Toscana

SOMALIA, MOGADISCIO: CORTI ISLAMICHE PRONTE A DIALOGO CON GOVERNO

Disponibilità al dialogo con il governo di transizione, nessun accenno alla ‘Sharìa’ o all’applicazione di leggi islamiche, volontà di ristabilire la pace a Mogadiscio e le condizioni per l’elezione dei rappresentanti da parte del popolo: sono alcuni dei passaggi salienti di un lungo documento in inglese che l’Unione delle Corti islamiche – che da ieri ha il controllo su gran parte di Mogadiscio – ha recapitato in tarda mattinata alle ambasciate straniere a Nairobi, in Kenya, di cui la MISNA è venuta a conoscenza.

Il testo – firmato dal portavoce delle Corti Sherif Sharif Ahmad, un somalo che parla arabo e che ha studiato in Libia e Sudan – conferma l’impegno a riportare la calma nella capitale dopo quattro mesi di scontri con l’alleanza anti-terrorismo composta da alcuni signori della guerra, ormai esautorati da Mogadiscio. “È errata l’equazione che rappresenta le Corti islamiche come un governo ‘talebano’ pronto a introdurre la sharìa, la legge del Corano” dice alla MISNA Mario Raffaelli, rappresentante speciale dell’Italia in Somalia, raggiunto al telefono a Nairobi. Un portavoce del Dipartimento di Stato Usa, citato dalla agenzie internazionali, dopo la ‘vittoria’ delle milizie islamiche ha detto: “Non vogliamo vedere la Somalia trasformarsi in un paradiso per i terroristi stranieri”, senza tuttavia rispondere alle accuse di aver sostenuto finanziariamente l’alleanza dei ‘warlords’ nella ‘guerra di Mogadiscio’, che da febbraio ha provocato 350 vittime e oltre 1.500 feriti – in gran parte tra i civili. “È improprio parlare di ‘talebani’ perché le corti islamiche sono caratterizzate dall’appartenenza ai clan, che costituisce l’elemento portante della società somala” spiega Raffaelli. “Non sfugge a nessuno che a Mogadiscio vi sono anche elementi radicali, ma il governo provvisorio somalo ha già dichiarato di essere pronto a trattare con le Corti islamiche, facilitando così il dialogo con gli elementi moderati” dice ancora il diplomatico italiano alla MISNA. “Qualcuno – aggiunge un deputato somalo raggiunto per telefono a Baidoa, che chiede l’anonimato – non ha ancora capito che anche l’organizzazione delle Corti islamiche è basata sui clan: si tratta in gran parte di Habr Gedir, il gruppo che arrivò a Mogadiscio insieme al generale Mohamed Farah Aidid per rovesciare il dittatore Siad Barre”.

Malumori contro la possibile predominanza del clan Habr Gedir sono confermati da due diverse manifestazioni che stamani hanno avuto luogo a Mogadiscio, dove alcune centinaia di persone appartenenti al clan Abgal – una fazione del più ampio clan Hawiya, di cui fanno parte anche gli stessi Habr Gedir – hanno sfilato per le strade protestando contro le Corti islamiche; gli stessi Abgal hanno comunque il controllo di alcuni Tribunali islamici. “In Somalia non si può non ragionare in base all’appartenenza per clan – dice ancora il deputato alla MISNA – perché altrimenti si rischia di fare come gli americani che vedono terroristi ovunque: qui siamo tutti musulmani, la definizione di ‘tribunali islamici’ non significa che improvvisamente siano arrivati miliziani di al-Qaida a occupare Mogadiscio, anche se è nota la presenza in città di alcuni personaggi legati a gruppi terroristici stranieri”. In Somalia, conclude, “c’è più preoccupazione per la possibile rottura di equilibri tra clan piuttosto che per una trasformazione in senso ‘talebano’. Ma soprattutto, c’è la speranza di aver posto fine al periodo di impunità assoluta con cui i warlords hanno controllato Mogadiscio per quindici anni”. Misna