Sono circa 8.000 a Roma e 1.000 a Firenze le persone senza fissa dimora, che vivono in strada, in strutture di accoglienza o in condizioni abitative precarie. Sono in maggioranza uomini(80%), stranieri (90%), con una altissima percentuale di giovani sotto i 30 anni (83%) e di migranti forzati (40%). Sono le cifre fornite oggi pomeriggio da Medici per i diritti umani (Medu), durante la presentazione a Roma del volume Città senza dimora. Indagine sulle strade dell’esclusione, frutto di un lavoro realizzato nell’arco di sei mesi tramite una unità di strada che ha dato assistenza sanitaria e informazioni ai senza dimora della capitale. In questo periodo l’organizzazione ha incontrato 113 pazienti ed effettuato 600 visite mediche, fornendo orientamento ad oltre 1.000 persone. Non ci interessa solo curare le persone ha detto Alberto Barbieri, direttore di Medu ma anche testimoniare il diritto alla salute, che in questo momento in Italia non è garantito allo stesso modo per tutti. La presenza nelle città di così tante persone sulla strada, ha aggiunto Maria Aude Tavoso, di Medu, rappresenta la cattiva coscienza della società e la mancanza e l’inefficacia dei servizi sociali. La strada è il luogo in cui l’inconscio collettivo si esprime in tutta la sua crudeltà, si nutre di paranoia mediatico-politica. A Roma, ad esempio, sono numerosi i luoghi della vergogna dove gli stranieri abitano in condizioni precarie: le principali stazioni; la baraccopoli di Ponte Mammolo con gli eritrei; il Selam Palace sulla Collatina, un decadente edificio occupato da 700 eritrei, somali, etiopi, sudanesi; l’ex terminal dell’Ostiense con centinaia di afgani; il Centro Ararat a Testaccio dove vivono i curdi. Molti di loro hanno le potenzialità per diventare richiedenti asilo o sono già rifugiati, ma a causa delle carenze del sistema di accoglienza nazionale per richiedenti asilo e rifugiati Sprar (che ha a disposizione solo 3.000 posti in tutta Italia), rimangono in strada. Solamente a Roma vi sono 1200 migranti forzati nelle liste d’attesa del Comune, con tempi di attesa di sei mesi prima di poter entrare nei centri. Un numero assolutamente insufficiente ha commentato Barbieri se paragonato ai 30.000 posti a disposizione in Francia. Un sistema che, per la sua inadeguatezza, produce continuamente nuovi homeless. La situazione degli italiani senza fissa dimora è un po’ diversa: il 75% dei pazienti italiani intervistati (molto difficili da avvicinare perché diffidenti nei confronti di istituzioni ed associazioni) supera i 30 anni d’età, il 13% sono donne, finiscono in strada a causa di eventi traumatici come lutti, malattie, separazioni, tossicodipendenza, alcolismo, disagio psichico. La strada per gli italiani è il punto d’arrivo di un lungo percorso verso l’esclusione ha fatto notare Tavoso -. Per i migranti è invece il luogo di partenza, nella speranza di un futuro migliore. Ma se non riceveranno risposte, anche loro si troveranno nella stessa condizioni di esclusione. Per la giornalista Nicoletta Dentico, già direttrice della sezione italiana Medici senza frontiere, la situazione, in questo senso, sta peggiorando, perché le protezioni sociali si vanno restringendo. Se gli italiani sono in difficoltà a causa della crisi, per chi è già emarginato sarà l’inizio della fine. Dentico ha criticato duramente quanto accaduto al campo rom di Torino: E’ una aberrazione inenarrabile, e purtroppo non riguarda solo Torino. Da cattolica praticante, ha poi lanciato un appunto, motivato da ripetute richieste alla parrocchia per aiutare famiglie rom e pakistani che vivono in strada, nel suo quartiere: Ora i parroci non possono più accogliere chi non ha il permesso di soggiorno. Questo vuol dire che la Chiesa sarà costretta ad aiutare chi ha meno bisogno? E ha concluso con una provocazione: E’ ora di cambiare approccio. Non possiamo fare solo assistenza senza un’azione politica unitaria a difesa dei deboli. Altrimenti continueremo a fare tanti bei rapporti, tante belle conferenze stampa, ma non serviranno a cambiare la realtà. (Sir)