Mondo
Siria, troppo presto perché il mondo se ne dimentichi
La Siria sembra essere scomparsa dai radar dell’informazione, al punto da far pensare che tutto vada bene. Ma così non è, come racconta il parroco di Aleppo, padre Karakach
“È ancora troppo presto perché il mondo si dimentichi della Siria”: è quanto afferma il francescano della Custodia di Terra Santa, padre Bahjat Karakach, parroco della chiesa di san Francesco d’Assisi ad Aleppo. La Siria sembra essere scomparsa dai radar dell’informazione locale e internazionale al punto da far pensare che – dopo la caduta del regime di Bashar al Assad per mano degli ex qaedisti di al-Nusra riuniti sotto la sigla Hayat Tahrir al Sham (Hts) guidati da Abu Mohammed al-Jolani – “tutto vada bene”. Ma, afferma il parroco in una nota pervenuta al Sir, “la strada è ancora lunga prima di raggiungere uno Stato di diritto, stabile e democratico”.
Le luci. Tra le note positive, per il parroco, “l’apertura delle nuove autorità verso la comunità internazionale, le promesse di non essere un Paese in conflitto con i vicini, la visione di una nuova economia aperta. Già il costo di alcuni beni sul mercato è diminuito; oggi è possibile procurarsi carburante, gas e pane senza dover fare lunghe file o subire umiliazioni per ottenere beni di prima necessità. A questo si aggiunge un buon livello di libertà di espressione, a cui noi siriani non eravamo abituati. Durante i decenni del regime, esprimere un’opinione politica era un crimine che poteva costare la vita. Oggi, invece, vediamo nascere spontaneamente diverse iniziative per discutere della ‘res publica’”.
Le ombre islamiste. Alle note positive fanno da contrappeso le diverse preoccupazioni che si percepiscono tra la popolazione riguardo al futuro del Paese e alla forma di governo che si instaurerà. La domanda che tutti si pongono, oggi in Siria, è: “Si manterrà la libertà politica o si tratterà di un governo islamista che esclude chiunque non condivida una visione stretta della religione?” Le impressioni manifestate dalle varie delegazioni internazionali, inclusa quella italiana, dopo gli incontri avuti a Damasco con i rappresentanti del nuovo governo, dice padre Karakach, “sono positive” grazie anche ai “messaggi di apertura e tolleranza” lanciati da al Jolani: “non ci saranno vendette o spargimenti di sangue, la Siria sarà un Paese civile, in cui tutte le componenti avranno un ruolo attivo”.
Purtroppo questi messaggi non rispecchiano ancora del tutto “la realtà sul terreno”. Questo perché, spiega il francescano, “diversi gruppi armati – di cui non è chiara l’appartenenza – continuano a compiere atti di violenza e discriminazione” e perché “manca una strategia chiara per processare i criminali di guerra”. Sul terreno si registrano vendette che “molte volte assumono un carattere religioso, con vittime innocenti” e “non è raro – ammette il parroco – osservare espressioni di un pensiero islamico di orientamento estremista: nei mezzi pubblici le donne vengono separate dagli uomini, e alcuni gruppi distribuiscono alle donne il burqa”.
“Il fenomeno più pericoloso, però, è legato ai nuovi agenti di polizia e di sicurezza: prima di essere addestrati, devono seguire un corso di Sharia, la legge islamica. Questo implica che non tutti i siriani potranno accedere a tali posizioni, compresi i musulmani moderati. Il rischio è la creazione di cittadini di serie B su larga scala”.