Lettere in redazione

Scuola, riforme trovate «ni’ttide»

Caro Direttore,quando ero bambino, nei primi anni sessanta, era molto noto un detersivo che per un certo tempo fondò il suo successo commerciale su una strategia di marketing per l’epoca innovativa: in ogni scatola era contenuto un giocattolo (macchinina, bambolina ecc.). Questo faceva sì che quel detersivo, agli occhi di noi bambini, fosse senz’altro il migliore di tutti, e perciò spingevamo le mamme a preferirlo agli altri, prescindendo dalla effettiva qualità del prodotto. Risale appunto a quell’epoca la frase, assai nota a quelli della mia generazione: «o in do’ttu’ll’ha’trova(h)o! Ni’ttide?» Esclamazione che nasceva spontanea di fronte a cosa inutile o di poco prezzo e scarsa qualità, come poi si rivelavano in realtà essere gli agognati regali.

Le nuove contestate norme in materia scolastica, che Lei definisce «riforme condivisibili» (Scuola, riforme condivisibili), mi ricordano proprio i giocattolini e i gingilli che si trovavano nelle scatole di quel detersivo e lo rendevano così affascinante ai nostri occhi di allora. Proprio come «i’ttide» il nostro governo, veramente esperto in marketing (bisogna riconoscerlo, diamo a Cesare quel che è di Cesare), rifila i grembiulini e il voto in condotta distogliendo l’attenzione dal reale contenuto del resto del pacchetto, che non può certo essere definito riforma, trattandosi di una sfilza di norme in cui più o meno esplicitamente ricorre il termine tagli. Eppure è tutto chiaro, basta prendersi il testo della Legge (che ci vuole a procurarselo, è in internet) e farci su qualche semplice riflessione, porsi qualche domanda, proprio come don Milani insegnava a fare ai suoi ragazzi. A proposito, si immagina che cose avrebbe potuto realizzare don Milani se avesse potuto disporre di internet? Ma la maggioranza non lo fa, e abbocca, proprio come noi bambini facevamo «coi’ttide».

Come Lei giustamente conclude, i problemi della scuola (pubblica) sono ben altri, lascia però perplessi il fatto che gli interventi prioritariamente messi in atto riguardino proprio la scuola primaria, quella che funziona meglio. Non sarà che non ci sia la volontà di risolverli? Il dubbio, me lo consenta, è più che lecito.

Stefano CiappelliFirenze

La riforma della scuola è al centro del dibattito politico: non sarà quindi male riparlarne, caro Ciappelli, anche per chiarire cosa intendo per «riforma condivisa». Tutte le componenti politiche e culturali riconoscono che ormai è tempo di offrire ai nostri ragazzi una scuola rinnovata e diversa che sappia istruire con serietà e aiutare a crescere intellettualmente e moralmente. Soprattutto a misurarsi con culture e visioni ideologiche diverse, perché a questo ci obbliga una società che tende a diventare sempre più multietnica e multiculturale. Questo nella salvaguardia delle nostre radici e della nostra identità.

In quest’ottica vedo positivo – anche per esperienza diretta – la presenza di docenti di varia impostazione culturale e ideologica, purché questo non diventi un mezzo di indottrinamento, ma un aiuto al ragazzo e al giovane per confrontarsi e giungere a opinioni personali e meditate. Non abbiamo certo bisogno di persone che ragionano per slogan!

Una riforma del genere postula però una larga convergenza del maggior numero di forze presenti in Parlamento. Questa eviterà il rischio, già verificatosi, che una maggioranza diversa azzeri tutto e si ricominci da capo a parlare di riforma della scuola. È questa la difficoltà maggiore: non saper trovare di fronte alle riforme, pur necessarie, una qualche intesa e così si procede a colpi di maggioranza e a sterili no.

Alberto Migone