La Chiesa in Medio Oriente vive in questo momento la sua Via Crucis e la sua via di purificazione che porta al rinnovamento, alla risurrezione. Le sofferenze e le angosce del presente sono i gemiti di una nuova nascita. E’ l’interpretazione data da mons. Edmond Farhat, arcivescovo titolare di Biblo e nunzio apostolico, delle drammatiche condizioni in cui versano i cristiani mediorientali, le cui cause vanno ricercate nella mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, nel non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e nell’egoismo delle grandi potenze. Parlando al Sinodo, nella sessione pomeridiana di ieri, l’arcivescovo ha descritto la situazione del Medio Oriente come un organo vivente che ha subito un trapianto che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti che la curassero. Come ultima risorsa l’Oriente arabo musulmano ha guardato alla Chiesa credendo, come dentro di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia. Non è stato così. È deluso, ha paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione. Il Medio Oriente musulmano nella sua schiacciante maggioranza è in crisi. Non trova alleati né sul piano umano né sul piano politico, meno ancora sul piano scientifico. Si rivolta.Dalla frustrazione, ha spiegato Farhat, sono nate le rivoluzioni, il radicalismo, le guerre, il terrore. Volendo farsi giustizia da solo il radicalismo ricorre alla violenza. Crede di fare più scalpore se si attacca ai corpi costituiti. Il più accessibile e il più fragile è la Chiesa. Non conoscendo la nozione di gratuità il radicalismo accusa i cristiani di avere dei pensieri nascosti di proselitismo, di essere complici delle potenze imperialiste e così dall’Iraq alla Turchia, al Pakistan fino all’India, le vittime si sono moltiplicate. Mons. Luigi Padovese, Andrea Santoro in Turchia, l’avvocato assassinato con la sua famiglia in Pakistan, mons. Claverie e i religiosi e le religiose in Algeria, i fedeli innocenti, assassinati durante la guerra del Libano sono tutti facili prede. E’ il momento della purificazione e dei dolori del parto, anche nella società musulmana. Sta a noi continuare il nostro cammino in queste condizioni. È la nostra missione che nessun altro può svolgere al posto nostro. Si tratta di parlare non solo di Dio, ma anche di Gesù Cristo, in arabo. Non solo non bisogna avere paura, ma bisogna trasmettere il messaggio alle generazioni future. Bagnata dal sangue dei suoi martiri, incoraggiata dai suoi maestri, la Chiesa in Medio Oriente fiorirà come la vigna del Signore e porterà molti frutti.SirLo Speciale sul Sinodo Medio Oriente