Toscana

Settimana santa, in Toscana tante tradizioni secolari

Nel borgo medievale di Castiglion Fiorentino, tra Arezzo e Cortona, da secoli durante la Settimana santa si svolgono le processioni notturne in commemorazione della Passione di Gesù. Processioni, perché, come ci spiega il parroco don Marcello Colcelli, sono tre le serate in cui i confratelli delle Compagnie del borgo, tutte fondate tra il 1500 e il 1600, sfilano incappucciati per le strade del centro con le loro cappe, commemorando le tappe più importanti che conducono alla Pasqua. La prima processione si tiene il martedì santo, quando la statua in legno di «Gesù nell’Orto degli Olivi» è fatta sfilare dalla Compagnia di Sant’Antonio, vestita di bianco; la seconda si svolge il mercoledì santo con la statua lignea del «Cristo flagellato alla Colonna» portata in processione dalla Compagnia della Misericordia, vestita di nero; la terza, la più suggestiva, si tiene la sera del Venerdì santo, quando tutte le statue lignee delle processioni precedenti sfilano accanto a quelle della Madonna e del Cristo morto portato dalla Compagnia del Gesù, vestita di blu. Gli eventi della Settimana santa culminano nella notte del sabato quando, durante la Messa, è inscenata la «Resurrezione con la volata», durante la quale la statua di Cristo è trasportata «in volata» per tutta la navata centrale della Collegiata.

A Castiglione di Garfagnana (Lucca) ritorna la processione dei Crocioni, evento religioso-storico promosso dalla Confraternita del Santissimo Sacramento e della Croce, insieme alla parrocchia, con la collaborazione dell’Amministrazione comunale e delle altre associazioni di volontariato paesane.

Si svolge la sera del giovedì santo lungo le strade interne che attraversano tutto il paese medievale circondato da mura. La cerimonia, come spiega il priore della Confraternita del Santissimo Sacramento e della Croce, Adriano Marcalli, inizia con la celebrazione della Messa nella chiesa di San Michele, alle 20, durante la quale si svolge la lavanda dei piedi con dodici figuranti, intorno all’altare, nel ricordo dell’ultima Cena di Gesù con gli apostoli. A un certo punto, uno di loro, Giuda, si allontana, nel ricordo del suo tradimento. Al termine della Messa, al rullo dei tamburi, un drappello di soldati romani entra in chiesa e si avvicina all’altare, dove viene rappresentata la scena del tradimento con il bacio di Giuda a Gesù che, nel frattempo, incappucciato, è uscito dalla sacrestia, dove per ore era rimasto nascosto in un armadio e successivamente preparato da due o tre componenti la Confraternita, tenuti poi al più rigoroso silenzio sull’identità della persona, con l’apposita veste bianca e le catene alle caviglie con i piedi scalzi.

I soldati procedono alla cattura di Gesù e gli pongono una grossa croce sulle spalle, svuotata al suo interno, ma comunque sempre del peso tra i 35-40 chilogrammi. Da qui ha inizio la processione che percorre un lungo tragitto all’interno del paese, con il fondo stradale in ciottolato e piastroni. Con i lampioni della luce pubblica spenti, la tremolante luce delle fiaccole, il rimbombo delle catene ai piedi che strusciano sulle pietre e il rullo dei tamburi creano un’autentica sensazione di sofferenza e una forte suggestione. La celebrazione si conclude poi con il rientro della processione nella chiesa di San Michele. Gesù rientra nell’armadio-nascondiglio in sacrestia, aspettando poi la notte fonda per uscire, rivestito dei suoi abiti civili e rientrare a casa nella più assoluta segretezza.

La processione dei Crocioni rappresenta ancora oggi una delle più sentite tradizioni della popolazione di Castiglione di Garfagnana, che lo ha reso noto in ogni parte d’Italia. Chi sono coloro che ogni anno si calano nella parte di Gesù e della sua Passione? Sono uomini che vogliono soddisfare un voto, spinti dalla fede e dalla devozione, magari insieme all’amore per la tradizione. Gli interessati danno il proprio nominativo al priore della Confraternita del Santissimo Sacramento e della Croce e aspettano la designazione, che può arrivare anche dopo qualche anno, dato che il priore cerca di rispettare, per quanto possibile, le richieste pervenute in ordine cronologico. I volontari che si offrono arrivano anche da fuori Castiglione. Il tutto nella più assoluta segretezza. A parte il priore e quei pochi che aiutano il volontario, in sagrestia, nessuno sa, ha mai saputo e saprà, chi era quell’uomo incappucciato, intento a soddisfare il proprio voto e continuare a tenere viva la tradizione.

