Vita Chiesa
Sinodo: nella relazione del card. Erdõ le prime indicazioni
«Desiderio di famiglia resta vivo». «Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del villaggio globale, il desiderio di famiglia resta vito – ha detto il relatore generale – in specie fra i giovani, e motiva la necessità che la Chiesa annunci senza sosta e con convinzione profonda quel ‘Vangelo della famiglia’ che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo». Tra le parti della «Relatio», che raccoglie le riflessioni dei padri sinodali emerse in aula in questi giorni e fa da base ai documenti finali del Sinodo: «L’ascolto, per guardare alla realtà della famiglia oggi, nella complessità delle sue luci e delle sue ombre; lo sguardo fisso su Cristo per ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa, ci dice sulla bellezza e sulla dignità della famiglia; il confronto alla luce del Signore Gesù per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia».
«Individualismo esasperato snatura legami familiari». L’«individualismo esasperato snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l’idea di un oggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto». Nella prima parte della «Relatio» il cardinale Erdõ ha fatto notare che «la più grande prova per le famiglie del nostro tempo è spesso la solitudine, che distrugge e provoca una sensazione generale d’impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciarle. Così è per la crescete precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio». Poligamia, «matrimonio per tappe»; matrimoni combinati, matrimoni misti: queste alcune «sfide particolari» poste da alcuni contesti «culturali e religiosi». «In molti contesti, e non solo occidentali – l’analisi contenta nella ‘Relatio’ – si va diffondendo ampiamente la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale».
Tutelare «bambini nati fuori dal matrimonio». «Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito». Lo ha detto il cardinale Erdõ, aggiungendo che «il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate unicamente da fattori di ordine economico». Quanto alla condizione della donna, «ha ancora bisogno di essere difesa e promossa poiché si registrano non poche situazioni di violenza all’interno delle famiglie». I bambini, in particolare, «spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari». «Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata – si legge nella ‘Relatio’ – vedono situazioni familiari deteriorate». Senza contare le migrazioni, che «rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare».
«La crisi della coppia destabilizza la famiglia». «La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali». Il cardinale Erdõ, ha fatto presente che «il mondo attuale sembra valorizzare una affettività senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi». Per i padri sinodali, «la questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità». In questo contesto, «le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale». «Anche il calo demografico – si legge nella ‘Relatio‘ – non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire». Nonostante tutto questo, c’è oggi «un diffuso desiderio di famiglia che si accompagna alla ricerca di se stessi», insieme al desiderio di «cercare una qualità relazionale nella vita affettiva».
Cogliere «realtà positiva» di matrimoni civili e convivenze. «Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze». Lo ha detto il cardinale Erdő. Tenendo conto della «legge della gradualità» indicata già nella «Familiaris Consortio» – si legge nella «Relatio» – «ci si chiede quali possibilità siano date ai coniugi che vivono il fallimento del loro matrimonio, ovvero come sia possibile offrire loro l’aiuto di Cristo attraverso il ministero della Chiesa». La linea scelta dai padri è quella del Concilio, dove si afferma che «l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», ma che anche «al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità». Di qui la necessità di «riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori» del «matrimonio maturale», aprendosi anche agli «elementi positivi presenti nelle altre religioni e culture». «La Chiesa si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze»: con queste parole il card. Erdő ha spiegato il «necessario discernimento spirituale riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati».
«Occorre che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l’ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale», la raccomandazione di fondo della «Relatio», in cui si fa notare che in molti Paesi un «crescente numero di coppie convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico né civile» ed è «in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme da lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa». Quanto ai motivi della convivenza, per i padri «è spesso scelta a causa della mentalità generale, contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso)». In altri Paesi, le unioni di fatto «sono molto numerose, non per motivo del rigetto dei valori cristiani sulla famiglia e sul matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è un lusso, cosicché la miseria materiale spinge a vivere in unioni di fatto». «Anche in tali unioni – ha detto il card. Erdő – è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi». Tutte queste situazioni, per i padri, «vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo», accompagnandole «con pazienza e delicatezza».
Su divorziati risposati no a logica del «tutto o niente». «Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose» su separati, divorziati non risposati, divorziati risposati. Tuttavia, «non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del ‘tutto o niente’». È la strada scelta dai padri nella «Relazione dopo la discussione», in cui si segnala «l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà della fragilità familiare, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più subite che scelte in piena libertà». Su questi temi, ha detto il card. Erdõ, «il dialogo e il confronto vissuti nel Sinodo dovranno continuare nelle Chiese locali», attraverso il «discernimento» e l’«arte dell’accompagnamento» e rispettando «soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, è un cammino che la grazia rende possibile». In particolare, per i padri sinodali, «è indispensabile farsi cario in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli», che «non possono diventare un oggetto da contenersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena».
«Rendere più accessibili» procedure per riconoscimento nullità. Diversi padri, al Sinodo, «hanno sottolineato la necessità di rendere più accessibili e agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità». Lo ha riferito il cardinale Erdő, rendendo noto che tra le proposte sono state indicate «il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria». «Secondo proposte autorevoli», inoltre, «andrebbe considerata la possibilità di dare rilevanza alla fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio». In tutti questi casi, ha precisato il cardinale, «si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo». Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, «richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige d’incrementare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe caricare un sacerdote debitamente preparato che possa gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio».
Per Eucaristia ai divorziati risposati «cammino penitenziale». «L’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale – sotto la responsabilità del vescovo diocesano – e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti». È una delle proposte emerse al Sinodo sull’accesso al sacramento dell’Eucaristia per i divorziati risposati. «Alcuni padri», ha riferito il card. Erdõ, «hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico, altri si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie o sofferenze». Quanto alle persone separate ma non risposate, «vanno invitate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà». Rispetto all’idea di limitarsi, per i divorziati risposati, alla sola «comunione spirituale», molti padri si sono chiesti: «Se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale?».
Per omosessuali Chiesa «casa accogliente». Per le persone omosessuali, la Chiesa deve essere «casa accogliente». Lo ribadisce la «Relatio post disceptationem», che ricorda in maniera altrettanto netta come la Chiesa «afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna». «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana», ha detto il card. Erdõ esortando a un esame di coscienza: «Siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?». «Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali – si legge ancora nella Relazione – vi sono casi in cui il mutuo sostegno fio al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners». La Chiesa, inoltre, «ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messe sempre le esigenze dei più piccoli». «Non è accettabile», infine, che «si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender».
«Linguaggio realista» su apertura alla vita. Sulla questione dell’apertura alla vita, «occorre un linguaggio realista, che sappia partire dall’ascolto delle persone e sappia dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza». Nella parte finale della «Relatio», il cardinale Erdõ ha denunciato «il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia», con i fattori economici che contribuiscono in maniera determinante «al forte calo della denatalità che indebolisce il tessuto sociale». «L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell’amore coniugale», ha ricordato il porporato esortando a un «linguaggio realista» che sappia spiegare «la bellezza e la verità» di aprirsi al dono di un figlio, anche grazie a un «adeguato insegnamento circa i metodi naturali di regolazione della fertilità». È in questa luce, ha aggiunto, che «va riscoperto il messaggio» della «Humanae Vitae». Altra sfida da raccogliere, quella educativa, con l’esigenza di «sostenere i genitori nel loro impegno» in questo campo, «accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso cammini personalizzati».