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Spagna: dura condanna per leader indipendentisti catalani. Vescovi: avviare serio dialogo
Pene dai 9 ai 13 anni di carcere sono state comminate dalla Corte suprema spagnola a nove dei12 leader indipendentisti catalani, fra cui l'ex vicepremier Oriol Junqueras, che sono stati riconosciuti colpevoli, secondo i giudici, di «sedizione» e «appropriazione indebita». I commenti del premier Sanchez, del leader indipendentista Carles Puidgemont e dei vescovi della Catalogna.
«La Corte ha emesso una sentenza» e, sebbene esista la possibilità legittima per fare ricorso, la decisione presa «dalla magistratura di uno stato di diritto deve essere rispettata, così come ogni possibile decisione che potrebbe arrivare dalle corti europee. In uno Stato democratico, le leggi fondamentali che regolano il sistema politico e che sono state votate e approvate dai cittadini, costituiscono un referente di base dell’ordine sociale». Lo affermano i vescovi della Catalogna (tra cui figurano gli arcivescovi di Barcellona, card. Joan Josep Omella, e di Terragona, mons. Joan Planellas Barnosell) in una lunga nota pubblicata immediatamente dopo la sentenza emessa dalla Corte suprema spagnola: in seguito ai fatti del 2017 e alla detenzione preventiva di due anni, la Corte ha comminato pene dai 9 ai 13 anni di carcere ai 12 leader indipendentisti catalani, fra cui l’ex vicepremier Oriol Junqueras, riconosciuti pertanto colpevoli, secondo i giudici, di «sedizione» e «appropriazione indebita». Mentre a Barcellona sono già cominciate le manifestazioni di protesta in strada, davanti alla Basilica della Sagrada Familia, i vescovi nella nota parlano di una situazione «diventata piuttosto complessa» dove è «difficile individuare le soluzioni» tra posizioni divergenti e sempre più radicali e «sentimenti differenziati e spesso misti tra le identità spagnola e catalana». «Ciò ostacola uno sguardo sereno sulla realtà».
Nella nota, i vescovi affermano che per lo sviluppo armonioso di tutta la società, occorre «innescare qualcosa di più dell’applicazione della legge» e chiedono pertanto a tutte le forze in campo di intraprendere «la via della misericordia per disattivare la tensione accumulata negli ultimi anni». L’unica soluzione possibile per una pacificazione nel territorio, è l’avvio di «un serio percorso di dialogo tra i governi spagnolo e catalano che consenta di trovare una soluzione politica adeguata, sapendo che dialogare significa rinunciare a parte di ciò che uno vorrebbe, per avvicinarsi all’altro e immaginare una soluzione soddisfacente tra tutti». Molte sono le poste in gioco. Si tratta infatti, scrivono i vescovi, di «restituire alla gente il senso del futuro, di dare alle persone un orizzonte che dissipa la sensazione che non ci siano strade da percorrere». Infine, occorre «costruire una società equa e solidale, rispettosa dell’uguaglianza delle persone, vicina a coloro che sono in difficoltà». «La società catalana deve far emergere le grandi energie che possiede di creatività e innovazione, di vicinanza a chi viene da lontano, di promozione dell’educazione e del tessuto culturale e associativo che la caratterizza».
«Oggi termina un processo giudiziario esemplare. Oggi si conferma che un processo politico ha fallito. Ha solo lasciato dietro di sé il dolore»: così ha affermato Pedro Sanchez, premier spagnolo, incontrando la stampa stamane alla Mocloa a Madrid per commentare la sentenza emessa dalla Corte suprema sui 9 leader indipendentisti. Sanchez ha sottolineato l’«autonomia e la trasparenza» con cui la corte ha condotto il processo e ha richiamato come il lavoro della Corte sia fondato sui valori della Costituzione che regge la democrazia, «una delle migliori democrazie al mondo». Uguaglianza tra i cittadini, differenza territoriale e sovranità nazionale ne sono i capisaldi, ha richiamato Sanchez. «Si apre un nuovo capitolo per la convivenza sociale in Catalogna». Il primo ministro ha più volte parlato di una «frattura nella società catalana» che il movimento indipendentista avrebbe creato e ha fatto appello al governo di Barcellona di guardare a una tappa nuova e «non governare più per la minoranza indipendentista ma per tutti i catalani». Nella nuova fase che da oggi si apre, ha ancora aggiunto Sanchez, il governo di Madrid lavorerà con «fermezza democratica», «proporzionalità» cioè rispondendo con «prudenza e serenità» a quanto ora potrà avvenire, tutelando l’«unità della Spagna», al fine di «restaurare la convivenza sociale». Sanchez si è detto aperto al dialogo con i leader catalani per accompagnarli su questo cammino.
«100 anni di carcere in totale. Una barbarie. Ora più che mai, dalla vostra parte e dalla parte delle vostre famiglie. Bisogna reagire, come mai prima d’ora. Per il futuro dei nostri figli e figlie. Per la democrazia e per l’Europa. Per la Catalogna». Così ha reagito Carles Puidgemont, il leader indipendentista catalano che è sfuggito alla giustizia spagnola scappando in Belgio, alla notizia della sentenza pronunciata dalla Corte suprema spagnola che ha condannato nove leader separatisti a pene tra i 9 e i 13 anni di detenzione per aver guidato il tentativo di indipendenza della Catalogna dal governo centrale con il referendum del 1 ottobre 2017.
Dure le reazioni dal palazzo della Generalitat de Catalunya. Il presidente del governo Quim Torra si è pronunciato di fronte alla stampa definendo la sentenza una «ignominia»; ha parlato di «repressione» e di violazione dei diritti. «La nostra causa è una causa giusta perché è una causa per la libertà», ha detto parlando in catalano e poi in inglese. «Il loro sacrificio non sarà vano» ha aggiunto, riferendosi ai leader condannati, e incoraggiando il popolo catalano a portare avanti la lotta per la indipendenza, «con determinazione, ma in modo pacifico e democratico». Torra oggi stesso chiederà un incontro urgente con il premier Pedro Sanchez. Intanto su plaça Catalunya a Barcellona sono già riunite migliaia di persone.