Cultura & Società

SIENA, LA CONTRADA DELL’OCA VINCE IL PALIO DELLA MADONNA DI PROVENZANO

La contrada dell’Oca, con la cavalla Fedora Saura, montata da Giovanni Atzeni, detto Tittia, ha vinto il Palio di Siena dedicato alla Madonna di Provenzano, dopo un fotofinish con il cavallo del Nicchio. La «mossa» era stata particolarmente lunga, oltre 30 minuti, con il mossiere costretto a richiamare per tre volte tutti fuori dai canapi e a invalidare due mosse. Alla mossa decisiva l’Oca è scattata subito in testa conducendo tutta la corsa, inseguita dal Nicchio e dal Valdimontone con il fantino Brio e il cavallo Dostievskij.  Il Nicchio, proprio nella curva finale, approfittando anche dell’intralcio causato da un cavallo scosso, era riuscito quasi ad agganciare il cavallo dell’Oca, tanto da trarre in inganno il personale del Comune. In un primo momento infatti viene esposta la bandiera del Nicchio, poi dopo qualche secondo la situazione si ribalta. Il cambio di bandiera, sempre sull’asta del Palazzo Pubblico, ha infine decretato il vero vincitore del Palio dedicato alla Madonna di Provenzano, l’Oca, che si porta a casa il suo 63/o drappellone (é quella che ha più cenci in casa), dipinto dall’artista senese Alessandro Grazi, dopo 8 anni di digiuno.

Il merito va al fantino più giovane della carriera e alla sua prima vittoria, Giovanni Atzeni, detto Tittia, 22 anni (il suo debutto risale al luglio 2003 e proprio nel Nicchio) e al barbero Fedora Saura, una femmina grigia di 6 anni, che l’anno scorso aveva corso per la prima volta. Non erano certo i favoriti, ma hanno conquistato subito la testa della carriera, con vittoria tutta meritata. I pronostici davano invece fra i vincenti proprio il Nicchio che poteva contare su Andrea Mari, detto Brio, trionfatore un anno fa sul tufo del Campo e Dostoevskij, un maschio di 8 anni, un solo palio all’attivo, ad agosto scorso, ma indicato tra i barberi più forti. E davvero la carriera del Nicchio è stata grandiosa: è venuto fuori fin da dopo la prima curva di San Martino e la seconda posizione l’ha conquistata dopo il primo casato, complice la caduta del Valdimontone che lo precedeva. Da allora il Palio è stato un duello, con i due cavalli finiti poi praticamente appaiati dopo l’ultimo Casato grazie anche al barbero della Lupa, caduto un po’ malamente e che, scosso, ha infastidito l’Oca. Ma al bandierino ad alzare il nerbo è stato Tittia.

Certo che la confusione di bandiere sul Palazzo pubblico rischia uno strascico di polemiche. Ha già iniziato il consigliere provinciale di An Lorenzo Rosso che “incredulo” per l’accaduto chiede dimissioni a tutti i livelli. Il sindaco Maurizio Cenni si scusa e parla di un errore: per i giudici della vincita il Palio fin da subito è stato dell’Oca ma il personale del Palazzo Pubblico ha sbagliato a esporre bandiera. La mossa valida c’éstata dopo una mezz’ora circa dalla prima chiamata nei canapi da parte del mossiere Giorgio Guglielmi, chiamato in sostituzione del dimissione Claudio Bodio, che dopo la prima prova, con tre cavalli caduti al canape, fra cui quello della Chiocciola costretto a ritirarsi, aveva lasciato l’incarico. La sorte aveva chiamato per prima la Lupa, poi Valdimontone, l’Onda, l’Oca, la Civetta, il Nicchio, il Bruco, indicato tra i possibili vincitori, con il pluridecorato Luigi Bruschelli (10 vittorie, quella del luglio ’99 l’ultima, fino ad oggi, dell’Oca), il Drago e, di rincorsa, la Tartuca, altra favorita. Sei in totale le chiamate fra i canapi, con il cavallo della Lupa che ha tirato più di un calcio al Valdimontone e uno anche alla Civetta. L’immobilismo della Tartuca ad entrare e a dare il via al Palio ha portato il mossiere anche a richiamare la contrada: subito dopo la carriera è partita. Ad uscire prima é stata l’Onda seguita da Lupa e Oca, ma quest’ultima è passata subito in testa. Tre le cadute, la prima del Drago, che nel tentativo di conquistare il secondo posto è scivolato ed è caduto prima di arrivare al primo San Martino. Poi ci sono state quelle già citate di Valdimontone e Lupa, entrambe al Casato. Sembra nessuna conseguenza per nessuno, tranne cinque giorni di prognosi per il fantino del Valdimontone, lo Zedde.