Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Soci, modello di incontro e accoglienza.

La mia memoria ritorna indietro ad oltre dieci anni fa, quando fu organizzato ad Arezzo il primo incontro strutturato di preghiera comune; ci si mise diversi mesi per la sua realizzazione, poiché si dovette iniziare a guardarsi negli occhi ed a stringersi le mani – tutti insieme e contemporaneamente – per diventare, innanzi tutto, amici ed amiche.Poi il fenomeno migratorio ha subìto una notevole accelerazione ed il Trattato di Schengen per gli Stati europei, specie per quelli dell’Est, ha fatto sì che molte famiglie di quei territori – alcune di confessione ortodossa – iniziassero a trasferirsi in Italia, principalmente alla ricerca di migliori condizioni di vita.Nell’alto Casentino – nell’ambito anche della parrocchia di Soci, oggi guidata dal parroco don Mario Ghinassi – ne giunsero un buon numero con figli piccoli, se non addirittura appena nati. Così è iniziato un sano, desiderato e voluto processo di integrazione: i problemi sono sempre gli stessi, a qualunque popolo o confessione religiosa si appartenga. Alcune di queste famiglie hanno, poi, comperato casa.Al giorno d’oggi questi bambini e ragazzi, alcuni già adolescenti, stanno continuando a crescere e il bello è che a quell’età non ci si pongono tante domande, né si piantano paletti di alcun genere. Si sta insieme e basta! Si condividono i giorni di scuola, i compleanni, le vacanze, i momenti di svago ed anche quelli meno gioiosi della vita; ci si incontra al campo di calcio, di pallavolo, in palestra, alla scuola di ballo, ma anche nel piccolo angolo di giochi della parrocchia oppure sotto il tendone per le attività estive ed anche al Centro di formazione giovanile e familiare «Madonna di Fatima» di Farneta di Soci.Quante volte in chiesa si vede entrare qualcuno, farsi il segno della croce in maniera differente, baciare le statue ed i quadri sacri, poi inginocchiarsi davanti al tabernacolo, chinare il capo e pregare profondamente ed a lungo. Che bello! Gesù – Signore dello spazio e del tempo – ha annullato le nostre divisioni umane. Mica si devono o possono fare cento chilometri per andare e tornare da Arezzo per stare insieme con lui.Il cuore, allora, si apre alla gioia e alla speranza: l’evoluzione ecumenica si sta iniziando a sviluppare dal «basso» e non solo ad essere calata dall’«alto»; lasciamo le questioni «teologiche» agli specialisti. Preoccupiamoci tutti, invece, di accogliere il fratello o la sorella nel bisogno e principalmente di essere accettati da lui o da lei. Il resto non è compito nostro, ma di Dio, Creatore del cielo e della terra.di Gaspare Siciliano diacono permanente e membro della Commissione per l’ecumenismo