Lettere in redazione
Se il trionfo dell’Inter cancella una tragedia
La Farnesina ha confermato che non c’erano italiani a bordo del Boeing 737-800 uscito di pista ed incendiatosi dopo l’atterraggio nella città indiana di Mangalore. Oltre ai sopravvissuti, i nove passeggeri vivi perché avevano rinunciato al volo, secondo la lista di 169 nomi della compagnia indiana da cui risulta anche la presenza sul velivolo di 22 bambini, forse non s’imbatteranno mai, con la dovuta risonanza che la drammatica vicenda vorrebbe, nelle prime pagine delle testate italiane di domenica 23 maggio 2010. È una speranza mascherata da incrollabile certezza, perché veder relegare dalla cronaca giornalistica dei maggiori mass media italiani una simile sciagura in angusti e modesti spazi, avvilisce chi, pur non coinvolto, avrebbe voluto partecipare allo strazio dei parenti delle vittime chiedendo solo un resoconto che non somigliasse ad una sommaria liquidazione in poche righe.
Sa qui a molti anni ogni 22 maggio sarà soltanto celebrata la ricorrenza dell’atteso trionfo nerazzurro al Santiago Bernabeu, gioioso tripudio di un popolo in festa e formidabile veicolo promozionale per le più disparate multinazionali. Ci chiediamo perché l’opinione italiana non venga stimata così sensibile al punto d’interessarsi ad una vicenda senz’altro remota, eppur tuttavia capace di muovere al coinvolgimento chiunque ed a qualsiasi latitudine.
Ma forse la «nobiltà» dei sentimenti è caduta in disuso, non è di moda, sembra appartenere ad un passato di cui non rimane neanche la nostalgia, se non proprio il ricordo. L’assenza dei grandi ideali: politici, religiosi, sociali, produce un vuoto nell’anima che viene colmato dal gossip e dalle manifestazioni pseudo sportive (così intendo un calcio che non punta sui sani principi dello sport, ma sul mercato, le scommesse e tutti gli altri interessi che ruotano intorno al guadagno). Quindi, perché dare importanza alla notizia di un disastro aereo in cui perdono la vita 158 operai, dove non vengono annoverati personaggi famosi della politica, dello spettacolo, o almeno un italiano che possano, al di là del fatto di appartenere al genere umano (espressione che viene ormai utilizzata solo nei documentari), richiamare un qualche senso di appartenenza o di familiarità; così come ci appaiono «familiari» gli attori, le showgirls, i calciatori, ma anche i politici, i magnati dell’industria, i serial killers ed in generale tutte quelle figure che ci propongono i media e che suscitano l’ammirazione, o il piacere morboso dell’annuncio scabroso.
È certamente piacevole sapere che una squadra «nostrana» vinca la coppa dei campioni. Sono il primo ad essere veramente compiaciuto della vittoria dell’Inter. Provo tuttavia rammarico che la notizia di un fatto sportivo eclissi quella di una tragedia, in qualsiasi parte del mondo avvenga e qualsiasi ceto sociale coinvolga, indipendentemente dal ritorno in termini commerciali che ciascun annuncio possa ottenere.
Domenica scorsa il più autorevole quotidiano italiano dedicava alla vittoria dell’Inter sul Bayern di Monaco ben sei pagine di «primo piano» nella prima parte del giornale (dalla 10 alla 15), oltre ad un evidente richiamo in prima pagina. L’incidente aereo dell’Air India Express a Bajpe lo troviamo con una certa evidenza alle pagine 22 e 23. Non lo si può quindi accusare di aver minimizzato la tragedia indiana, costata la vita a 160 persone. Casomai di aver dato eccessiva importanza all’altra, quella della vittoria interista in Champions League. So che altri media in particolare i tg hanno fatto anche molto peggio.
Ma soffermarsi solo su questo caso può essere fuorviante. La riflessione dovrebbe essere più ampia. Le notizie, come dicono gli anglosassoni, «le fanno i giornalisti». Ma le responsabilità sono anche degli utenti. Siamo noi che ci commoviamo per un bambino che muore vicino a noi, ma siamo del tutto indifferenti verso i 26 mila bambini che ogni giorno muoiono di fame nel mondo. Siamo noi che andiamo a cercare le notizie di ciò che avviene molto vicino a noi, che ci parla di sesso, soldi o sangue, oppure che è curioso e stravagante o che ci può minacciare da vicino. Quando compro un quotidiano, o decido di vedere un tg, non so ancora cosa contiene e posso anche disapprovare la scelta e la scaletta delle notizie di quel giorno. Ma se abitualmente lo compro o lo vedo vuol dire che alla fine mi ci ritrovo in quel modo di fare informazione. Che lo accetto.
Chiediamoci allora da consumatori di notizie se abbiamo l’informazione che ci meritiamo. Oggi, grazie ad internet, le possibilità di informarsi si sono dilatate fino all’inverosimibile. So bene che in rete circola anche tanta spazzatura e le «bufale» prolificano. Ma se impariamo a cercare con cura troviamo notizie che nessuno dei nostri media riesce a darci. E se chi produce informazione si accorge che le richieste degli utenti cambiano, è possibile che si adegui, magari anche solo per vendere una copia in più.