Vita Chiesa
Settimana sociale, sul «lavoro che vogliamo» quattro proposte per il governo
«Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi», recita la prima proposta indirizzata al governo, che parte dal presupposto che «per ridurre ulteriormente e in misura più consistente la disoccupazione giovanile, occorre intervenire con gli incentivi all’assunzione e in modo strutturale rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano».
In secondo luogo, occorre «canalizzare i risparmi dei Pir (Piani individuali di risparmio) anche verso le piccole imprese non quotate che rispondano ad alcune caratteristiche di coerenza ambientale e imprese sociali». Strategico, inoltre, il tema degli appalti, il 60% dei quali viene ora, nonostante la riforma del settore, appaltato attraverso il voto dello Stato al massimo ribasso. «Accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti pubblici potenziando i criteri di sostenibilità ambientale», la terza proposta della Settimana sociale di Cagliari al governo: «Inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo» e «varando un programma di formazione delle Amministrazioni sul nuovo Codice».
L’ultima proposta si prefigge come ambito di azione quella che da molti addetti ai lavori è considerata la giungla dell’Iva, con aliquote che variano dal 4%, al 10%, al 22%. «Rimodulare le aliquote Iva per le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili, a saldo zero per le finanza pubblica», il testo della quarta proposta, «anche per combattere il dumping sociale e ambientale». Il primo problema, in Italia, è infatti quello dell’erosione della base fiscale, ma ormai esistono metriche ben precise e criteri idonei a valutare la qualità del lavoro: ne è un esempio il «rating di legalità», che lo Stato può adottare per valutare la sostenibilità delle filiere sul piano sociale e ambientale, tramite una graduatoria di merito che varia da una a tre stelle.
«Vogliamo stabilire un dialogo: non vogliamo soltanto una forte denuncia, dei lamenti, ma vogliamo formulare proposte». Così mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore della Settimana sociale, ha salutato il presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni. «Le siamo molto grati per essere qui e per partecipare alla Settimana sociale», ha esordito il vescovo: «La sua presenza è stata ricercata, non solo la sua ma anche quella di esponenti di governo e voci di altri partiti». Santoro ha espresso, inoltre, «gratitudine, anche a nome del card. Bassetti, per il lavoro che abbiamo fatto in questi giorni. È stata realmente un’esperienza di entusiasmo, di coscienza della gravità dei problemi ma anche di capacità di intravedere una via di uscita che rendono possibile la proposta». Di qui le «proposte per il governo e il Parlamento», da parte della Chiesa italiana, per invertire la rotta sul tema del lavoro. «Quello che ci ferisce e ci preoccupa – ha detto Santoro – è soprattutto la disoccupazione giovanile».
«Siamo in una fase di ripresa economica, ma non dobbiamo enfatizzare questa immagine pensando che le cicatrici aperte con la crisi degli ultimi anni siano già rimarginate», ha detto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, intervenendo alla terza giornata della Settimana sociale. «Sappiamo che la ripresa economica e la maggiore occupazione non sono necessariamente sinonimi», ha puntualizzato il premier, secondo il quale, tuttavia, «c’è in Italia la possibilità di una ripresa con lavoro». «Senza lavoro i valori fondamentali che sono alla base della nostra società fanno fatica a resistere», ha ammonito Gentiloni citando «la dignità, la famiglia, la comunità: per questo è fondamentale rimettere al centro il lavoro e vi ringrazio di averlo fatto», il tributo del premier alla platea di oltre mille delegati che hanno ascoltato il suo intervento durato circa mezz’ora: «Sarà di utilità al governo, ma soprattutto alla Chiesa e alla società», ha assicurato.
«Il lavoro libero – ha detto il premier citando il primo degli aggettivi del lavoro presenti nel tema della Settimana, mutuato dall’Evangelii gaudium di Papa Francesco – è anzitutto un lavoro libero dalle forme più atroci di sfruttamento, che violano le leggi, il principio di umanità, dove non ci sia spazio per la pratica odiosa del capolarato», in cui sono coinvolti 400mila lavoratori, in gran parte migranti. «È una condizione che non possiamo abituarci a tollerare», il monito: l’impegno del governo, intanto, è quello a «rafforzare i controlli, favorire l’erosione e la repressione», coinvolgendo i lavoratori, le organizzazioni agricole e i sindacali.