Opinioni & Commenti

Segnali positivi dal mondo

di Romanello CantiniIl Natale è in genere sinonimo di pace. Possiamo allora domandarci quanta di quella pace che fu promessa nella notte di Betlemme ci sia fra gli uomini del presente. E la fine dell’anno si presta ai bilanci, al check-up sullo stato del mondo. Ebbene, se vogliamo dare subito un giudizio sommario, si può dire che ora arrivano meno brutte notizie dal pianeta Terra. Rimangono come sempre le ombre. Nonostante il recente accordo di Montreal che ha prolungato oltre il 2012 il protocollo di Kyoto sul clima il futuro ambientale del pianeta rimane inquietante. L’ingresso di miliardi di uomini, dalla Cina, all’India, al Brasile nella fase della industrializzazione con la sua fame di energia e la sua aggiunta di inquinamento rende sempre più evidente quella crescente scarsità delle risorse di cui l’aumento del prezzo del petrolio è solo l’indice più avvertito. Prima o poi, se non vogliamo uccidere la sola terra che abbiamo, dobbiamo smettere tutti di vivere al livello dei consumi degli americani, a cominciare dagli americani stessi. Credo che anche il Papa, quando in questi giorni ha messo in guardia contro il consumismo, non pensasse solo al panettone.Si sono fatti pochi passi avanti per combattere la povertà nel mondo anche se nel giugno scorso a Londra si è deciso di cancellare completamente il debito di 18 paesi poverissimi. Al di sotto delle necessità essenziali rimane anche la lotta contro le malattie a cominciare dal flagello dell’Aids che provoca ancora ogni anno tre milioni di morti. E tuttavia, accanto ai drammi di sempre, appaiono anche barlumi di speranza. Non sappiamo ancora se la guerra in Iraq è una malattia cronica oppure si avvia verso una sua convalescenza. In Palestina si è avuto in pratica un anno di tregua e la svolta sorprendente di Sharon anche se il negoziato vero e proprio è ancora lontano. Nell’insieme la guerra non è certo scomparsa, ma si fa vedere meno in giro. Non c’è in vista nessun cartello che ci indica che siamo a pochi chilometri dalla pace universale e tuttavia negli ultimi dieci anni in Europa si sono chiuse le pagine sanguinose della Bosnia e del Kosovo. In Africa è finita la guerra in Ruanda, nel Burundi, nello ex-Zaire, in Liberia, nella Sierra Leone, nella Costa d’Avorio. Si sono spenti anche conflitti che duravano da decenni come in Mozambico, in Angola, nel Sudan (nonostante gli eccidi nel Darfur) e sono guerre che in totale hanno fatto milioni di morti.Da più parti giungono conferme di questo parziale, ma significativo arretramento della guerra. Dei cinquanta conflitti aperti nei primi anni Novanta del secolo scorso ne rimangono ora una ventina.

Negli ultimi anni è cresciuta anche la democrazia. Trenta anni fa solo in un terzo degli stati del pianeta si tenevano elezioni libere. Oggi il rapporto si è rovesciato e la democrazia sta diventando la regola mentre ieri era solo una eccezione. Più democrazia vuol dire anche meno pericoli di guerra. Le dittature sono tentate più facilmente dalla aggressione e le democrazie piombano più difficilmente in una guerra civile.

Negli anni Settanta del secolo scorso erano date per certe le profezie apocalittiche sulla superpopolazione del pianeta. Il famoso Club di Roma prevedeva, ad esempio, una terra zeppa di quindici miliardi di abitanti per la metà di questo secolo. Oggi gli ultimi studi demografici ci dicono che ci saranno probabilmente otto miliardi di uomini nel mondo nel 2050 e che, nella seconda metà del secolo, la popolazione mondiale dovrebbe cominciare a diminuire. Va aggiunto che questa riduzione del tasso di crescita della popolazione non è dovuto tanto a pratiche anticoncezionali o addirittura abortistiche, ma soprattutto all’aumento delle scolarizzazione che ritarda nei paesi del Terzo Mondo l’età del matrimonio.

Non è il caso di ubriacarsi di ottimismo, ma nemmeno di abbandonarsi al pessimismo e, peggio, alla rassegnazione e al fatalismo. Le novità positive che emergono sono anche il frutto di un nuovo attivismo degli organismi internazionali, ma anche di una crescente attenzione e mobilitazione della società civile sempre meno distratta rispetto ai grandi problemi del nostro tempo.