(Reggio Calabria) Un federalismo bene inteso e correttamente applicato costituisce la principale e forse ormai unica soluzione alle lacerazioni che, anziché comporsi, spesso si allargano e moltiplicano tra il Nord e il Sud dell’Italia. Ne è convinto Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica, che ha aperto oggi la seconda giornata della 46ª Settimana Sociale. Un federalismo ideologicamente inteso e realizzato è inevitabilmente destinato a spezzare l’unità sostanziale del nostro Paese, ha ammonito il relatore, mentre un federalismo ben inteso e correttamente applicato è una possibile composizione politico-istituzionale di una frattura che sempre più incombe sull’intero Paese. E che sempre più condizionerà non solo le prossime configurazioni dei partiti, ma anche le residue probabilità di non cadere definitivamente nella stagnazione dell’attuale politica. Per Ornaghi, un federalismo autenticamente solidale potrebbe avere due importanti effetti positivi per il futuro: in primo luogo, richiamerebbe sia il Nord sia il Sud a far crescere e praticare quella virtù della responsabilità’ spesso evocata e raramente praticata non solo nei confronti dell’intero Paese, ma anche rispetto a se stessi. In secondo luogo, per essere applicato con successo, un federalismo solidale comporterà di necessità la formazione e il radicamento di un ceto politico con le rappresentanze sociali.Lavorare già da oggi al futuro che ancora possiamo costruire la ricetta’ di Ornaghi richiede ai cattolici italiani l’intelligenza e la capacità di individuare e curare i luoghi’ ambientali e generazionali in cui sta crescendo, pur magari indistinta, la domanda di sentirsi ascoltati e politicamente rappresentati. Richiede l’intelligenza e la capacità di saper collegare e magari aggregare tutte quelle aree’ dove, subito sotto la superficie delle odierne rappresentazioni della politica, maggiormente si condensa il bisogno di una risposta pubblica’, anche perché autenticamente popolare’ alla necessità crescente di non essere soli, di sentirsi uniti ad altri, di pensarsi ed essere realmente soggetti partecipanti’ delle politiche, anziché destinatari generici e passivi. Richiede, infine, un rinnovato impegno a far crescere la classe dirigente dell’incombente domani, ad attrezzare già nei luoghi’ dell’amministrazione e della rappresentanza con una educazione specifica e non generica alle competenze indispensabili per la politica, a preparare i giovani all’esercizio di quella leadership che difficilmente può essere inventata e mai improvvisata. Guardare al futuro che possiamo ancora costruire non significa affatto mettere tra parentesi i piccoli o grandi problemi del presente, ha puntualizzato il relatore, secondo il quale non è più stagione di fughe in avanti, o in cui ripetere sempre più stancamente gli stereotipi di rimpianto consolatorio o gli alibi del crescente spaesamento politico di una consistente parte dei cattolici. I problemi del presente richiedono certamente giudizi franchi e valutazioni differenti o anche contrastanti, ha ammesso Ornaghi, ma sollecitano un nostro contributo fattivo e scevro da preconcetti, sul federalismo, sulla riforma elettorale, o sulla scuola e su tutte le quotidiane traduzioni di un welfare che per un tempo imprecisabile sarà costretto a fare i conti con risorse limitate. Pur stando dentro la politica di oggi, al futuro che intendiamo costruire ha proseguito Ornaghi dobbiamo guardare con una visione che è innanzitutto e genuinamente cattolica’. Questa, mi sembra, è anche l’anima del Progetto culturale orientato in senso cristiano, promosso e attuato dalla Chiesa italiana. Senza una tale visione genuinamente cattolica ha concluso il relatore ogni pur rinnovata forma della nostra presenza pubblica e politico-partitica diventerebbe una mera parte’ fra la pluralità delle parti, destinata, più che a contare’, a essere contata.Sir