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SERVIZIO CIVILE: TRE INDAGINI RILEVANO CRITICITÀ E ABBANDONI, LE PROPOSTE

Un servizio civile “part time” e con un rimborso spese minore per selezionare i giovani più motivati ed evitare che venga scelto solo come “alternativa al lavoro che manca”? Sono alcune delle proposte emerse dalle tre ricerche presentate oggi a Roma dall’Ufficio nazionale del servizio civile (Unsc), che hanno fotografato l’organizzazione degli enti, la valutazione dei progetti e il fenomeno degli “abbandoni” del servizio civile. Riguardo agli “abbandoni” (che comprendono le rinunce iniziali a prestare servizio e le interruzioni in fase di svolgimento), l’indagine realizzata dall’Istituto per la ricerca sociale di Milano ha preso in esame le motivazioni dei 5.855 giovani (il 14,3% di 40.907 avviati) che hanno rinunciato in seguito al bando del 2006. Di questi, 3.024 hanno rinunciato prima, gli altri 2.831 durante il servizio. Il fenomeno degli abbandoni è più frequente nell’Italia del Nord (23,4%) ed è legato prevalentemente alle maggiori opportunità lavorative per i giovani, che al Sud sono invece minori (qui gli abbandoni sono solo il 9,3%). La maggior parte degli intervistati (37,7%) ha infatti rinunciato a svolgere il servizio perché si sono presentate occasioni lavorative, il 23,8% per motivi personali, il 19,7% perché il servizio civile era incompatibile con gli studi, il resto per altri motivi. Tra chi ha interrotto il servizio in corso il 32,5% lo ha fatto perché ha trovato un lavoro, il 24% perché si è accorto dell’inconciliabilità con gli altri impegni, il 21,2% perché ostacolava il proseguimento degli studi. Se al crescere delle opportunità lavorativa aumentano gli abbandoni, si evidenzia così come il servizio civile rappresenti oggi “un’alternativa appetibile alla mancanza di un lavoro, in quanto consente di guadagnare e di maturare un’esperienza che arricchisce un curriculum”. Da qui le proposte di “un ripensamento della durata del servizio stesso” e dell’entità del rimborso spese, che porterebbe a “selezionare i giovani più motivati e a scartare quelli in cerca solo di un reddito, ma probabilmente avrebbe l’effetto di ridurre il numero complessivo dei volontari”.

La ricerca sui 2800 enti accreditati (di cui 1300 effettivamente attivi) condotta dal Dipartimento di studi sociali e politici dell’Università di Milano, ha poi messo in rilievo alcune criticità, tra cui una generale tendenza “a privilegiare le esigenze organizzative dell’ente” e a trascurare invece (nel 40% dei casi) la formazione dei volontari. Si propone perciò la discussione su “una possibile revisione” del servizio civile, che “come tutte le grandi intuizioni – rilevano i curatori dell’indagine – ha bisogno di strutture organizzative che traducano il valore ideale in realizzazioni operative”. Anche la ricerca condotta dalla Fondazione Zancan sugli esiti dei progetti di servizio civile ha messo in rilievo “criticità” sul ruolo della formazione, in quanto l’esperienza del servizio civile “stimola e sollecita nei giovani volontari processi di cambiamento in direzioni diverse, come testimoniato dalla crescita nella dimensione sociale” ma “la sola esperienza non sembra essere sufficiente rispetto alle attese espresse in fase iniziale”. “Occorre che l’esperienza sia meglio accompagnata”, conclude l’indagine.

Sir