Opinioni & Commenti

Se i comportamenti dei ragazzi chiamano in causa gli adulti

di Franco VaccariCosa dire di questa nuova ventata di titoli su violenza e infanzia, violenza e adolescenza? Finalmente? Finalmente, se ne parla? Forse no. Purtroppo? Neanche. Sa di rassegnazione davanti a cose su cui non ci si può rassegnare mai. Non è mai troppo tardi? Assolutamente no, dal momento che, al contrario, è sempre troppo tardi quando un bambino o un ragazzo riceve una violenza, anche se l’orco è un orchetto.

Sta forse succedendo come per l’anoressia. Il problema è grave ed esiste, da tempo, ma la morte di Ana Carolina Reston Macan, top model brasiliana di 21 anni, lo sbatte in prima pagina. Perché? Perché il sistema dell’informazione è complesso e circolare. Ciascuno lo subisce e ne è responsabile. Vogliamo che si parli di un certo fenomeno, di situazioni di grave ingiustizia, ma, non appena questo si fa, subito siamo presi da un senso di disagio. Non è quello che desideravamo.

Perennemente insoddisfatti? No. Semplicemente preoccupati per un sistema che lancia grida e fa poco. Le grida eccessive, per fenomeni noti a chi li studia e a chi ci soffre, preparano l’ormai prevedibile silenzio tombale che dopo poco calerà. Ovunque, chiunque, a qualunque titolo, può dire, in queste ore, qualunque cosa sul tema «violenza – di, a, da, in, con, su, per, tra, fra – bambini». Anzi, se questo è l’argomento che adesso «tira», parlandone si è «tirati» sulla ribalta.

Le ricerche serie ci offrono panorami allarmanti sui contesti in cui questa violenza si produce e si manifesta. Sembra non esistere più luogo sicuro; sembrano, soprattutto, non esistere sensibilità e criteri di valutazione e giudizio. A una tolleranza imbelle che cova forme diverse di violenza, seguono, nel chiasso mediatico, reazioni sproporzionate e scomposte, allarmi inconcludenti. Cinismo dove ci vuole pietà, carità dove ci vuole giustizia, pietismo dove ci vuole fermezza. Rovesciamenti d’epoca.

Tra le ultime novità, segnali positivi giungono dalla rete che si ribella a questa violenza. I luoghi dove si mandano video violenti vengono assaltati da chiari interventi di condanna e alcuni video vengono ritirati. Il luogo che accoglie tutto per la sua struttura anarchica e che non si autocensura su nulla – eccellenze e spazzatura, poesia e orrida violenza – dà un segnale etico. Anche la rete conosce il «limite»? Il cerchio sembra chiudersi. La violenza su giovani e bambini, di giovani e di bambini, si genera, si alimenta, si diffonde, poi si autocondanna, si reprime e… sparisce? Non credo.

Ma in tutto questo, gli adulti dove sono? Non si vuole certo colpevolizzare, ma occorre chiamare, responsabilizzare e trovare vie d’uscita con loro. Non bastano più le analisi. Perché ormai sappiamo cosa succede, ma non sappiamo cosa fare. Gli adulti non sono certamente tutti nella classe accanto a spogliarsi con gli alunni! Ma devono venire di più allo scoperto. Da troppo tempo si lamenta una voce, una presenza forte e autorevole nella vita quotidiana. Il controllo sociale è una forma decisiva per la qualità della vita, ma è un’esposizione, un rischio. Apostrofare uno che passa col rosso, richiamare uno sbruffone, rimettere a posto chi in qualche modo pesta i piedi a un altro, non permettere al furbo di turno di non fare la fila, anche questo è un adulto che manca nelle noste strade. Ma esiste nelle scuole e nelle nostre case?

Bulli «giustificati» in classe