Cultura & Società
Sfondoni vecchi e nuovi. Come ti stravolgo la lingua
di Carlo Lapucci
Una volta certi sfondoni si leggevano nei temi dei ragazzi; oggi si continua a leggerli anche lì, ma ormai se ne sono impadroniti la radio e la televisione e qualunque pulpito da cui si parla. Prima ancora costituivano un genere vero e proprio gli errori degli analfabeti che, non potendo verificare i termini attraverso la scrittura, andavano per approssimazioni sulla parola sentita. Soprattutto i contadini arruffavano i vocaboli della religione, della cultura, della medicina in modo stravagante, bizzarro, creando equivoci talvolta esilaranti, portando nella lingua il loro mondo.
L’equivoco ha creato anche delle parole. La frase quare me repulisti? (perché mi hai respinto?) che si diceva all’inizio della Messa in latino, divenne nella rappresentazione mentale: «Perché mi hai ripulito? perché mi hai lasciato senza un quattrino?» e da qui oggi ancora si usa la frase: Fare un repulisti: portare via tutto, prendere tutto quel che c’è senza lasciare nulla. Perché la mente libera è creativa, si fa spazio nell’inespresso creando parole fantastiche, ma a volte anche utili che vanno a coprire uno spazio vuoto dell’espressione virtuale.
Così era facile in campagna col cielo incerto alla domanda Che tempo farà? sentirsi rispondere: Se sta così non piove, frase formalmente stolta, ma che pure ha il suo senso che sarebbe qui lungo spiegare. Oppure si sentiva dire che Non è bello quel che è bello, ma è bello quel che piace, come dice il Vangelo.
In chiesa, per Natale, la gente comunemente cantava il celebre Tu scendi dalle stelle, che si dice composto da S. Alfonso de’ Liguori, con una leggera variante che il Bambinello avrà preso certo con indulgenza: O Dio beato, / ahi quanto ti costò / l’averci amato! diventava sulla bocca innocente dei fedeli: O Dio beato, / ahi quanto ci costò / l’averti amato! E così quella buona gente dormiva tranquillamente tra le braccia di Oloferne (con sublime disprezzo del pericolo mandando in pensione Morfeo), dava per certo che Galileo fosse l’inventore degli occhiali, mandava le cose alle candele greche, diceva lascivo per dire permissivo e tollerante; astemio per miope; sentiva forti zampate di caldo; si mangiava una frittura di crampi, alludeva alla sorveglianza, si godeva le belle notti estive di pediluvio e chi studiava da solo era un auto di latta.
Si usano gruppi di studio per l’elaborazione, mezzi sofisticati per la diffusione, centri d’irradiazione e di aggiornamento come gli istituti sportivi da cui provengono i materiali sperimentali più spericolati, una specie di mistica del calcio nella quale spiccano i telecronisti. Si va dal celebre e surreale Quasi goal, urlato da un grande tifoso radiocronista, a espressioni del tipo: Il pareggio è stato mancato per un’inerzia. Inizia a galleggiare un certo serpentismo. Sotto quei calzoncini batte un cuore d’italiano. Il prezzo del biglietto reale vale da solo la geografia dello stadio… Se non è mistica è certo logica trascendentale. A volte sono comprensibili errori materiali e si sente parlare di Trattoria della palla (ma anche della pallottola) non come un localino fuori mano, un luogo di ristoro dove, secondo i cronisti televisivi, il pallone si ferma talvolta a mangiare un boccone nel tragitto tra due giocatori molto distanti uno dall’altro.
Altro problema non piccolo che ha tormentato e tormenta il vasto e composito mondo della televisione è chi sia mai stato il vero proprietario di quella celebre spada che pendeva per un crine di cavallo appesa da un tiranno sulla testa d’un poveretto, certamente prima della scoperta dell’America. Gli studi televisivi sono una fucina e un continuo ribollire di idee, ma il proprietario di questa spada non è ancora saltato fuori. Non ci sono fazioni, correnti, scuole: ognuno appioppa la spada a chi vuole: ora è la spada di Demostene, ora invece è la spada Sofocle, poi diventa di Pisistrato, quindi passa a Temistocle, a Brenno, a Sisifo, a Filottete: non c’è modo di sapere di chi sia stata mai quella maledetta spada e se un cameraman dice che fu di Damocle gli danno dell’idiota. Si telefonano tra loro per scambiarsi opinioni, pareri, formulando nuove spericolate ipotesi. Mai che a qualcuno venga in mente di prendere in mano un dizionario e darci una guardata. Non è dignitoso… è quasi avvilente e un giornalista, o che altro essere televisivo, raramente ha dei dubbi e se anche gli vengono non si abbassa mai a tanto. E allora avanti col pesce di carnevale, Vademecun Satana, Il Padre Browning (forse inventore di pistole e mitragliatrici), Transvaal invece di Transeat (per una volta, Transvaal), il gay-hospital, e le conclusioni stupide del tipo: Allora lei si è sposato soltanto quando è riuscito ad aprire la sua bottega...
