Toscana
Si nasce di più e meglio, ma i cesarei sono troppi
di Federico Fiorentini
Come e quanto si nasce in Toscana? A questa domanda ha cercato di rispondere, venerdì 6 novembre presso l’Altana di Palazzo Strozzi a Firenze, Giovanni Barbagli, presidente dell’Agenzia Regionale Sanità (ARS) della Toscana, presentando l’aggiornamento per il triennio 2005/2007 (la pubblicazione originale risale al 2001, ed è stata la prima del genere in Italia, implementata poi con i dati 2002/2005) dello studio «Nascere in Toscana». Curato dall’Osservatorio di epidemiologia, il volume offre un quadro statistico del contesto socio-demografico delle madri, del decorso della gravidanza, delle dinamiche del parto e delle complicazioni incontrate nel periodo immediatamente successivo. Le cifre, raccolte in tutto il territorio, sono ricavate in massima parte dal Certificato di assistenza al parto (CAP), introdotto nella sua forma attuale nel luglio 2001, la cui compilazione risulta obbligatoria e deve essere effettuata entro il decimo giorno dalla nascita. «I risultati che emergono da questo studio spiega Barbagli sono estremamente confortanti, e rappresentano l’esito di un programma a lungo termine che parte da un 2002 ormai lontano. Abbiamo ancora numerosi obiettivi da raggiungere, ed esistono criticità evidenti, come l’assistenza postparto, non al livello degli altri servizi, e la presenza sempre più significativa di donne di origine straniera, che vanno integrate nella cultura sanitaria italiana. È proprio per questo motivo che analisi come quella stilata dall’Agenzia Regionale sono necessarie per impostare un progetto condiviso ed efficace, il cui traguardo può essere definito dalle parole di Lucrezio, Et partu possent ditescere dulci: che le donne in Toscana possano essere arricchite da un dolce parto».
Come afferma Barbagli l’indagine fotografa una situazione positiva: la natimortalità, in continuo decremento, è scesa nel 2007 al 2,7 per 1,000; la quasi totalità (96,4%) delle donne di nazionalità italiana osservano il protocollo stilato dalla Regione nel Libretto di gravidanza che, seguendo le indicazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità, raccomanda una visita iniziale entro il primo trimestre e un minimo di tre ecografie durante tutto il periodo di gestazione. Anche le straniere indicate nell’indagine come «PFPM» (provenienti cioè da «Paesi a Forte Pressione Migratoria»: Europa orientale, Africa, Asia esclusi Giappone e Israele, America meridionale) si conformano al protocollo nell’87% dei casi, con miglioramenti sia per quanto riguarda il tempismo con cui viene effettuata la prima visita (la percentuale di quante prendono contatto con le strutture dopo la dodicesima settimana è passata dal 19,6 del 2000 al 15,6 del 2007) sia nel numero di ecografie che, benché inferiore a quello delle italiane, risulta sufficiente nell’81% dei casi. Per quanto riguarda il taglio cesareo, soluzione cui si fa sempre più ricorso nonostante le segnalazioni del Ministero della Salute, che vorrebbe ci si assestasse su una soglia inferiore al 20%, la Toscana risulta migliore della media nazionale, con un 27,5% che rivela però un incremento di più del 30% rispetto al 2001.
Il convegno, tenutosi di fronte a un pubblico di medici e ostetriche, ha visto anche l’intervento di figure istituzionali; Anna Maria Celesti, vicepresidente della Quarta Commissione regionale sulla Sanità, ha rilevato alcuni punti deboli di un sistema giudicato comunque efficiente: «Il problema più grave è quello di una situazione ancora troppo a macchia di leopardo, con punte di eccellenza e realtà non ancora adeguate agli standard regionali, in particolare per i tagli cesarei. Abbiamo giustamente ridotto il numero di Punti nascita per questioni di sicurezza, ma continuiamo ancora a riscontrare una carenza di personale. Inoltre esiste la questione del trasporto neonatale, con carenze organizzative nella gestione dei posti letto, come dimostra il caso estivo della partoriente che è stata dovuta trasferire in elicottero da Careggi a Grosseto. Mancano le culle, soprattutto considerato che assistiamo a un incremento del parto gemellare e trigemellare, che spesso richiede una procreazione assistita e la conseguente patologia intensiva, con lunghi tempi di degenza per i bambini».
Valerio Del Ministro, responsabile del Settore Assistenza Sanitaria del Dipartimento per il Diritto alla Salute e per le Politiche di Solidarietà della Regione, ha invece auspicato dei cambiamenti nell’ambito delle figure professionali: «Tradizionalmente il ginecologo incontra dei problemi nel gestire le patologie degli ultimi mesi di gravidanza, responsabili di quasi la metà dei decessi preparto: è necessario quindi che ci sia una maggiore contaminazione fra competenze ginecologiche e pediatriche. Inoltre dobbiamo affidare maggiori responsabilità alle ostetriche».
Nonostante la maggior parte dei 275.000 residenti non italiani sia di nazionalità albanese, seguiti da rumeni e cinesi, sono proprio le donne del paese asiatico a essere le più prolifiche, con un 18,6% sul complesso delle nascite straniere, con la punta di realtà come quella pratese, dove rappresentano quasi la metà delle partorienti totali, italiane comprese. Questa elevata fertilità contribuisce a riportare la media dei figli per donna a 1,32 (rispetto allo 0,98 del 1998), avvicinandosi all’1,38 nazionale e attenuando così lo storico fenomeno toscano della denatalità.
Per quanto riguarda le figure di riferimento durante la gravidanza, il 75,3% delle italiane scelgono il ginecologo privato, mentre il 64,3% di quante provengono dai «PFPM» optano invece per il consultorio, ritenuto più economico. Le est europee risultano le meno seguite. L’incremento dell’età delle partorienti provoca una serie di conseguenze, a iniziare dal ricorso sempre più frequente ai cesarei, pratica meno comune fra le straniere, non solo perché mediamente più giovani, ma anche spesso a causa di un’avversione culturale.