Vita Chiesa

Sessualità, percorso per imparare a educare i ragazzi

Iniziativa regionale aperta a catechisti, animatori, educatori. Primo appuntamento domani a Viareggio. Intervista a Simone e Deborah Pintaldi, incaricati regionali per la pastorale familiare

«Fuori dal labirinto: orientarsi nell’affettività» è il titolo di una nuova iniziativa promossa dalla Conferenza episcopale toscana, che coinvolge diversi ambiti pastorali: giovani, famiglia, catechesi. Un percorso nuovo, che vuole offrire alle diocesi e alle parrocchie gli strumenti per affrontare una sfida impegnativa e urgente, quella dell’educazione di ragazzi e ragazze alle relazioni affettive. Il programma prevede tre incontri di presentazione, in tre diverse zone della Toscana: Viareggio (domenica 29 settembre dalle 15,30 alle 18), Marina di Grosseto (domenica 6 ottobre dalle 15,30 alle 18) e Calenzano (Fi) (venerdì 11 ottobre dalle 18 alle 21). Il corso vero e proprio partirà quindi a novembre, con un incontro base per tutti nel seminario arcivescovile di Lucca, sabato 9 e domenica 10. Ci saranno poi alcuni incontri online e un secondo fine settimana, 1 e 2 marzo, diviso per aree pastorali.

Simone e Deborah Pintaldi, incaricati regionali per la pastorale familiare, spiegano contenuti e obiettivi di quest’iniziativa: «È un percorso formativo rivolto ai membri delle equipe diocesane di pastorale catechetica, giovanile e familiare, ma anche a catechisti, animatori, educatori e accompagnatori di fidanzati e coppie. Nasce dalla collaborazione delle tre equipe regionali (familiare, giovanile e per l’iniziazione cristiana) che hanno creduto fin dall’inizio nella necessità di affrontare questo tema e si sono adoperate per costituire un gruppo di lavoro integrato che si occupasse della sua stesura».

Perché un corso sul tema dell’affettività?

«L’educazione all’affettività può facilitare ragazzi e ragazze ad acquisire conoscenza e consapevolezza delle emozioni proprie e degli altri, che possano privilegiare la scelta del benessere e del rispetto di sé e degli altri. Nell’educare all’affettività e alla sessualità è fondamentale che ragazze, ragazzi e famiglie non siano lasciate sole in questo percorso. Parlare di affettività chiama in causa diverse dimensioni: è impegnativo, richiede un lavoro su di sé. Per questo, se la parola degli educatori è troppo semplice e non restituisce le sfumature, non pare credibile. Le esperienze vissute testimoniano chiaramente l’importanza del dialogo sul tema delle emozioni, la corporeità, l’affettività e la sessualità, in modo graduale a partire dall’infanzia, ovviamente adattando le modalità e le tematiche a seconda dell’età. È importante spiegare ai ragazzi quali sono le differenze tra affettività e sessualità, per favorire maggiore consapevolezza di sé e degli altri».

A chi si rivolge?

«Il percorso formativo è rivolto ai membri delle equipe diocesane di pastorale catechetica, giovanile e familiare ma anche a catechisti, animatori, educatori ed accompagnatori di fidanzati e coppie. Per partecipare è necessaria la lettera di presentazione del parroco o dell’incaricato del proprio servizio diocesano di riferimento. I partecipanti dovranno aver compiuto la maggiore età.

Quali sono gli obiettivi?

«La finalità del corso è quella di formare all’educazione all’affettività attraverso una modalità esperienziale. Centrale è la scoperta dell’uomo, che sarà affrontata non solo attraverso una base contenutistica ma aiutando a produrre un cambiamento nei partecipanti sul tema dell’affettività, grazie anche al coinvolgimento dei docenti che saranno chiamati a far emergere il loro vissuto. La domanda di fondo a cui cercheremo di dare risposta sarà: perché dobbiamo occuparci noi di affettività? Il tutto sarà finalizzato a non dare risposte preconfezionate ma a suscitare nuove domande ed elaborare con i partecipanti una proposta educativa che si inserisca armoniosamente nei percorsi formativi proposti dalle Diocesi o dalle parrocchie».

Quali sono i temi che saranno affrontati?

“Ecco alcuni punti che ci sembra importante toccare attraverso il corso.

  1. L’esigenza di non considerare affettività e sessualità in maniera isolata. Il fenomeno affettivo e sessuale non può essere considerato in maniera isolata, come se non avesse a che fare con i cambiamenti sociali e culturali in cui siamo immersi.
    L’educazione affettiva e sessuale non può essere ridotta a qualche momento formativo isolato, ma deve rientrare in una visione integrale e in un percorso di crescita.
  2. Prendere consapevolezza del corpo. Il senso del corpo viene riconosciuto entro la relazione con altri e le relazioni si costituiscono a partire dalla forma corporea della libertà
  3. Rimettere al centro il rapporto uomo-donna. Il senso degli affetti si comprende alla luce della loro destinazione. Essi non sono un puro istinto in cerca di soddisfazione, ma un’energia che si compie nel riferirsi ad altri in una logica generativa
  4. Considerare il carattere dinamico dell’identità di genere. L’identità di genere non è mai una realtà statica e inerte. Essa è un dinamismo relazionale che comincia addirittura nella fase prenatale e si realizza entro un processo che ha molte dimensioni: organica, affettiva, psicologica, relazionale, spirituale. Nel cammino di individuazione sessuale, gli stereotipi di genere rigidi bloccano perché non tengono conto delle variabili del singolo, mentre gli stereotipi indefiniti confondono, perché rinunciano a plasmare la simbolica maschile e femminile. Solo l’incontro con modelli maturi libera.
  5. Educare attraverso un approccio narrativo. Se la potenza simbolica del corpo viene riconosciuta dentro la trama delle relazioni, sarà la narrazione dei vissuti che aiuterà a collocare l’esperienza affettiva nella giusta prospettiva. Trovare le parole più belle per raccontare gli affetti è lo sforzo educativo che dobbiamo fare”.