La settimana santa a Radicofani (diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza) ha ancora oggi delle tradizioni e delle movenze antiche. Il profumo caratteristico di questi riti è quello del bosso, un arbusto che viene usato per costruire, dai confratelli di S. Agata, una quinta che vuole rappresentare il monte Calvario. Il bosso viene raccolto, preparato, intrecciato e montato su impalcature che coprono tutta la parte centrale del presbiterio della chiesa di S. Agata. Qui, come nella parrocchiale di S. Pietro apostolo e nella chiesa di S. Maria Assunta, si svolgono i riti della confraternita di Misericordia. Dopo la Messa e la Lavanda dei piedi il giovedì santo si compie un antico rito: la processione di penitenza. Avanti gli scalzi che portano una grande croce e due lampioni, dietro gli «Apostoli» estratti per la Lavanda e poi il popolo. Quando in silenzio la processione si scioglie inizia l’Adorazione notturna dei confratelli che alle sei del mattino cedono il passo alle consorelle dell’Addolorata e del Carmine. Il venerdì santo alle 14 il «Regolone» annuncia che sta per iniziare la pia pratica delle Tre Ore di Agonia che si compie ancora sui testi settecenteschi nel contesto della chiesa di S. Agata, con il Calvario illuminato e le tre croci svettanti. Questa pia pratica fu introdotta dai gesuiti e ormai è unica in Italia.

La sera alle 20,30 la liturgia della Passione nella chiesa di S. Pietro, il bacio della Croce e di seguito la processione che inizia con gli scalzi che portano una grande croce ottocentesca, seguiti da altri incappucciati. Il sabato mattina nella chiesa di S. Agata si svolge la pia pratica del Pianto di Maria, sette stazioni che ripercorrono il dolore della Madonna, meditazioni, canto corale e assoli, dopo circa un’ora e mezzo cantando lo «Stabat Mater» si porta la statua dell’Addolorata nella chiesa di S. Maria dove già si trova quella del Gesù morto e si rimane in silenzio fino alla sera. In attesa della Veglia.

A Pienza, secondo un’antica tradizione, il venerdì santo si svolge un’importante processione per le vie della città di Pio II, con uno schema consolidato nel tempo. Alle 20,30, le sacre immagini di Cristo morto e della Madonna Addolorata, che sono custodite nella chiesa della Misericordia, vengono portate in processione in Cattedrale davanti all’altare. Qui il sacerdote accoglie le sacre immagini e si forma la processione alla quale partecipano «dodici Apostoli» volontari che, incappucciati, vestiti di bianco e scalzi, portano una pesante Croce di legno e precedono i fedeli. Dopo i fedeli una banda musicale che durante la processione accompagna i canti con musiche sacre, e quindi l’immagine della Madonna Addolorata, portata da delle donne, e la statua di Cristo morto, portato a spalla da uomini. Al termine la processione torna in cattedrale.

La tradizione religiosa, popolare e storica di Porto  Santo Stefano (diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello) è la processione di Pasqua. Coinvolge tutta la comunità: diversi uomini portano a turno a spalla la statua del Risorto che attraversa le principali vie del borgo marinaro; altri la precedono, tra cui le autorità civili, militari e religiose, i volontari delle Confraternita di Misericordia e la banda comunale; altri la seguono dai bordi delle strade, dalle finestre e dai balconi delle case, decorati a festa con lenzuoli e tovaglie ricamate. Parte alle 7 del mattino dalla chiesa di Santo Stefano, dove ritorna dopo due ore e due soste, in cui è sollevata per tre volte per benedire il mare, la campagna, il paese e i suoi abitanti. È caratterizzata dalla commozione e dal silenzio, interrotti solo dalla preghiera, dalla musica della banda e, dopo le soste, dagli applausi, dal suono delle campane, delle sirene di barche, traghetti e ambulanze che la salutano. Merita di essere conosciuta per il grande sentimento popolare che l’anima e perché in pochi paesi viene realizzata.

Una ragazza, semplice e umile, vissuta più di 700 anni fa. È la beata Diana Giuntini da Santa Maria a Monte (diocesi di San Miniato), che ancora oggi riesce a smuovere l’interesse dei molti che ogni anno partecipano ai suoi festeggiamenti durante la processione delle paniere il lunedì dell’Angelo.Il corpo della beata Diana – proclamata tale «a furor di popolo» – riposa tutt’oggi all’interno di un’urna fabbricata nel 1695 e collocata a sinistra dell’altare della Collegiata di San Giovanni Apostolo ed Evangelista. Probabilmente Diana visse tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento, morendo in giovane età. Durante la processione ciascun rione offre alla Beata un cesto colmo di fiori. Portato sulla testa da una giovane dama accompagnata da un cavaliere, la «paniera» – così chiamata dagli abitanti – richiama il celebre miracolo col quale è conosciuta la beata Diana: la trasformazione del pane, che Diana fanciulla portava nel grembiule, in «rose e fiori» e poi nuovamente in pane per evitare di essere scoperta dal padre, benestante, nella sua carità verso i poveri.