Chiesa Italiana
Settimana sociale: Zuppi, ”no a individualismi e populismi”
L'introduzione del presidente della Cei ai lavori aperti oggi a Trieste. Domenica la chiusura con papa Francesco
“Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, non si è fatto ridurre a un intimismo individualista o al culto del benessere individuale, ma ha sentito come propri i temi sociali, si è lasciato ferire da questi per progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale. Ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano”. Così il Card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha introdotto il primo pomeriggio di lavori al Centro Congressi di Trieste, durante la cerimonia di apertura alla presenza del presidente Sergio Mattarella, che ha ringraziato “per il suo servizio di custode e garante della democrazia e dei valori della nostra Repubblica e dell’Europa”. “E il bene comune – ha proseguito il cardinale citando il “prestigioso traguardo” della 50ma edizione della Settimana sociale – “non è quello che vale di meno, ma è quello più prezioso proprio perché l’unico di cui tutti hanno bisogno e che dona valore a quello personale. Questa è la bellezza della Chiesa cattolica, con i suoi limiti e miserie umane, ma che, come diceva De Lubac, ‘presenta un carattere eminentemente sociale, che non si potrebbe misconoscere senza falsarla’”.
“Andiamo fieri di questa storia e siamo felici di vivere questi giorni a Trieste, in una terra di confine, segnata dal dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso, da tanta sapienza antica e recente, porta che unisce est e ovest, nord e sud, ma anche terra segnata da ferite profonde che non si sono del tutto rimarginate. I troppi morti ci ammoniscono a non accettare i semi antichi e nuovi di odio e pregiudizio. Mai”. Lo ha ha garantito il card. Matteo Zuppi. “Non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti!”, ha esclamato il cardinale: “Lo vogliamo perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone! Il Vangelo ci aiuta a capire che siamo fatti gli uni per gli altri, quindi gli uni con gli altri. La nostra casa comune richiede un cuore umano e spiritualmente universale”.
“I cristiani prendono sul serio la patria, tanto che sono morti per essa, ma sanno anche che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, citando De Gasperi “in una terra che ci parla dell’opportunità e della bellezza di vivere insieme”. “La Chiesa è madre di tutti, perché solo guidata dal Vangelo”, ha ribadito il cardinale, secondo il quale “leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre e solo al centro la persona – questa è la nostra libertà, che poi è anche il cuore della democrazia – senza aggettivi o limiti”. Nel gennaio 1994 – ha ricordato Zuppi – in un momento molto difficile quando “c’era il rischio che l’Italia cessasse di essere una nazione”, Giovanni Paolo II scrisse ai vescovi italiani esortandoli a testimoniare “quell’eredità di valori umani e cristiani che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano” e che declinava come “eredità di fede”, “eredità di cultura” ed “eredità dell’unità”. “Certamente oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico”, aggiungeva allora il Papa, e perciò “i laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità”.
“La pace e lo sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte. Richiedono un amore politico” che deve assumere l’unità come un obiettivo da perseguire, da difendere e da far crescere, perché l’unità non è mai statica, ma sempre dinamica”. Ne è convinto il card. Matteo Zuppi, che ha assicurato a nome dei cattolici: “Non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto. Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili”. Quindi una serie di “grazie”: “Grazie a chi continua a partecipare nonostante la crisi del ‘noi’ perché la Chiesa è un luogo dove ci si appassiona al prossimo e, quindi, al dialogo, come è avvenuto in assemblee, convegni, riunioni, nel cammino sinodale, proprio per il suo carattere eminentemente sociale e non egocentrico o di massa. Grazie a chi non si scoraggia. Grazie a tutti quelli che con tenacia stanno favorendo esperienze di partecipazione. Grazie agli amministratori che, pur tra sacrifici, si dedicano al bene comune e a quanti esercitano funzioni pubbliche e le adempiono con disciplina e onore (Costituzione, art. 24) . Grazie a chi svolge umilmente, secondo le proprie possibilità e scelte, “un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (Costituzione, art. 4). È così che si costruiscono inclusione e convivenza, si vincono i pessimismi, si sconfiggono le furbizie che piegano a interesse privato il bene pubblico. Grazie alle tante buone pratiche che sono arrivate qui, a Trieste, per farsi conoscere, ma anche alle centinaia di buone pratiche sparse per il Paese che continuano a rendere concreti i frutti della partecipazione. Grazie a chi si impegna nel volontariato, che poi vuol dire gratuità, dono, umanità, costruzione di comunità”.
