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SERBIA, ASSASSINATO IL PRIMO MINISTRO DJINDIC

Il premier serbo Zoran Djindic è stato assassinato mercoledì a Belgrado. Il primo ministro è stato colpito con due colpi allo stomaco davanti all’edificio che ospita i suoi uffici nel centro della capitale. Inutile l’immediata corsa in ospedale. Secondo le prime indagini l’agguato sarebbe stato compiuto da tre persone di cui però, al momento, si sono perse le tracce. Il governo di Belgrado nel frattempo ha proposto la proclamazione dello stato d’emergenza sull’intero territorio nazionale. Lo ha reso noto il vicepremier, Nebojsa Covic, al termine della riunione tenuta dall’esecutivo subito dopo l’omicidio. “Siamo molto colpiti dal gravissimo fatto dell’uccisione del presidente del Governo di Serbia, Zoran Djindjic, avvenuta questo pomeriggio. Si tratta di un grande crimine che condanniamo e ci aspettiamo che lo stesso sia fatto da parte di tutti”: sono le prime parole pronunciate da mons. Stanislaw Hocevar, arcivescovo metropolita di Belgrado e presidente della Conferenza episcopale di Serbia e Montenegro, appena appresa la notizia dell’attentato che ha decapitato il governo serbo.

“La Chiesa cattolica serba – ha poi proseguito mons. Hocevar – sta vicina agli abitanti di questa terra e nazione e desidera di fare tutto il possibile per mantenere la pace, la giustizia e il cammino della democrazia. Chiama alla grande responsabilità, alla preghiera e all’impegno per il bene e esprime piena speranza di potere, con l’aiuto di Dio, superare queste grandi difficoltà sulla via del progresso”.

La Chiesa cattolica in Serbia conta circa mezzo milione di fedeli, molti dei quali sono presenti nel territorio della Vojvodina. Il paese sta ancora soffrendo delle conseguenze della guerra di alcuni anni fa e risente dell’instabilità politica, come ha dimostrato la mancata elezione alla carica di presidente del leader più rappresentativo, Voislav Kostunica, che non è riuscito a superare il quorum richiesto. Ora, con l’uccisione di Djindjic, la situazione si complica ulteriormente.