Toscana
Scuola, fine anno tra rigore e tagli
DI ALBERTO CAMPALEONI
Sono cominciati gli esami di terza media che quest’anno coinvolgono quasi 600 mila studenti e devono misurarsi con una serie di novità. Anzitutto, come per le superiori e l’ammissione alla maturità, per essere ammessi all’esame di terza media quest’anno è necessario avere la sufficienza in tutte le materie, compreso il voto in condotta. Naturalmente, viste le polemiche delle settimane scorse, in chiave maturità, vale ricordare che anche alle medie il «meccanismo» che decide è quello del voto collegiale, in Consiglio di classe.
Un’altra novità importante riguarda la prova nazionale, il test dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione) previsto in tutte le scuole d’Italia il 17 giugno (le date delle altre prove sono fissate dai dirigenti scolastici, sentiti i collegi docenti). Il test in sé non è nuovo, visto che ha già debuttato negli anni scorsi. Il fatto nuovo sta nel suo «peso»: per la prima volta, infatti, anche questa prova farà media e concorrerà alla determinazione del punteggio finale insieme ai voti delle altre prove.
Il test proposto dall’Invalsi riguarda Italiano e Matematica. Si tratta di una prova oggettiva che comprende domande a risposta multipla e aperta. Viene elaborata tenendo conto di parametri standard per valutare il livello di apprendimento raggiunto dagli studenti, rispondendo all’esigenza di monitorare in modo omogeneo alcuni risultati scolastici in tutto il Paese.
Sempre a proposito dell’esame di terza media, il ministero si è fatto premura di sottolineare come, oltre alla scelta del maggior rigore nelle procedure di ammissione le sufficienze ricordate sopra la possibilità della «lode» per gli studenti «particolarmente meritevoli» che a conclusione di tutte le prove previste dall’esame raggiungono il punteggio finale di 10/10. I punteggi, infatti, si calcolano in decimi: sia per quanto riguarda le singole prove, sia per il voto finale.
Qualche giorno dopo la prova Invalsi nelle medie, scatterà la prima prova della «maturità», il 22 di giugno, un appuntamento con lo scritto di Italiano, comune a tutti gli istituti. Poi ci saranno seconda e terza prova e infine gli orali. Intanto, mentre sono ancora in corso gli scrutini, il ministero ha già provveduto ad informare che anche quest’anno, nelle superiori, c’è stata «maggiore severità». Con un comunicato, infatti, ha spiegato che i primi dati sui risultati dell’anno scolastico che si sta chiudendo riferiti agli scrutini per l’ammissione gli esami di maturità e alle classi dalla seconda alla quinta di un significativo campione di istituti superiori (licei, tecnici, professionali e artistici) di Emilia Romagna, Marche, Veneto, Puglia, Lombardia e Campania confermano l’andamento già registrato nell’anno precedente, «caratterizzato da una maggiore severità delle scuole».
I dati si riferiscono ai primi 200 istituti delle sei regioni dove sono già stati scrutinati 11.779 allievi. Secondo l’anticipazione, per quanto riguarda le ammissioni all’esame di maturità va registrato un incremento dei non ammessi, che sono quest’anno il 6,1%, mentre l’anno precedente nelle stesse scuole non venne ammesso all’esame il 5.5%. L’aumento dei non ammessi è dunque dello 0.6% che, come annota sempre il ministero, è «una percentuale in crescita costante nell’ultimo biennio. Se questa proiezione fosse confermata i non ammessi alla maturità sarebbero in Italia 28.500».
Anche per quanto riguarda i risultati degli scrutini delle altre classi delle scuole superiori, i dati disponibili segnalano un incremento dei non ammessi alle classi successive. «Rispetto all’11.7% dei non ammessi alla classe successiva del precedente anno scolastico spiega il ministero , quest’anno nelle stesse scuole la percentuale sale al 13.1%. Gli allievi promossi a giugno risultano quindi 62,9% mentre per più del 24% il giudizio è sospeso. Il 13,1% è la percentuale dei non ammessi. L’aumento delle bocciature si rileva soprattutto negli istituti professionali e nei licei. Diminuiscono invece i bocciati negli istituti tecnici».
Ci sarebbe qualche pensiero da fare sui dati. Tuttoscuola, ad esempio li mette in discussione, ribaltandoli. «Parlare di maggior severità scrive l’autorevole rivista scolastica sembra eccessivo, se si confrontano dati provvisori con dati provvisori dell’anno scorso e di quest’anno. Anzi, proprio dal confronto dei dati parziali dei due anni scolastici, si potrebbe parlare invece di minore severità, perché l’anno scorso (sempre dati provvisori) risultava promosso a giugno il 57,8%, mentre quest’anno la percentuale di promossi è salita di oltre 5 punti in percentuale (sempre dati parziali), attestandosi al 62,9%». La conclusione della rivista è che bisognerebbe essere «cauti» e aspettare i dati definitivi. Si potrebbe, a questo punto, riflettere sulla «fretta» e forse l’enfasi delle dichiarazioni su severità e rigore, quasi che la scuola si qualificasse a suon di bocciature. Non è così.
