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Siria: card. Zenari, «disgrazia peggiore che potrebbe capitare è di essere dimenticata»

Incontrando a Damasco una delegazione di Acs, il card. Zenari, nunzio in Siria, denuncia il fallimento degli organismi internazionali e l'empasse prodotta dai veti che impediscono la fine della violenza. La guerra - spiega - ha distrutto fiducia reciproca. Curando saniamo le relazioni sociali.

(da Damasco) «Il conflitto siriano prima di tutto deve terminare alle Nazioni Unite. Per ben tredici volte, in questi anni di conflitto, in seno al Consiglio di Sicurezza, è stato posto un veto a risoluzioni sulla Siria. Continuando così come potrà questo Paese martoriato uscire dal ciclone della guerra?». A dichiararlo è il nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari, nella settimana che vede a New York tenersi la 74ª Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’occasione è un incontro, avuto a Damasco, con una delegazione di Acs-Italia (Aiuto alla Chiesa che soffre) guidata dal suo direttore, Alessandro Monteduro, accompagnato dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, in Siria per una visita di solidarietà (23-26 settembre).

Parlando a margine dell’incontro con il Sir, il nunzio ha lamentato il fallimento degli organismi internazionali e l’empasse prodotta dai veti che impediscono la fine della violenza. «La disgrazia peggiore che potrebbe capitare alla Siria è di essere abbandonata e dimenticata. Sarebbe il colpo di grazia» ha avvertito il card. Zenari che ha esortato la comunità internazionale a «non perdere la memoria di questi anni di guerra» perché, ha precisato, «deve essere chiaro che è la Siria nel suo insieme che soffre». Lo sguardo del cardinale si è posato in particolare sui bambini e sulle donne: «in Siria è stata perpetrata una violenza su scala industriale, specialmente contro le donne. Brutalizzate, trattate come animali, vendute in piazza. Per tante di loro tornare nei villaggi è impossibile perché stuprate. Con bambini che non sentono come propri».

A Monteduro e a mons. Delpini, il nunzio ha ricordato alcuni numeri che descrivono la situazione siriana aggravata dalle sanzioni internazionali che riguardano, tra le altre cose, anche «le transazioni economico-finanziarie e il petrolio con inevitabili ripercussioni sulla vita quotidiana della popolazione»: «prima della guerra, secondo le statistiche, la Siria aveva circa 23 milioni di abitanti, oggi forse solo 14 o 15 milioni. Sei milioni gli sfollati interni e 5 milioni e mezzo i rifugiati nei Paesi vicini (in maggioranza in Libano, Giordania e Turchia). I morti sono più mezzo milione. Gli scomparsi, secondo l’Onu, sono centomila: vale a dire centomila mamme, centomila famiglie che non sanno che fine hanno fatto i loro congiunti». Tra gli scomparsi figurano anche diversi «ecclesiastici come padre Paolo Dall’Oglio e due vescovi, il siro-ortodosso Gregorios Yohannna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi».

«La guerra ha distrutto le relazioni e la fiducia reciproca. Una chiesa, una casa, una scuola, un ospedale si possono ricostruire, ma per il tessuto sociale l’opera è molto più difficile. I siriani questo lo sanno bene. Ma curando tutti, possiamo aiutare a sanare le relazioni», ha detto il nunzio. Tra i punti toccati dal rappresentante diplomatico quello della grave emergenza sanitaria in cui versa il Paese arabo dove «il 54% degli ospedali siriani sono chiusi o inagibili a causa della guerra che ha provocato anche la fuga all’estero di buona parte del personale sanitario». Per fronteggiare questa emergenza il nunzio ha lanciato nel 2017 il progetto «Ospedali Aperti», che si avvale dell’apporto sul campo di Avsi, a sostegno di tre nosocomi cattolici, quelli francese e italiano di Damasco, e il Saint Louis di Aleppo.

«Oggi in questi nosocomi offriamo cure mediche gratuite a migliaia di siriani poveri e vulnerabili. Curiamo Pietro e Mohamed, e i loro figli», ha spiegato al Sir il cardinale, evidenziando come «le cure vengano date a tutti indifferentemente da fede e etnia. È bello vedere la riconoscenza di tanti musulmani verso i cristiani. Curando il fisico possiamo sanare anche le relazioni sociali. Se noi curiamo tutti, possiamo aiutare a sanare le relazioni. Io credo – ha concluso il card. Zenari – che questo sia un momento favorevole per far conoscere l’amore cristiano attraverso le opere e la presenza. Come cristiani dobbiamo essere presenti, vicini e compassionevoli. La ricostruzione della Siria passa anche sui sentieri dell’amore cristiano».

Dal canto suo il direttore di Acs, Monteduro, ha ribadito l’impegno della fondazione pontificia ad aiutare l’ospedale St. Louis di Aleppo a sostenere le spese di gestione e l’acquisto di macchinari e di generatori di corrente, essenziali per garantire il funzionamento delle apparecchiature anche durante i blackout elettrici che spesso si verificano nella città siriana.