, quella della deposizione dalla croce. Nell’ultima, la quattordicesima, «l’uomo, abbagliato da luci che hanno il colore delle tenebre, spinto dalle forze del male, ha rotolato una grande pietra e ti ha chiuso nel sepolcro», scrive il cardinale Bassetti dando del «tu» al suo interlocutore. «Ma noi sappiamo che tu, Dio umile, nel silenzio in cui la nostra libertà ti ha posto, sei all’opera più che mai per generare una nuova grazia nell’uomo che ami».