“La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca, ben consapevole di come questi in passato l’hanno fatta percepire preoccupata per sé e meno madre” ha precisato Zuppi, che nel suo intervento si è soffermato sul contributo che la Chiesa può offrire all’Italia “in questa stagione storica”. “Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali”, ha garantito: “basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso. Sentiamo la sfida dell’accoglienza dei migranti, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, della difficoltà di spazi per i giovani, dell’aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo”.
“La solidarietà è verso tutti, non guarda il passaporto perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro”. È il monito del card. Matteo Zuppi. “Ci angoscia il fatto che oggi i poveri assoluti siano cresciuti fino a diventare più di 5 milioni e mezzo: 1 su 10, tantissimi”, ha proseguito: “Quante risorse sprecate, quante opportunità perdute, quanti campi in cui è urgente una maggiore solidarietà! Pensiamo agli anziani dei quali dobbiamo proteggere la fragilità, ai disabili, ai giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, alle donne vittime della violenza maschile, a chi lavora in condizioni inaccettabili, alla casa senza la quale non c’è integrazione e nemmeno famiglia e futuro”. Poi il riferimento alla stringente attualità: “Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi, lo ricordiamo con commozione e la sua vicenda è un monito che svela l’ipocrisia di tante parole che purtroppo rimangono tali e, quindi, beffarde. Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia. Mi ha colpito che la persona che lo aveva ospitato ha detto di avergli dato il posto perché ricordava come suo papà emigrato dormisse nelle cabine telefoniche in Svizzera. La solidarietà presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno. La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia. La solidarietà passa attraverso le comunità in cui l’uomo vive: le comunità ecclesiali e le tantissime realtà di libero e gratuito altruismo, la famiglia ma anche le comunità locali e regionali, la nazione, il continente, l’umanità intera”.
“Ben vengano nuove forme di democrazia incentrate sulla partecipazione”. È l’omaggio del card. Matteo Zuppi. “Siamo contenti quando i cattolici si impegnano in politica a tutti i livelli e nelle istituzioni, ovunque”, ha precisato: “Siamo portatori di voglia di comunità in una stagione in cui l’individualismo sembra sgretolare ogni costruzione di futuro e la guerra appare come la soluzione più veloce ai problemi di convivenza”. “I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro”, ha assicurato il presidente della Cei, secondo il quale l’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco “ci offre un orizzonte concreto, possibile, attraente, condiviso”: “Un unico popolo. Perciò, guardiamo con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla!”. “La partecipazione, cuore della nostra Costituzione, consente e richiede la fioritura umana dei singoli e della società, accresce il senso di appartenenza, educa ad avere un cuore che batte con gli altri, tra le differenze”, l’analisi di Zuppi: “Quando la gente si sente parte, avviene il miracolo dell’umanizzazione dei rapporti sociali ed economici: ciò si realizza nei corpi intermedi, nelle istituzioni, sui territori, nelle grandi aree metropolitane e nelle aree interne, al Nord come al Sud”. “È bello per noi iniziare la Settimana Sociale in una città di frontiera”, ha concluso: “Vogliamo incarnare uno stile inclusivo, di unità nelle differenze. Soprattutto vogliamo esprimere tutto l’amore di cui siamo capaci per il nostro Paese. Amiamo l’Italia e, per questo, ci facciamo artigiani di democrazia, servitori del bene comune. Grazie Presidente Mattarella, perché ha voluto essere presente con noi a inaugurare giorni di impegno. Buona Settimana Sociale a tutti, tanta visione per il futuro, pronti a pagare il prezzo della speranza e del sacrificio necessari per costruire il domani di un Paese per tutti, con al centro la persona! E così è già più bello per noi!”.