Tornando agli esami terza media come maturità il rituale è in fondo quello di sempre, come si può immaginare che quella di sempre sia l’emozione degli studenti, delle medie e delle superiori, che arrivano ad una tappa importante del loro cammino scolastico e non solo. Una tappa che vale, fatte le debite distinzioni per le età e il tipo di scuola, ben al di là della misurazione degli apprendimenti. È anche e forse soprattutto misura di un cammino complesso di crescita che insegna e permette e, anche, abitua ad affrontare le tante tappe successive che contraddistinguono non solo l’esperienza scolastica, ma la vita di ogni persona. Anche in questo si gioca il valore e il ruolo della scuola. Non bisogna dimenticarlo.
Una scuola che va verso l’archiviazione di quest’anno scolastico, schiacciata tra i tagli della manovra e la prospettiva di una «fuga di massa» come suggeriva in questi giorni Tuttoscuola anche in virtù delle nuove regole pensionistiche. Una scuola, forse, in deficit di entusiasmo, che invece servirebbe davvero anche in vista delle sfide dei prossimi mesi: una su tutte l’avvio della riforma nelle superiori.
Assessori sui banchi in piazza a Firenze, sindaci in mutande in Valdarno e nella Valdisieve. Succede anche questo in Toscana per protestare contro i tagli che penalizzano le scuole di ogni ordine e grado. Da dove cominciare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Nel prossimo anno scolastico 2010 -2011 mancheranno 1.120 posti tra il personale docente, suddivisi per ogni tra tutti i tipi di scuola: dagli oltre 650 sottratti alle superiori, ai meno 199 delle medie e i 270 persi dalle elementari.
In due anni la scuola toscana ha perso 4.163 cattedre. Ne hanno fatto le spese gli insegnanti precari, costretti a rincorrere un incarico da un anno all’altro percorso che per qualcuno dura da una decina d’anni mentre i pensionamenti, a causa del blocco del turn-over, non consentiranno di aprire nuove prospettive di lavoro. La situazione è molto critica per elementari e medie. I sindacati ipotizzano la riduzione del tempo pieno nella scuola primaria (in forse la richiesta di 150 classi) mentre alle medie sarà ridotto il tempo scuola.
Drammatica la situazione alle superiori: le difficoltà create dai tagli si aggiungono, secondo i sindacati, al modo caotico con cui ci si avvicina alla riforma del prossimo anno che prevede, tra l’altro, la riduzione da 36 a 32 ore dell’insegnamento negli istituti professionali e tecnici.
Ai tagli del personale docente si aggiungono quelli del personale tecnico-amministrativo con il rischio di sovraffollamento nelle classi e di scarsa pulizia e sicurezza nelle scuole.
Situazione difficile anche nelle scuole dell’infanzia anche se gli organici non dovrebbero subire variazioni notevoli. Lo scorso anno l’intervento della Regione garantì l’apertura di 44 nuove sezioni rispetto alle dotazioni ministeriali. Oggi con la stangata ai bilanci degli enti locali è ben difficile che si possa ripetere un intervento di supplenza delle competenze statali. Tra l’altro, insufficiente, considerato che sarebbe necessaria l’istituzione di 115 nuove sezioni per far fronte alle crescenti richieste.
A rischio anche il posto di lavoro per gli addetti alla pulizia che in questi giorni hanno scioperato e manifestato per chiedere il rinnovo degli appalti e preservare l’occupazione. Il 30 giugno, è stato spiegato, «scadrà l’appalto per le pulizie nelle scuole toscane e a pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico non sappiamo se verrà rinnovato. In questo modo circa 1.500 persone in tutta la Toscana rischiano il proprio posto di lavoro». Molte le manifestazioni nei giorni scorsi dei lavoratori, soprattutto donne, alcune con bambini, che hanno chiesto il rinnovo dell’appalto o una proroga alla scadenza sino alla fine del 2010. «Siamo molto preoccupate hanno spiegato alcune lavoriamo e riceviamo lo stipendio solo nove mesi all’anno e dallo scorso Natale una circolare ministeriale ha ridotto del 25% il numero delle ore lavorative e conseguentemente anche i nostri compensi».
Il segretario generale della Cisl toscana, Riccardo Cerza, è intervenuto a sostegno delle iniziative promosse dai sindacati di categoria della scuola. «La mobilitazione del mondo della scuola toscano, con iniziative in atto in questi giorni in tutta la regione afferma è una protesta giusta perché dice no ai tagli all’organico che mettono in crisi sia il sistema scolastico che le famiglie. La scuola toscana non può reggere questo tipo di tagli».
«Ai tagli già decisi aggiunge Cerza si sommano ora gli effetti della manovra decisa dal governo, in base alla quale gli insegnanti rischiano il blocco degli scatti d’anzianità e del contratto. Una misura che contrasteremo con forza perché si tratta di un accanimento verso una categoria di lavoratori che sta già pagando un alto prezzo alle politiche di contenimento della spesa. Capiamo le difficoltà del momento e la necessità di sacrifici, ma è scandaloso e iniquo che, anche se per il bene del paese, una maestra paghi di più di un alto dirigente!».
