Toscana
Speciale 30° Georgofili: così Scaramuzzi, allora presidente dell’Accademia, raccontò quella notte tremenda
«È stata una tragedia. Ve la voglio raccontare un po’ come l’abbiamo vissuta; è forse il modo più efficace per rendervi partecipi del nostro stato d’animo. Daniela (segretaria dell’Accademia), circa alle una e mezza della notte tra il 26 ed il 27 u.s., mi ha chiamato al telefono per dirmi che aveva a sua volta ricevuto da poco una telefonata dal dott. Remigio Tallarico, abitante vicino a p.zza S. Elisabetta; l’aveva avvertita che una grossa esplosione aveva coinvolto l’Accademia. Daniela mi ha detto anche di aver provato a telefonare ad Angela (custode dell’Accademia), ma il telefono dava sempre e solo un preoccupante segnale di occupato. Abbiamo deciso di recarci immediatamente sul posto. Mentre in fretta mi vestivo, sono giunte altre due telefonate, non so neppure di chi esattamente, mi pare da parte di alcuni dipendenti della Galleria degli Uffizi che mi informavano di uno scoppio in via Lambertesca. Sono arrivato con un taxi in p.zza Signoria alle una e quarantacinque circa; polizia e carabinieri impedivano di andare oltre. Vi erano molte ambulanze, auto dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine. Qualificatomi, mi hanno fatto subito passare. Daniela era già arrivata. Vi erano alcune autorità ed era in corso un febbrile lavoro, che mi apparve subito efficiente. Il questore e l’assessore comunale Giani mi hanno personalmente accompagnato da via Lambertesca a via dei Georgofili. In quell’angolo, in terra, un lago di acqua, macerie, fango. La Torre del Pulci era squarciata per tutta la sua altezza e a terra un cumulo di macerie raggiungeva quasi il primo piano. Sulle macerie i vigili del fuoco con gli idranti cercavano di spegnere le fiamme che uscivano dalle finestre del palazzo di fronte. Ho chiesto subito delle persone; mi è stato detto che vi erano molti feriti già trasportati in vari ospedali. Ho chiesto dell’Angela, della sua famiglia; anche Daniela lo aveva già chiesto. Nessuno sapeva niente. Nessuno immaginava che nell’Accademia, all’ultimo piano della Torre dei Pulci, vivesse la famiglia della custode. Si sono cercate le liste dei feriti: si sono controllate tutte quelle che arrivavano, via via, dai vari ospedali. Nulla. Anche il prefetto, il sindaco, il comandante dell’arma dei carabinieri, erano ormai sul posto. È partito l’allarme: sotto le macerie potrebbero trovarsi delle persone. Con Daniela abbiamo fornito le generalità dell’Angela, di suo marito Fabrizio Nencioni e delle due bimbe; si è fatta ogni ricerca, in tutte le direzioni, anche da parte dei vigili urbani, colleghi di Fabrizio. Molti, naturalmente, i fotoreporter; mi spiace essermi impulsivamente trovato a rispondere forse anche in modo scortese a qualcuno che, mettendomi un microfono davanti al viso, chiedeva cosa avessi da dire. Ero sconvolto. Qui interrompo il mio racconto, almeno in questa forma, anche perché mi è troppo penoso. Ricorderò solo che le ricerche sono durate più ore. La prima a essere ritrovata è stata la più piccina, verso le quattro, sapete che Angela era ancora in congedo per maternità ed era stata sostituita da una supplente; avrebbe ripreso servizio dopo pochi giorni. La più piccina aveva appena cinquanta giorni, era stata battezzata la domenica precedente. Un vigile del fuoco correva con questo fagottino bianco in braccio; l’ha messo su un’ambulanza che è partita a tutta velocità e a sirene spiegate. Non aveva detto che era morta. L’ha voluta sottrarre subito a tutti, come sperando in un miracolo. Presto si sono evidentemente accorti che non c’era niente da fare, l’ambulanza infatti si è fermata poco distante, per pochi minuti, poi è ripartita a sirene spente. Poi la più grande delle due figliole, Nadia, poi Angela, poi il marito. La tragedia era completa. Sapete che più tardi è stato trovato un altro corpo in un’abitazione di fronte: uno studente che stava per laurearsi in architettura; il lavoro di tesi era ormai quasi ultimato. Così mi si è presentata la tragedia umana, quando ancora non si sapeva quali fossero le cause che avevano provocato l’esplosione».