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SOMALIA, CONSIGLIO SICUREZZA APPROVA INVIO FORZA AFRICANA E MODIFICA EMBARGO

La creazione di una forza di pace africana che intervenga in Somalia è stata autorizzata ieri sera dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il testo – redatto da Stati Uniti, aiutati dai tre paesi africani che siedono al Consiglio, la Repubblica del Congo, il Ghana e la Tanzania – è stato approvato all’unanimità a Palazzo di vetro autorizza il dispiegamento di un contingente dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), l’organismo regionale creato nel 1986 che comprende sette paesi dell’Africa Orientale: Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenya, Sudan, Uganda e Somalia.

Le truppe di pace dovranno garantire appoggio al governo di transizione guidato dal presidente Abduallhi Yusuf (considerato vicino all’Etiopia); la risoluzione – di cui non è ancora stato pubblicato il testo integrale ma solo anticipazioni delle agenzie di stampa internazionali – chiede anche alle autorità di transizione di riprendere il dialogo con le Corti islamiche.

Di fatto, gli sforzi di mediazione non si erano mai interrotti e nelle scorse settimane il presidente del Parlamento di transizione Sharif Hassan Skeikh Aden aveva raggiunto nelle scorse settimane un’intesa con i Tribunali islamici di Mogadiscio, respinta però dal presidente somalo e dal primo ministro, finora contrari al dialogo con le Corti. Non solo, con la mediazione della Lega araba era già stata convocata una nuova tornata di colloqui tra le due parti a metà dicembre a Khartoum, in Sudan.

Le due missioni di pace degli anni Novanta dell’Onu (le cosiddette Unosom I e Unosom II) si conclusero nel marzo 1995 con il ritiro anticipato dei caschi blu, sconfitti dalle milizie locali dei signori della guerra che si disputavano il potere trascinando la Somalia in un baratro di violenza dal quale non è ancora uscita del tutto.Lo riferiscono alcune agenzie internazionali di stampa (l’americana Associated Press e la francese Afp) in una risoluzione che, almeno secondo l’Afp, sarebbe stata approvata all’unanimità dal Consiglio e nella quale si introduce anche un’eccezione all’embargo alle armi imposto dall’Onu alla Somalia nel 1992. L’embargo rappresentava infatti il principale ostacolo ‘formale’ al dispiegamento di una missione già approvata dall’Igad (l’organismo regionale del Corno d’Africa) e dall’Unione Africana (Ua).

Se il governo di transizione somalo (riconosciuto internazionalmente, ma con scarsissimo controllo del territorio) ha sempre chiesto l’invio di una forza internazionale per riportare l’ordine nel paese, le Corti Islamiche (una sorta di governo parallelo, seppur non riconosciuto, che amministra l’autorità su gran parte dei territori meridionali e centrali della Somalia) si sono sempre fermamente opposte all’invio nel paese di una forza militare africana. Le Corti, infatti, hanno spiegato di ritenere un’eventuale missione Igad, nient’altro che una copertura istituzionale a un’operazione militare della vicina Etiopia, la quale avrebbe, sempre secondo le Corti, mire espansioniste in Somalia. I tribunali islamici hanno detto recentemente che l’invio di una missione africana sarebbe stato raccolto come una dichiarazione di guerra. “Se verrà tolto l’embargo e inizierà una guerra, chiederemo agli islamici di tutto il mondo di venire nel nostro paese per aiutarci nella Jihad (la guerra dichiarata nelle scorse settimane contro l’Etiopia, ndr)” aveva detto in una delle numerose manifestazione susseguitesi nei giorni scorsi a Mogadiscio (per protestare contro la proposta Usa e l’Etiopia) Yusuf Indho Adde, una sorta di ‘ministro degli Interni’ del governo delle Corti, parlando alla folla. Secondo l’agenzia italiana Ansa con la risoluzione adottata stasera, il Consiglio di sicurezza chiede ai militanti islamici che hanno assunto il controllo della capitale di evitare ogni ulteriore espansione militare e di unirsi al governo di transizione per avviare colloqui mirati ad una definizione politica pacifica nel paese che dal 1991 è privo di un effettivo governo.

Il dispiegamento della forza di pace ha suscitato reazioni prevedibilmente contrapposte. “Si rischia di aggiungere benzina all’incendio” ha detto all’agenzia ‘Reuters’ Abdirahaman Ali Mudey, portavoce delle Corti islamiche che da mesi controllano Mogadiscio e gran parte del sud del paese. “Non possiamo che dare il benvenuto a questa risoluzione e ringraziamo tutti i paesi membri del Consiglio di sicurezza, in particolar modo gli Stati Uniti che hanno proposto il documento” ha commentato invece Salad Ali Jelle, viceministro della Difesa del fragile governo somalo di transizione, che malgrado il sostegno della comunità internazionale non ha alcun controllo del territorio ad eccezione della città sud-occidentale di Baidoa. Da tempo le Corti islamiche respingono l’ipotesi di una missione di peacekeeping in Somalia, affermando che offrirebbe copertura alle mire espansionistiche dell’Etiopia. “Siamo delusi dall’approvazione di questa risoluzione dell’Onu. È inopportuno aggiungere altre armi mentre le armi che hanno provocato la distruzione del paese sono ancora in Somalia” ha aggiunto Ali Mudey. (Fonte: Misna)