La leadership cristiana ha giocato un ruolo positivo e profetico nella guerra e nella distruzione, dicendo la verità e contrastando la propaganda e le falsità diffuse sia da governo, sia dalle Tigri tamil. Ha continuamente e coraggiosamente richiamato a un’equa soluzione politica che vada incontro alle preoccupazioni di tutti i settori della società. Con queste parole Jehan Perera, responsabile del National Peace Council, organizzazione che coordina diverse iniziative di pace e dialogo, spiega al Sir il ruolo delle religioni in una soluzione negoziata della crisi in Sri Lanka. Qui, infatti, è in atto quella che per i responsabili militari governativi è la “battaglia finale” contro la guerriglia tamil nel nord-est del paese, e della quale la popolazione civile sta pagando un pesante prezzo. In ballo un cessate il fuoco che potrebbe alleviarne il dramma. Tuttavia, aggiunge Perera, è tempo che anche i leader di altre fedi di maggior seguito, come buddhismo, induismo e islam si impegnino per i valori religiosi di pace, verità, giustizia e riconciliazione.Per la popolazione si è espresso anche il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam in due accorati appelli lanciati già nei giorni scorsi: i proiettili di artiglieria cadono sulle capanne dei profughi, uomini, donne e bambini sono mori e molti altri sono feriti gravemente, anche nella zona di sicurezza di Valipunam, istituita dal governo. Solo nell’ultima settimana sono 88 i morti e oltre 200 i feriti. Nel secondo appello, il 27 gennaio, al presidente Rajapakse, il vescovo ha chiesto un’estensione della zona di sicurezza. “L’area scelta è piccola e pressoché inabitabile, considerando l’alto numero di persone che qui va raccogliendosi. Per questo chiedo di considerare l’estensione all’intera parte occidentale di Mullaitivu. Chiediamo alle Tigri di non posizionarsi tra i civili nella zona di sicurezza e di non lanciare da qui colpi d’artiglieria e razzi contro le truppe governative. Azioni che mettono in pericolo l’intera popolazione. Si calcola che siano 250mila i civili nei territori ancora controllati dalla guerriglia e che non riescono ad uscirne o viene loro impedito di farlo.Sir