Vita Chiesa

SIMONI (PRATO): IL TRIDUO PASQUALE DIVENTI FESTIVO

Una festa di Pasqua lunga tre giorni, nella liturgia come nel lavoro. La proposta, provocatoria ma concreta, viene dal vescovo di Prato, Gastone Simoni, nonché delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale sociale e del lavoro. «Qualcuno penserà che esagero – ha detto Simoni durante il recente seminario organizzato dalla diocesi pratese su Domenica e società – ma noi terremmo molto a che il Triduo pasquale fosse riconosciuto festivo. Abbiamo già rivolto la proposta alle categorie economiche cittadine». Per ora risposte ufficiali non ce ne sono state, ma intanto il sasso nello stagno è stato lanciato.

È una anomalia tutta italiana, la cui genesi storica sarebbe interessante chiarire, la mancata tradizione festiva del giovedì, venerdì e sabato santo. Li abbiamo sempre, appunto, chiamati «santi», ma poi erano altri i giorni festivi, da San Giuseppe a San Pietro. E pensare che sono ben dodici i paesi europei (più gli Usa), tra cui i «riformati» Danimarca e Finlandia, che almeno il venerdì santo chiudono uffici e fabbriche.

Monsignor Simoni aveva già lanciato questa idea una decina di anni fa, all’inizio del suo ministero episcopale a Prato. «Perché la nostra gente – si chiedeva nel 1993 – non dovrebbe essere maggiormente invitata a partecipare a tutte le celebrazioni pasquali? Perché tanti cristiani non potrebbero organizzare il lavoro e le cose di famiglia in modo da prendervi parte il più possibile davvero? Perché “affogare” – si domandava ancora – quei giorni così santi e santificanti in un lavoro che potrebbe essere interrotto senza danni e soprattutto in divertimenti e svaghi, magari di per sé non cattivi, ma che finiscono per emarginare il grande Triduo della nostra salvezza?».

Da qui la proposta concreta, rivolta ai cristiani, di pensare seriamente anche a prendere «permessi» dal lavoro per partecipare alla Messa «in cena Domini» o alla celebrazione pomeridiana del venerdì santo. In fondo i permessi non si chiedono per cose meno importanti?

Ora il documento conclusivo del Seminario su Domenica e società afferma: «Ricordando che la Domenica è la Pasqua della settimana, viene spontaneo richiamare il valore tutto speciale della Pasqua annuale, la quale consiste non solo nella Domenica di Resurrezione, bensì nell’intero Triduo Pasquale, dalla sera del Giovedì Santo alla sera della medesima Domenica. Questo «ricordo» contiene un invito a considerare «festivo» il suddetto Triduo sia da parte degli imprenditori, che da parte dei lavoratori, così come delle altre categorie».

È da due anni che la diocesi di Prato si sta impegnando, con il programma pastorale «Il Giorno del Signore», nella riscoperta della domenica, sia nel suo significato religioso, che nella sua valenza antropologica e sociale. In questo anno pastorale sono stati previsti tre seminari aperti alla città: l’ultimo si tiene questo sabato 16 marzo su «Domenica e sport». C’è la convinzione che «ciò che per i credenti è un valore irrinunciabile in base alla loro fede (la domenica, appunto, ndr) è anche un’autentica conquista sociale per tutti. È ovvio che non possiamo “imporre” a nessuno questa convinzione – afferma ancora il manifesto conclusivo –, ma abbiamo il dovere di parlare e operare perché nel nostro mondo occidentale, di matrice cristiana, il valore della domenica sia riconosciuto dalla legge e dal costume. È questo, comunque, un auspicio che la comunità cristiana formula per il bene comune. Il che si traduce in un appello alla coscienza di tutti».

Con, in più, una provocatoria sottolineatura di monsignor Simoni: «Ci vogliono i musulmani per dire che anche noi cattolici abbiamo qualche diritto?».

G.R.