Vita Chiesa
Se il catechista impara a parlare con le immagini
di Fabio Barni
Troni, dominazioni, vincastro e olio d’esultanza. Meglio lasciar perdere, almeno nelle ore di dottrina, davanti ai più piccoli. Perché con i giovani, e forse non soltanto con loro, è meglio parlare un linguaggio diretto e comprensibile, senza dare per scontati certi termini o, peggio che mai, limitarsi a quelli. Parola di don Antonio (Tonino) Lasconi, parroco a Fabriano, dov’è nato e dove dirige l’Ufficio catechistico diocesano, e autore di numerosi libri fra i quali quel «Gesù il grande rompi» che sulle prime lasciò a dir poco perplesse, visto il titolo, le Edizioni Paoline. Per il sacerdote e catechista, che è pure saggista e giornalista, nelle aule parrocchiali è l’ora di parlare il linguaggio di chi ascolta, quello dei giovanissimi, per giunta sapendo utilizzare i loro mezzi, tv, internet ed sms compresi.
Sull’immagine, non necessariamente quella sacra, don Antonio Lasconi punta deciso. Parla di pubblicità e si sa quanto ammiri i suoi artefici; non per i messaggi che mandano, certo, ma per come li mandano. Così, allo stesso modo, «per comunicare Gesù ci vuole il meglio delle immagini, delle parole e delle competenze». «Qualcuno mi dice che gli piaceva di più il catechismo senza immagini. Se obbediamo a Cristo, però, dobbiamo attrezzarci a evangelizzare, oggi, questa gente qui», avverte il sacerdote. Insomma, non si scappa.
Beninteso, le parole restano importanti, centrali. L’ipotesi di don Tonino non è quella di un catechismo modello pubblicità, sola immagine e poca sostanza. Anzi. Ma anche a proposito di parole «non dimentichiamoci che alcune hanno cambiato significato nell’uso corrente. Se oggi dico che “Dio è pietoso” – sottolina Lasconi – nel linguaggio comune non ispiro granché». Il problema di fondo, secondo il sacerdote di Fabriano, è che «ci sono ragazzini che, tre mesi dopo la cresima, è come non avessero sentito mai parlare di Gesù». Non gli è rimasto impresso, insomma. «Non ci dobbiamo però scoraggiare – dice ancora – Impariamo a utilizzare tutti gli strumenti della comunicazione. Per i catechisti è il minimo sapersene servire». Sul linguaggio da adottare, i catechisti non dovrebbero trovare troppe difficoltà. «Le catechiste, ma anche i catechisti, i bambini ce li hanno generalmente in casa – rileva don Lasconi – Sanno come parlare con loro e sanno come guardare, criticamente, la tv in loro compagnia. Solo che quando escono di casa e vanno a fare catechismo, cambiano. E fanno una lezione come a scuola. Noi, per annunciare Gesù, che merita le parole più convincenti e le immagini più belle, dobbiamo fare qualcosa di diverso». Possibilmente, di meglio.
Allora, immagini e parole insieme, tanto per cominciare. «Anche i telegiornali, quando danno una notizia, si servono di una diapositiva perché si capisca subito di chi o di che cosa si parla». «La parola va prima al cervello e poi al cuore – continua il parroco fabrianese – L’immagine va prima al cuore e poi al cervello e chi fa pubblicità prova a far sì che non raggiunga il cervello». Chi insegna Gesù deve fare in modo, invece, che l’immagine colpisca il cuore e che vada alla mente, la stimoli.
Ma al di là del catechismo, tornando ai messaggi tv, don Lasconi lancia anche un avvertimento. «Mi capita spesso di parlare con signore che mi dicono di seguire un programma o l’altro mentre fanno le faccende o che mi riferiscono che i loro figli guardano la tv mentre giochicchiano. Attenzione: sono quelli i momenti nei quali si assorbe di più», senza il minimo di critica.
In un catechismo nuovo e per immagini, è ovvia conseguenza che «non si possa rinunciare a parlare, al momento critico. Anche su quello che i ragazzi vedono tutti i giorni – sottolinea Lasconi – Se non siamo noi a fare arrivare al cervello quello che la pubblicità non vuole che arrivi, chi altro può farlo?». Come procedere? «Suscitiamo le domande nei bambini. È lo stesso Gesù risorto a cercare la domanda».
Un suggerimento anche per la Messa. «Che sia calda ma senza banalizzare – suggerisce ancora il parroco marchigiano – Ai bambini dobbiamo dire che la messa è per i grandi ma che loro sono graditi ospiti».
Internet, il telefonino, i trucchi della pubblicità…