Toscana
«Sentinelle», insieme per la pace
Sottoscritto a Firenze da sessanta gruppi e associazioni cattoliche un «manifesto» sui temi della pace, dello sviluppo e della globalizzazione. Nel suo intervento l’arcivescovo di Firenze, mons. Ennio Antonelli, ha chiesto che la globalizzazione sia ispirata da valori alti è ha dato voce alle richieste dell’associazionismo cattolico: «Noi diciamo no al terrorismo internazionale, no alla guerra preventiva, no alla globalizzazione pilotata dalla finanza internazionale a scopo di lucro». Ecco il testo integrale del suo intervento:
Innanzitutto è bello e necessario dare visibilità alla nostra unità in Cristo, al di là delle legittime differenze. L’unità dei credenti in lui è stata al centro della sua preghiera nell’ultima cena e costituisce il presupposto di ogni evangelizzazione. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
La nostra comune fede in Gesù Cristo dà estrema serietà e urgenza alla nostra responsabilità verso gli altri uomini, quando li vediamo nel bisogno, materiale o spirituale che sia. Abbiamo ascoltato proprio adesso una pagina del Vangelo, verso la quale dobbiamo mantenere sempre vigile la nostra attenzione. Quello che avete fatto ai miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me (cf. Mt 25,40). Questa parola, afferma Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, fa diventare la questione etica una questione di cristologia, mette cioè alla prova la nostra fede in Gesù Cristo (cf. NMI 49).
A riguardo, mi piace citare un testo straordinario di Giorgio La Pira, il mai dimenticato sindaco di Firenze, il sindaco santo. Egli, sulla base dell’affermazione teologica di San Tommaso d’Aquino (S.Th., III, 18, 3), secondo cui Cristo è il capo di tutti gli uomini, nessuno escluso, si domandava: «Non è evidente allora che non vi è problema umano, evento umano, gioia umana, dolore umano, speranza umana, che non sia anche problema di Cristo, evento di Cristo, dolore di Cristo, gioia di Cristo, speranza di Cristo? [ ] Noi siamo uomini del nostro tempo: un tempo che siamo tenuti a scrutare: un tempo che, come tutti i tempi, ha problemi umani più particolarmente marcati: problemi che sono connessi, in certo senso, con la stagione storica di cui esso è portatore: che hanno una risonanza vasta ed una dimensione vasta. Ebbene: questi problemi umani, che danno animazione e colore, per così dire, all’epoca nella quale viviamo, sono problemi di Cristo?
La risposta non può essere dubbia, ormai: se sono problemi umani, se toccano la vita degli uomini il loro nutrimento e il loro vestimento spirituale e fisico; la loro sete di grazia e di acqua; la loro libertà interiore ed esterna; la loro vita celeste e terrena questi problemi umani sono problemi di Cristo: per la soluzione di essi vale la sentenza finale, semplice e severa: l’avete fatto a me; non l’avete fatto a me!» (Relazione alla Settimana internazionale degli intellettuali cattolici, Parigi 1954).
Allora, dobbiamo aggiungere, i problemi della globalizzazione e della pace sono problemi di Cristo. Non semplice questione di etica, ma per noi cristiani questione di cristologia.
Noi come Chiesa siamo chiamati a essere segno visibile ed efficace della presenza salvifica del Signore Gesù nel mondo. Possiamo esserlo nella misura in cui accogliamo nella fede e incarniamo nella testimonianza personale e nell’azione culturale e sociale il suo amore misericordioso verso tutti gli uomini; nella misura in cui le ferite fisiche, sociali e spirituali dell’umanità trovano una risonanza profonda nel nostro cuore e si traducono in impegni precisi.
Anche a riguardo del processo di globalizzazione spetta ai cristiani laici, assumendo come criterio di giudizio la dottrina della Chiesa nel suo insieme (non una parte soltanto di essa) e cercando di acquisire competenza, anche scientifica, nei vari ambiti, fare analisi e formulare proposte concrete e operative.
Ho molto apprezzato il documento che avete elaborato e che oggi consegnate ai rappresentanti delle istituzioni e all’opinione pubblica. L’ho apprezzato sia per l’ispirazione ideale che per la competenza specifica sui problemi, sia per l’atteggiamento costruttivo che per la concretezza delle proposte.
A partire da questa visione e da questo progetto sul mondo attuale, coerenti con la dottrina sociale della Chiesa, si potrà dialogare e collaborare con i soggetti di altra matrice culturale e religiosa, senza venir meno alla propria identità.
In questo modo pensiamo di essere fedeli alla vocazione eminentemente culturale di Firenze.
E’ davvero singolare questo appello alla competenza scientifica che viene da un uomo che era accusato di fare poesia e utopia. Egli era certo traboccante di idealità, di generosità e di entusiasmo contagioso, ma era una persona seria e si rendeva conto che il buon cuore da solo non risolve i problemi, anzi a volte li può persino aggravare.
La globalizzazione è un flusso inarrestabile e immenso di informazioni, immagini, denaro, merci e persone su scala planetaria, reso possibile dall’odierno progresso tecnologico. Essa offre grandi opportunità per vincere mali endemici che pesano ancora su tanta parte dell’umanità (quali la fame, le malattie, l’ignoranza) e nello stesso tempo produce effetti estremamente negativi come la diffusione di una mentalità materialista e consumista e il divario crescente di istruzione, tecnologia, capacità produttive e reddito, tra paesi diversi e a volte all’interno di uno stesso paese. «Non soltanto la tecnologia e l’economia sono state globalizzate, ma anche l’insicurezza e la paura, la criminalità e la violenza, l’ingiustizia e la guerra» (GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Caritas italiana, 2002)
E nell’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre scorso, il Papa ribadiva con forza: «Il terrorismo è e sarà sempre una manifestazione di disumana ferocia, che, proprio perché tale, non potrà mai risolvere i conflitti tra esseri umani. La sopraffazione, la violenza armata, la guerra, sono scelte che seminano e generano solo odio e morte. Soltanto la ragione e l’amore sono mezzi validi per superare e risolvere le contese tra le persone e i popoli. E’ tuttavia necessario e urgente uno sforzo concorde e risoluto per avviare nuove iniziative politiche ed economiche capaci di risolvere le scandalose situazioni di ingiustizia e di oppressione, che continuano ad affliggere tanti membri della famiglia umana, creando condizioni favorevoli all’esplosione incontrollabile del desiderio di vendetta. Quando i diritti fondamentali sono violati è facile cadere preda delle tentazioni dell’odio e della violenza. Bisogna costruire insieme una cultura globale della solidarietà, che ridia ai giovani la speranza del futuro».
La risposta strategicamente più valida al terrorismo globalizzato è la globalizzazione della solidarietà, un’azione comune per lo sviluppo integrale, una paziente costruzione di strutture e dinamismi di giustizia e di fraternità su scala planetaria. In un mondo, divenuto piccolo, è illusorio, oltre che ingiusto, pensare di difendere la prosperità dei paesi ricchi chiudendosi come in una fortezza assediata.
Non c’è alternativa alla globalizzazione della solidarietà e della pace.
Il documento: La pace condizione essenziale per lo sviluppo globale
Il saluto dei vescovi toscani: Dare un’anima alla globalizzazione
Primo piano: Pace e sviluppo, tornano le «sentinelle»
Per le sintesi degli interventi, consulta il sito: