Cultura & Società
Shoah, Pio XII non tacque
“Dai documenti risulta in modo inequivocabile che la Santa Sede, già dall’ascesa al potere di Hitler, intervenne in favore degli ebrei per dissuadere la Germania nazista dalle politiche discriminatorie nei loro confronti. E fu personalmente Pacelli, futuro Pio XII allora segretario di Stato, a insistere chiedendo al nunzio apostolico a Berlino, Cesare Orsenigo, di interessarsi del problema ebraico”. A parlare è ANDREA TORNIELLI, vaticanista de “Il Giornale”, autore del libro “Il Papa che salvò gli ebrei” scritto insieme a MATTEO LUIGI NAPOLITANO, docente di Storia dei rapporti tra Stato e Chiesa all’Università di Urbino, e presentato nei giorni scorsi a Roma presso la Lumsa (Libera università Maria Santissima Assunta). Per entrambi non si tratta del primo libro su Pio XII, ma questo volume arriva dopo l’apertura, di appena 15 mesi fa, dei fascicoli dell’Archivio segreto vaticano relativi ai rapporti tra Santa Sede e Germania sotto il pontificato di Pio XI. Sono gli anni cruciali dell’avvento del nazismo e dell’inizio delle persecuzioni contro gli ebrei. “Ci hanno sempre raccontato che il Vaticano rimase sordo e prudente – prosegue Tornielli – mentre furono alcuni rappresentanti degli episcopati a intervenire. In realtà le carte raccontano una verità diversa: fu la Santa Sede a spronare gli episcopati”. Nel libro sono citati “un’enorme quantità di dati già noti ma purtroppo dimenticati” relativi alle iniziative per salvare gli ebrei e, grazie a nuove testimonianze, si rivelano “particolari inediti sulle disposizioni impartite dalla Santa Sede a molte diocesi italiane”. Si tratta di “una lettera del Vaticano che chiedeva esplicitamente ai vescovi di adottare tutte le misure possibili per aiutare gli ebrei perseguitati”.
SMONTARE LA “LEGGENDA NERA”. “Questo libro – si legge nella prefazione a firma dell’ambasciatore SERGIO ROMANO – ha il merito di mettere in evidenza, con una documentazione puntigliosa, un paradosso di cui la mia generazione è stata direttamente testimone. Per alcuni anni, dopo la fine della guerra, Pio XII è stato lodato e ringraziato, soprattutto dalle comunità ebraiche, per il coraggio e la generosità con cui aveva difeso e salvato un numero elevato di ebrei dalle persecuzioni naziste. Poi, improvvisamente, questo giudizio si è rovesciato”. La cosiddetta ‘leggenda nera’ “nasce ancora prima della fine della seconda guerra mondiale – dice GIOVANNI MARIA VIAN, editorialista di Avvenire e docente di filosofia patristica all’Università La Sapienza di Roma – dalla propaganda sovietica del quotidiano Izvestia, sostenuta dagli ambienti ortodossi russi e da quelli ebrei e protestanti americani, e che trovò terreno di coltura nel dissenso di alcuni cattolici francesi, autori dell’appellativo ‘il Papa del silenzio’. Pio XII godeva di buona stampa e alla sua morte i consensi furono unanimi, non dobbiamo dimenticarlo”. La polemica diviene poi ricorrente a partire dal 1963, quando esce in Germania “Der Stellvertreter” (Il Vicario), dramma teatrale di Rolf Hochhuth, ripreso dal recente film “Amen” di Costa-Gravas (2002). La tesi è quella di un Papa privo di autorità, connivente di fronte a Hitler.
Anacronismi. “Non si deve confondere il tempo di Pio XII con il nostro – spiega PIERRE BLET, storico gesuita, autore del libro ‘Pio XII e la seconda guerra mondiale negli archivi vaticani’ -e tanto meno con il Medioevo. La scomunica come arma assoluta era un anacronismo già da tre secoli. Inoltre l’Italia di Pio XII è l’Italia di Mussolini, il Papa è isolato e riceve notizie difficilmente verificabili sulla Germania. C’erano tante esagerazioni della propaganda antinazista e il timore vivo del Pontefice di pregiudicare la sorte di 40 milioni di cattolici tedeschi”. “Non bisogna sottovalutare la portata che nella polemica contro Pio XII ha avuto la scomunica di quel Papa contro il comunismo – aggiunge GIULIO ANDREOTTI, senatore a vita -. Papa Pacelli fu un forte anticomunista e dobbiamo alla sua fermezza di non essere diventati un Paese comunista. Ma la questione è diversa e non si possono fare raffronti”.
EDITH STEIN. “Pacelli non fu filonazista – ribatte PIETRO PASTORELLI, ordinario di storia dei trattati alla Sapienza di Roma – e si vede nella corrispondenza con Orsenigo da segretario di Stato di Papa Ratti, ma anche nell’enciclica antinazista ‘Mit brennender Sorge’ del 1937 che condannava il culto idolatrico della razza. Dai documenti vaticani verifichiamo come intervenne più volte sul testo con chiose, limature, correzioni. E poi ci sono i radiomessaggi natalizi”. Nel libro c’è anche un capitolo dedicato alla famosa lettera di Edith Stein del 1933 a Pio XI. “La lettera è diventata l’ennesimo capo d’accusa contro la Chiesa sorda agli appelli – spiega Tornielli -. In realtà non era la prima. Altre simili comunicazioni erano state inviate in Vaticano da parte di alte personalità del mondo ebraico. E proprio il cardinale Pacelli aveva dato ordine alla nunziatura e alla Chiesa tedesca, ben prima della lettera di Stein, di intervenire concretamente in soccorso degli ebrei discriminati in Germania”.