I poveri stanno accanto a noi, ma non li vediamo; talora ci imbattiamo in un mendicante, vale a dire un essere umano bisognoso che comunica la sua condizione e perciò ci costringe ad accorgerci di lui, a reagire, ognuno a modo proprio. Ma molti più sono quelli che ignoriamo.I poveri in Italia, secondo l’ultimo studio della Caritas, sono almeno 7 milioni e 600 mila. L’11% della popolazione vive sotto i parametri del «tasso di povertà», una percentuale che sale al 13,5% al sud. Dunque i poveri non si trovano solamente in Africa e nell’emisfero sottosviluppato, drammatico stato che è diventato paradigma, pretesto di primi piani per spettacolarizzazione della carità, che quando è autentica invece è silenziosa. In verità, centinaia di migliaia muoiono giornalmente nel mondo nel silenzio dei media, nell’impotenza degli organismi internazionali e nell’accidia delle coscienze. Indigenza e povertà non comportano poi unicamente fame e sete, ma minore istruzione e dunque esclusione dai processi di sviluppo sociale e umano, nonchè minore possibilità di esercizio dei diritti e minore accesso alle cure sanitarie, come se pure il diritto alla vita fosse per loro affievolito.Se la massa dei diseredati è sterminata nel mondo e perfino nel ricco Occidente sta aumentando il disagio, allora c’è da credere che qualcosa non vada nel nostro sistema di sviluppo. Lo sviluppo deve essere per l’uomo. Uno sviluppo economico semplicemente materiale, che però non si curi dell’emancipazione dal bisogno di tutti, nessuno escluso, umani e per il quale sia indifferente l’avanzamento culturale e spirituale dell’uomo, è fonte di ingiustizie, inquietudini, tensioni e minacce alla convivenza tra i popoli e alla pace. Occorre dunque una crescita che assicuri l’acquisizione del necessario a un’esistenza degna per ogni persona e per l’intera comunità dei popoli, e il riconoscimento dei valori umani e della loro sorgente e del loro termine.Il Concilio Vaticano II ha ricordato: «Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, dimodochè i beni della creazione devono equamente affluire nelle mani di tutti, secondo la regola della giustizia, ch’è inseparabile dalla carità». Pertanto che la carità non serva a liberare la coscienza di coloro che hanno avuto maggior fortuna e maggiore parte dei beni della creazione destinati alla comunità e alla comunione tra gli uomini, ma sia finalizzata ad alleviare il bisogno, alla rimozione delle cause della povertà, dell’esclusione e alla promozione umana. Il compito della solidarietà spetta a tutti. E molti sono quanti, nel silenzio dell’informazione, fanno la loro parte.Fulvio Turtulici