Lettere in redazione
Solo il Papa in difesa dei cristiani iracheni
Domenica 20 luglio, come al solito quando posso, ho acceso il televisore alle 12 per seguire la parola del Papa e la preghiera dell’Angelus. Sono rimasto molto colpito dall’espressione particolarmente sofferente di Papa Francesco, quando ha parlato del dramma dei cristiani in Iraq. A parte che già dal giorno dopo non c’è più stato alcun aggiornamento della notizia sui quotidiani e nelle trasmissioni televisive, tutto sembra essere scivolato via senza lasciare traccia: forse non stupisce l’indifferenza dei media e della classe politica, ma sconcerta il fatto che tante persone buone e sensibili (nel mondo ce ne sono!) siano state solo superficialmente coinvolte in questo dramma: forse se fossero state sollecitate a soffermarsi su questi avvenimenti incredibilmente anacronistici, avrebbero potuto maturare partecipazione e sentimenti migliori. In particolare noi cristiani dobbiamo far sentire la nostra vicinanza a questi fratelli che subiscono una odiosa persecuzione: in che modo possiamo intervenire?
In primo luogo dovremmo organizzare momenti di preghiera collettiva di tutte le confessioni cristiane; sarebbe urgente individuare le modalità concrete di far pervenire aiuti capaci di alleviare le sofferenze ed i disagi a chi è costretto ad abbandonare la propria casa ed i propri beni per rimanere fedele al proprio battesimo. Con queste pacifiche iniziative, oltre a rispondere ad un naturale principio di solidarietà, se sufficientemente dimensionate potrebbero scuotere le singole coscienze di persone che vivono in contesti culturali sensibili alla rivendicazione di particolari diritti individuali, ma sono indifferenti rispetto alla difesa dei valori religiosi, considerati poco importanti, se non addirittura strumento di ostacolo al progresso.
In questo contesto è importante coinvolgere anche le comunità musulmane presenti nel nostro paese per rendere concreto il dialogo inter-religioso. La recente liberazione della donna sudanese testimonia che quando si coinvolgono governi e comunità a livello mondiale, si ottengono risultati importanti nella difesa e nella valorizzazione del diritto di ciascuno alla libertà di professare il proprio «credo».
Grazie Renato per questa lettera. In effetti le drammatiche notizie che arrivano dall’Iraq non hanno avuto finora lo spazio che meritavano nei nostri media (tranne qualche eccezione, come il quotidiano «Avvenire»). E anche la mobilitazione della società civile è stata inferiore ad altre situazioni di crisi. I mujahidin dell’autoproclamato Islamic State in Iraq and Levant (ISIL), guidati dal «califfo» Abu Bakr al-Baghdadi, non sono l’Islam, ma dei terroristi spietati che facendosi scudo dell’Islam commettono soprusi di ogni tipo anche su buona parte della popolazione islamica. Occorre una forte mobilitazione a tutti i livelli e che coinvolga anche gli stessi islamici che vivono in Occidente.
Attraverso il nostro sito www.toscanaoggi.it abbiamo cercato di documentare giorno per giorno quanto accadeva e di dar spazio agli appelli delle comunità cristiane irachene. Anche sul settimanale cartaceo siamo intervenuti più volte, rilanciando anche gli appelli (finora inascoltati) del Papa. E questa settimana pubblichiamo un editoriale che il viceministro agli esteri, Lapo Pistelli, ha scritto appositamente per noi. Partendo dalla positiva conclusione della vicenda di Meriam, che fa onore al nostro governo, Pistelli tocca proprio il tema della persecuzione contro i cristiani e prende un impegno preciso che ci sentiamo di sostenere con forza e di rilanciare: «Si prospetta davanti a noi – scrive – un Medioriente da cui scompaiono i cristiani, in fuga dalla Siria, dall’Iraq, silenziosamente anche da Giordania e Libano. È una realtà a cui non mi rassegno. La prossima settimana andrò in Iraq e Kurdistan a incontrare le autorità e visitare le comunità cristiane, poiché un Medioriente che cancella le minoranze e la presenza cristiana è una terra che si avvia a tradire la propria identità profonda».
Claudio Turrini