Altro problema ancora insoluto del popolo televisivo è la dolorosa storia del letto di Maciste o di chi sa mai quale altro mascalzone, che presso il Cefiso sulla strada tra Megara e Atene assaltava i viandanti e li stendeva su questo letto… meglio non chiedere con quali intenzioni, dal momento che a cominciare dal nome è tutto un mistero. Nessuno si trova d’accordo con nessuno e ogni comunicatore televisivo si tiene il nome al quale è più affezionato, ridendo di quelli degli altri: il letto di Palustre, il letto di Manguste, di Celeste, Damaste, Al-ceste, Colapaste e non sapremo mai cosa ci facesse tutta quella gente con quel letto, a cominciare da Maciste che è il più gettonato. Ci sarebbero anche le trombe di Genserico (un virtuoso che probabilmente ne suonava due per volta?), ma la dose pare già abbondante.
Nelle redazioni e negli studi televisivi si fa un gran parlare anche dei Moschettieri della Tavola Rotonda, ma difficilmente qualcuno ricorda chi fossero e chi dice una cosa e chi ne dice un’altra. Pare sia stata gente medievale, azzarda il primo, forse eroi del risorgimento, dice il secondo, armigeri certamente (tutti d’accordo) ma probabilmente bontemponi amanti della tavola… Se mai una squadra di virtuosi del surf che si esibiscono con una tavola speciale di forma circolare.
L’approssimazione nazionale, entrata anche nella scuola, ha diffuso l’idea che una parola vale l’altra e mettersi a sottilizzare è da sofisti. No, le parole sono pietre con sopra scritti dei valori e delle indicazioni: chi le muove mette gli altri fuori strada, come se spostasse le pietre miliari di una via. Non esiste il Deus in fabula, e neanche il Deus ex cathedra, tanto meno il Lupus in tabula o in gabula e Lupus ex cathedra. Chi ha mai visto le cattedre nel deserto? Essere lo zibellino non significa essere lo zimbello. Uno che cambia idea non è un invertito.
Non si era accorta di dare l’annuncio di qualcosa vicina alla fine del mondo, perché lo zero assoluto corrisponde a gradi – 273,15° C, temperatura teorica irraggiungibile (si crede), ma se mai fosse si fermerebbe ogni forma di vita e di questa realtà.
Ma alla televisione non si fermano davanti a certe quisquilie. I telegiornali sono veramente il crogiolo di questo materiale, dove appare roba sofisticata, di prima mano perché nella deontologia giornalistica è scritto che il popolo deve essere informato, deve sapere tutto, anche che esiste, per attestazione unanime, la processione degli equinozi, che il deluso è anche un po’ masochista perché di solito è frustato, che esiste un concerto a cinque mani di Schubert, che il romanzo più bello di Pavese è quello che scrisse dopo il suicidio (era di certo un’opera postuma), che Alberoni ha scritto un celebre Largo, mentre Verdi ebbe un grande successo con l’opera I Lombardi alla prima crociera e tante altre belle cose.
Poi ci sono tanti fiori di tutti i colori, come quello di leggere davanti a nomi di più santi la sigla SS come Santissimi, mentre è il plurale di santo, e vale Santi, come la vecchia sigla FF SS significava Ferrovie dello Stato. Non parliamo di chi legge gli Esse esse Pietro e Paolo. C’è il Walter closet? C’è… c’è, alla televisione c’è anche quello come vi si trovano libri rari: Il fu Mattia Bazar, I malumori del Giovane Werther, La fenomenologia sotto spirito (del grande Hegel), il Barbone rampante, Zampa bianca di London e tanti romanzi di saggistica.
Soprattutto dai teleschermi piovono le espressioni ridondanti o balorde che i mezzi busti annunciano con candore e amabilità: Agghiacciante sciagura al Polo Nord, Autopsia della salma (la vorrebbero fare a cuore aperto?), Bambino minorenne, Giovane neonato, Cadavere senza vita (li trovano sempre così), Il cadavere del morto, Il morto trovato cadavere, Illusioni fallaci, Speranza nel futuro, Progetti per il futuro, Vecchie di ambo i sessi, La notizia del terremoto lo aveva scosso, Ipotetica possibilità, La pioggia scendeva, Previsioni fatte antecedentemente, Procedere avanti (come si fa di solito senza neanche pensarci), Progetti per il futuro, Pugno chiuso (trovatene uno aperto eppure si dice comunemente), Reciproca stretta di mano, Reciproci rapporti, Ricordi del passato, Ripetere di nuovo, Rischio pericoloso, Ritto in piedi, Scala per salire e scendere (questa solo se è mobile nei grandi magazzini o nelle stazioni), Limite estremo, Mare pieno d’acqua, Futuri sviluppi, Inventore di una nuova macchina (forse se ne può inventare anche una di seconda mano).