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Se il fratello ladro si porta via anche la corda della campana
Un parroco della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, esasperato dai continui furti nelle cinque chiese che gli sono state affidate, ci ha inviato questa «lettera aperta», che interpella non solo i credenti, ma l’intera collettività dal momento che i tesori d’arte custoditi nelle nostre chiese sono un patrimonio di tutti.
Ma poi sono sceso in chiesa e ho notato che la cara statua di San Vincenzo de’ Paoli con due malatini in braccio non c’era più. La cassetta delle offerte per il «pane dei poveri» è aperta da anni e quella c’era, naturalmente vuota, dato che nessuno crede ormai che da noi ci siano poveri bisognosi di una pagnotta.
Ti dirò che dalla mia chiesa, un tempo «insigne collegiata» i fratelli ladri hanno portato via da dodici anni che son qui, la mensa dell’altar maggiore, 56 candelabri di bronzo del ‘700 con relative croci, un leggio, diverse belle tovaglie ricamate a mano da donne piissime d’altri tempi, la porticina del tabernacolo, un delizioso Gesù Bambino del XIV secolo dal braccio della Madonna, uno stemma dall’altare di San Bernardino da Siena, due angeli lignei dall’altare del Sacro Cuore, il quadro della Madonna del Buon Consiglio, due cassapanche ecc.
Pensi forse che sia così sprovveduto da non aver dotato di moderni sistemi d’allarme la mia chiesa? Ti dirò che ne ho tre, il cui abbonamento grava notevolmente sul magro bilancio parrocchiale e, detto fra noi, mi sono stati imposti, ma non servono a nulla.