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Scuola, più tagli che sgravi
La notizia degli sgravi si affianca a quella dei tagli, ben più sostenuti, che riguardano il complesso della scuola pubblica e in particolare per le scuole materne non statali, valutabili in circa 200 milioni di euro. Tagli che avranno un effetto devastante. C’è chi ha stimato in circa 24 milioni di vecchie lire per ogni sezione il taglio del ministro, cosa che comporterebbe conseguenze pesantissime, compresa quella di un eventuale rialzo delle rette per le famiglie, altrimenti le scuole chiudono.
Con una mano si dà (poco, perché 90 milioni di euro, in tre anni, divisi per gli oltre un milioni di alunni delle scuole non statali sono spiccioli) e con l’altra si toglie (troppo).
Intendiamoci, la misura degli sgravi fiscali è dovuta. E’ un segnale positivo nella direzione di un riconoscimento effettivo della parità scolastica e della libertà di educazione. Ma restano le perplessità legate al quadro complessivo di sofferenza del mondo della scuola, alla riduzione di spese nei capitoli della sicurezza scolastica, della formazione dei docenti, la qualità e l’innovazione.
Il decreto taglia-spese ha suscitato un coro di proteste e forse qualcosa si può ancora fare in Finanziaria. Non è escluso che il governo ridiscuta i capitoli di spesa “intoccabili”. A sottolineare lo stato crisi va ricordato che i tagli non riguardano le previsioni per il prossimo anno, ma addirittura le spese di gestione del 2002, l’anno in corso. In sostanza hanno tagliato soldi promessi e non ancora trasferiti alle scuole, che magari li hanno già spesi. E adesso bisogna cambiare in corsa.
In questo quadro, le accuse spesso ideologiche e in malafede di sostegno alla scuola “privata” a scapito di quella “pubblica” hanno buon gioco. E un diritto decisivo, come quello della libertà di educazione, che comporta azioni conseguenti, compresa quella di adeguati finanziamenti alle scuole pubbliche non statali, finisce per attirarsi sguardi non certo benevoli.