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Si vota il 4 dicembre. I possibili scenari del dopo referendum
Il rinvio era ormai nell’aria da molti giorni, ma tutto lasciava presumere che sarebbe stato formalizzato nell’udienza.
In effetti la Corte avrebbe avuto almeno tre buoni motivi per posticipare il giudizio, a cominciare dal fatto che dopo le ordinanze dei tribunali di Messina e Torino, anche quello di Perugia aveva sollevato alcuni dubbi di costituzionalità. Sarebbe quindi stato necessario del tempo per unificare i procedimenti. Ma di ben altro spessore sono gli altri due motivi che avrebbero potuto giustificare il rinvio a dopo il referendum. La riforma costituzionale, infatti, modifica le modalità di accesso alla Corte costituzionale, stabilendo che le minoranze parlamentari possano chiederle un giudizio preventivo sulle leggi elettorali, possibilità che una norma transitoria estende anche alle leggi già approvate, quindi anche all’Italicum. Soprattutto, poi, il cambiamento più importante contenuto nella riforma è il superamento del «bicameralismo perfetto», cioè della sostanziale equivalenza di ruoli dei due rami del Parlamento nell’iter di approvazione delle leggi e in particolare nel voto di fiducia al governo. L’Italicum è la legge elettorale della Camera e nella valutazione di costituzionalità cambia molto se soltanto i deputati hanno il potere di dare il via libera ai governi o se questo compito spetta anche al Senato. Per esempio, viene meno il rischio che si determinino maggioranze diverse nelle due assemblee.
Ma la Corte ha deciso di giocare d’anticipo e ha colto l’occasione della prima riunione dopo la pausa estiva, lunedì 19 settembre, per decidere il rinvio, comunicato con una nota secca, senza esplicitare alcuna motivazione.
Forse c’è stata l’intenzione di compiere questo passo prima che il Consiglio dei ministri fissasse la data del referendum, forse ha pesato lo stillicidio di indiscrezioni sui ragionamenti in corso tra i giudici. I commentatori si domandano anche se il rinvio abbia giovato alla causa del governo e della riforma costituzionale, come sostiene la grande maggioranza di essi, o se abbia complicato un percorso già accidentato offrendo ulteriori argomenti alle opposizioni.
A questo punto, con la Corte che ha già deciso il rinvio, è più interessante cercare di capire che cosa accadrà in futuro. Materia un po’ ostica ma che vale la pena approfondire dato che in gioco ci sono snodi fondamentali per la vita democratica del Paese.
Primo scenario. Se gli elettori dovessero bocciare la riforma costituzionale, tutta la materia elettorale andrebbe comunque riordinata, in quanto avremmo due rami del Parlamento con pari rilievo e potere, ma eletti con sistemi estremamente diversi. In questo caso il tema sarebbe tutto politico, anche se decidendo sull’Italicum la Consulta potrebbe indicare dei «paletti» da rispettare alla luce della Costituzione, così come fece con la sentenza n.1 del 2014, che incise in profondità sulla legge elettorale in vigore dal 2005, il cosiddetto Porcellum.
Secondo scenario. Se la riforma costituzionale fosse confermata dagli elettori, l’Italicum passerà comunque al vaglio della Consulta, anche se quest’ultima dovesse dichiarare inammissibili i quesiti posti da alcuni tribunali (altri ne potrebbero arrivare nel frattempo). Non sembra un’ipotesi probabile, al momento, ma tra i giuristi si discute se sia possibile attivare il giudizio di costituzionalità su una legge mai applicata. Del resto, è questa la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato nelle memorie depositate in difesa dell’Italicum. Le ordinanze dei tribunali nascono dai ricorsi presentati da cittadini che, non essendo previsto un accesso diretto alla Corte, aggirano l’ostacolo chiamando in giudizio il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno e sostenendo che hanno violato il loro diritto a votare secondo Costituzione. Ma secondo l’Avvocatura si tratta di una finzione in quanto non essendo mai stata applicata la legge, nessun diritto è stato concretamente violato.
Quale che sia la valutazione su questo punto, però, proprio la riforma costituzionale consente alle minoranze parlamentari di attivare direttamente il giudizio della Consulta sulle leggi elettorali. Ed è fin troppo facile prevedere che le opposizioni, in caso di vittoria dei sì, non si lasceranno sfuggire l’occasione per portare l’Italicum davanti al giudizio della Corte.