Un ultimo giorno di scuola particolare quello che ha visto venerdì 11 giugno gli assessori all’istruzione di varie amministrazioni provinciali toscane con diversi sindaci e assessori di comuni fiorentini, animare una classe virtuale nella cornice di piazza Santissima Annunziata a Firenze, con tanto di banchi, sedie, cattedra e una lavagna su cui campeggiava la scritta:«Scuola finita?». Un interrogativo volutamente ambivalente per alludere alla difficile situazione difficile. «Questa non è una manifestazione di massa ha affermato Giovanni Di Fede, assessore alla pubblica istruzione della Provincia di Firenze, illustrando il senso del presidio , ma di persone che hanno responsabilità istituzionali che vogliono mettere in evidenza la situazione che si sta prospettando per il prossimo anno scolastico; siamo allarmati perché tante richieste di un tempo scuola congruo per i nostri bambini, oggi ci vengono negate. Noi ci facciamo carico della nostra parte di responsabilità nel ridurre le spese, ma per noi alcune spese sono incomprimibili».
Come in ogni classe che si rispetti, gli «alunni» sono stati chiamati anche a leggere brani significativi di scrittori, poeti, storici, sul tema della scuola, da don Lorenzo Milani a Mario Lodi, fino ad Aristotele. Sono stati poi letti gli articoli 33 e 34 della Carta Costituzionale, mentre Stella Targetti, vicepresidente della Regione Toscana e assessore all’Istruzione, ha concluso con il brano composto da Gaber/Luporini («Non insegnate ai bambini»). «Abbiamo una visione di società ha detto Targetti in cui al centro c’è la scuola che ha un ruolo strategico: in essa i nostri bambini imparano il significato di comunità e possono acquisire quelle competenze necessarie per avere accesso alla vita sociale ed economica del Paese. Non possiamo condividere una politica nazionale che ha fatto pagare all’istruzione il prezzo più alto in termini di diminuzione di risorse, in una pur legittima politica di contenimento della spesa pubblica. Questa manifestazione è l’inizio di un percorso che avrà una tappa fondamentale a settembre con i nostri stati generali sulla scuola».
Ha concluso la «lezione» Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana:«I tagli che si preannunciano ha affermato colpiscono al cuore la qualità del servizio scolastico, sia sul versante del tempo pieno sia sul numero degli alunni per classe. Noi ci opporremo: per quello che ci riguarda la scuola sarà la priorità del nostro impegno. L’auspicio è che si riesca a costruire un grande movimento in questa regione a difesa ed a miglioramento della qualità dell’istruzione pubblica».
Credo che tutti, destra e sinistra, dovremmo prendere un impegno preciso: riportare il buonsenso quando si parla di scuola e soprattutto quando si coinvolgono i ragazzi o le famiglie. Dico questo perché le ultime iniziative, un po’ goliardiche, che hanno visto protagonisti alcuni esponenti istituzionali mi sembrano davvero poco consone alla situazione nella quale la scuola italiana si trova, e non da ora. Iniziative goliardiche, come allestire una «classe finta» in piazza, che si sommano a notizie allarmistiche ed allarmanti come la denuncia di tagli all’orario scolastico o l’accusa al Governo di licenziare il personale docente e non docente così come il richiamo alla soppressione di classi a tempo pieno, non aiutano la scuola italiana.
Del resto anche lo scorso anno si era dato per certo che molti docenti sarebbero stati licenziati (il che, ovviamente, non è avvenuto e non poteva avvenire), che il tempo pieno sarebbe stato di molto diminuito, che i docenti di sostegno sarebbero stati dimezzati, che l’offerta formativa sarebbe andata peggiorando. Nulla di tutto questo è accaduto.
La domanda è: a chi serve? A chi serve procurare ciclici allarmi o dare vita ad inziative da «circo» su una questione come la scuola italiana che oggi, volenti o nolenti, impone scelte difficili frutto di decenni in cui nessuno ha avuto il coraggio di fare delle scelte necessarie?
Non ci pare di chiedere troppo pensare che si debbano criticare le scelte del Ministro liberando, però, il campo dalle false accuse o, peggio ancora, dalle iniziative farsesche. La sinistra non condivide il rinnovato rigore? Ebbene, lo dica. La sinistra non condivide la scelta del maestro unico come in tutta Europa? Ebbene, lo dica, riconoscendo però che le compresenze non sono adottate pedagogicamente in nessun Paese Europeo.
La sinistra non condivide che sia giunto il tempo di avviare percorsi di scelta maggiori per le famiglie a partire dal tempo orario? Va bene, lo dica.
A me pare che il percorso intrapreso dal Ministro Gelmini sia di buon senso e lo si vede dai fatti. Uno per tutti: aver riportato a sintesi gli indirizzi per la secondaria superiore che avevano raggiunto il numero di oltre 800 rendendo indecifrabile ogni scelta per le famiglie e gli studenti. Nessuno nega che ci siano criticità, ma chiediamo alla sinistra di rifuggire il ridicolo. Non solo non serve, ma davvero è fuori luogo.