Italia

SERVIZIO CIVILE, SCUOLA DI VITA: INCONTRO A ROMA CON MONS. MERISI E MONS. CROCIATA; MESSAGGIO DI NAPOLITANO

“Questo incontro vuole ribadire ancora una volta con forza l’importanza del servizio civile come esperienza formativa”. Lo ha detto questa mattina mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas italiana, salutando i partecipanti del VII incontro nazionale del Tavolo ecclesiale del Servizio Civile, tenutosi oggi a Roma. “Si tratta di una lunga storia di carità e impegno – ha detto mons. Merisi – che trova corpo in proposte capaci di far vivere ai giovani il servizio verso una molteplicità di volti e storie che diventano per loro una autentica ‘scuola di vita’ capace di provocare stili di vita, scelte e impegni che ne segnano il futuro nella famiglia, nella professione e nell’impegno politico per la ricerca e la promozione del bene comune”.Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio ai partecipanti per esprimere “apprezzamento per il vitale e prezioso impegno quotidianamente profuso, nel quale i principi universali della solidarietà, della tutela della dignità umana e del rafforzamento della coesione sociale si saldano con i fondamenti etici che hanno sempre ispirato la nobile tradizione del pensiero cattolico e l’alto magistero della Chiesa”.

Esperienza di educazione civica. “L’esperienza del servizio civile è stata ed è un’esperienza di educazione civica, una scuola di cittadinanza, nella quale i giovani si ritrovano a misurare le proprie aspirazioni, vite, atteggiamenti anche in relazione alle istituzioni – ha affermato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo all’incontro -. Attraverso l’esperienza del servizio civile abbiamo offerto ai giovani la possibilità di crescere nella consapevolezza dei valori della solidarietà e della responsabilità condivisa, che hanno un ruolo centrale nel Magistero sociale della Chiesa, ma anche della partecipazione democratica alle sorti del Paese”. Oggi, a pochi giorni dalle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è importante ricordare, secondo mons. Crociata, “come la partecipazione dei cattolici alla costruzione del Paese sia passata negli ultimi decenni anche attraverso l’esperienza di tanti giovani che, col servizio civile, hanno inteso apportare il proprio contributo al progresso della comunità e alla costruzione della cosa pubblica”. Non solo: “L’esperienza del servizio civile è stata e rimane per molti giovani anche una scuola di vita, nel senso che ha costituito per essi un momento per apprendere e vivere non solo alcuni valori, ma anche per imparare a compiere scelte personali. Il contatto con chi vive nel bisogno, in Italia e all’estero, ha fatto maturare una nuova sensibilità per il bene comune e l’attenzione all’altro, soprattutto se più debole”.

Cambiare la vita. “Come vescovi della Chiesa che vive in Italia, nel documento che traccia gli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, Educare alla vita buona del Vangelo, abbiamo sottolineato che ‘vanno incentivate proposte educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle persone, mediante l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che operano in questo ambito, anche a fianco dei missionari'”, ha ricordato il segretario della Cei, e “in questa direzione si pongono già le comunità, i centri diurni, le parrocchie, i centri di ascolto e di accoglienza, le cooperative di solidarietà sociale, i gruppi, le associazioni, gli istituti religiosi che hanno accolto e accolgono l’esperienza dei giovani in servizio civile”. “Senza presunzione, siamo convinti che, anche grazie all’opera degli obiettori di coscienza e ai giovani in servizio civile – ha aggiunto -, le condizioni di vita di molti poveri, che hanno bussato alla porta delle nostre comunità o che ci hanno incontrato sulla propria strada, siano migliorate”.

Utili antenne. Per il presule, inoltre, “non si rifletterà mai abbastanza sul significato profondo che, nella vita di un giovane, può avere il trascorrere alcuni mesi di servizio accanto a un malato terminale, a un disabile, a un anziano, a un immigrato, a un minore a rischio, a un tossicodipendente, a un dimesso dall’ospedale psichiatrico. È innegabile il tributo che tanti giovani devono proprio ad essi, sì ai poveri, perché certamente il loro volto resterà impresso nel cuore e nella vita”.Questo, ha concluso il vescovo, ha costituito una sfida per le stesse Chiese locali, perché le ha spinte a rileggere il proprio operato in termini di promozione, piuttosto che di assistenza, di liberazione, piuttosto che di semplice risposta a un bisogno concreto Gli obiettori di coscienza un tempo e i ragazzi in servizio civile oggi si sono rivelati utili antenne per cogliere i mutamenti che sono intervenuti nel mondo delle povertà in questi anni, contribuendo a dare risposte efficaci e adeguate ai tempi”. (Sir)