Toscana
Senza lavoro o precario un toscano su cinque
Sono oltre 445mila i disoccupati o sottoccupati in cerca di un impiego in Toscana, di cui poco più di 183 mila donne. Un esercito, pari a più del 19% della popolazione attiva, quasi un toscano su cinque è senza lavoro o ha un’occupazione precaria. A soffrire sono tante piccole e medie realtà distribuite su tutto il territorio, che rappresentano gran parte del tessuto economico regionale: 8.950 aziende sotto i 15 dipendenti che hanno fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga, l’ammortizzatore sociale volto a dare aiuto ai lavoratori che non rientrano nella cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Una grande platea che riguarda lavoratori a domicilio, apprendisti, lavoratori somministrati, soci di cooperative e lavoratori a tempo indeterminato non coperti da altri ammortizzatori.
Il dato, pressoché uniforme in tutte le provincie, emerge dalla ricerca effettuata dai consiglieri regionali Marina Staccioli (Gruppo misto, vicepresidente Commissione emergenza occupazionale) e Nicola Nascosti (Pdl, vicepresidente Commissione attività produttive). «Un segnale inequivocabile di sofferenza del settore – dicono – soprattutto se confrontato con i dati dell’anno precedente».
La maggioranza delle richieste proviene da aziende con sede in provincia di Prato (24%) e Firenze (21,9%), rilevante anche la quota di richieste di aziende aretine (14,9%), pisane e pistoiesi (rispettivamente 11,1% e 10,9%). Una partita, quella della cassa integrazione in deroga, da più di 600 milioni di euro.
A far paura anche il numero delle crisi aziendali: solo in provincia di Firenze sono 50 le vertenze aperte, di cui 20 nel capoluogo, 14 tra Sesto, Campi e Calenzano, 4 tra Scandicci e le Signe, altrettanti nell’Empolese Valdelsa e nel Chianti, 3 nel Mugello e una nel Valdarno.
Più nel dettaglio, a guidare la classifica della disoccupazione in termini assoluti è ancora una volta Firenze, con oltre 100mila iscritti ai Centri per l’impiego, di cui 10mila registrati solo nei primi 5 mesi del 2012, segue Lucca (56mila circa), Livorno (47.342), Pisa (46.040), Arezzo (40.200), Pistoia (37.932), Prato (33.582), Massa Carrara (30.429), Siena (27.159), Grosseto (26.225).
La premessa generale è che l’Italia è un paese in fase di invecchiamento. In Toscana il fenomeno è particolarmente accentuato: la popolazione con meno di 30 anni è appena il 26% del totale (in Italia siamo al 30%). Fino a 24 anni non esiste una differenziazione tra maschi e femmine. Con il crescere dell’età, invece, le ragazze aumentano sensibilmente rispetto ai maschi. Sulla base del livello di istruzione, il fenomeno riguarda per il 43% chi possiede bassi livelli di istruzione, per il 42% chi ha un diploma e per il 15% i laureati. «Le indagini sul campo – spiegano i ricercatori – sempre più non riescono a coinvolgere i veri soggetti marginali, perché essi rifiutano l’intervista così come si arrendono prima nella ricerca di un lavoro».
I territori di appartenenza e il livello di istruzione, dicono i ricercatori, hanno un peso rilevante sulle aspettative. Ma l’indagine ha fatto anche emergere che il diploma, rispetto a qualche anno fa, protegge meno di quanto non faccia la laurea.
La ricerca dell’Irpet conferma che il nodo che emerge con maggior forza è quello della qualità del sistema della formazione, della scuola e anche dei percorsi universitari. Rispetto a questo, hanno sottolineato che, per quanto sia vero che ci siano richieste di figure professionali particolari, non esistono luoghi di formazione per rispondere alle richieste. Caterina Bini è convinta che «i nostri indirizzi di politica istituzionale dovranno guardare con forza e incisività al tema della formazione, perché dalla ricerca emerge che non funziona, mentre in alcune realtà straniere è molto efficace».