Toscana
Sinodo al via. Card. Betori: «Far tesoro di secoli di arte, cultura e teologia»
di Riccardo Bigi
«Portare al Sinodo dei vescovi quella sensibilità toscana e fiorentina «che ha dato nei secoli grandi contributi all’elaborazione teologica e pastorale». È questo il proposito con cui il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza Episcopale Toscana, partecipa in questi giorni al consesso mondiale convocato da Benedetto XVI sul tema della nuova evangelizzazione. Betori è uno dei quattro esponenti scelti dall’episcopato italiano (insieme ai cardinali Angelo Bagnasco e Angelo Scola, e al vescovo Bruno Forte). E il Papa lo ha nominato a capo della Commissione che dovrà elaborare il «Messaggio» conclusivo.
Si può dire che, insieme a lei, anche la Chiesa di Firenze e le Chiese della Toscana sono presenti al Sinodo?
«Penso che nella designazione della mia persona da parte dei vescovi italiani abbia avuto un peso significativo il ruolo che svolgo a Firenze e nella Toscana. Questo significa che ho una responsabilità nel portare al Sinodo una sensibilità che è tutta nostra di toscani e di fiorentini. Una sensibilità che ha dato nei secoli grandi contributi all’elaborazione teologica e pastorale, che umilmente ora io eredito e che cercherò di far valere all’interno del confronto sinodale».
Nell’ultima sessione della Conferenza Episcopale Toscana si è parlato anche dell’Anno della fede. Le diocesi toscane come vogliono vivere questo tempo?
«Innanzitutto esprimendo la loro gratitudine al Santo Padre per questa intuizione pastorale che mette al centro dell’attenzione e della vita delle nostre comunità la questione della fede come questione centrale della Chiesa e dei credenti. I vescovi toscani quindi aderiscono volentieri all’invito del Papa e ai programmi che sono stati elaborati dalla Santa Sede al riguardo. Non mancheranno nelle nostre diocesi iniziative per concretizzare questa attenzione e questo impegno all’annuncio della fede e a far rifiorire le potenzialità la fede all’interno delle nostre comunità. Tutto questo viene vissuto con uno spirito di grande comunione con il successore di Pietro ed anche tra di noi: un segno di questo sarà il fatto che tra qualche tempo i vescovi toscani pubblicheranno una lettera sul tema della fede come parola di comunione tra di loro ai loro fedeli».
La Toscana ha un grande patrimonio di storia e di arte che nell’anno della fede potrà tornare utile: come fare per riscoprire la matrice cristiana che c’è nella bellezza delle nostre città e dei nostri territori?
«Questo tema del legame tra la fede e l’arte sta ritornando con grande forza nel dibattito interno alla Chiesa e anche nel dibattito culturale più ampio. Questo fa piacere perché significa che non si sono dimenticate le radici di tante opere d’arte che non possono essere ridotte solamente a una dimensione estetica, pena la perdita del loro stesso significato. Peraltro tutto questo è per noi anche lo stimolo a trovare forme nuove: con la Diocesi di Firenze stiamo pensando ad esempio a proporre alle nostre comunità parrocchiali, durante l’Anno della fede, una serie di percorsi di spiritualità attraverso l’arte nella nostra città e in tutto il territorio diocesano, che ci aiutino a valorizzare dal punto di vista della fede quella che è la ricchezza del patrimonio di cui siamo custodi».