Vita Chiesa
Scuola cattolica: nota Cei, «Serve effettiva parità». Allarme chiusura istituti
«La scuola cattolica è nata per porsi al servizio di tutti, in particolare dei più poveri – si legge nella presentazione del documento, firmata da monsignor Gianni Ambrosio, presidente della citata Commissione – e deve continuare ad esercitare il suo servizio come testimonianza dell’impegno di tutta la comunità ecclesiale nella realizzazione del quotidiano compito educativo e della costante attenzione ai più deboli», in linea con quella «opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via» di cui parla Papa Francesco nella Evangelii gaudium. «Le dimensioni del sistema di scuola cattolica, che coinvolge in Italia poco meno di un milione di alunni, non possono far parlare di un’esperienza accessoria o marginale», ammonisce il vescovo.
Nel testo, i vescovi invitano a «superare qualche diffuso pregiudizio». «La scuola cattolica – affermano – non è propriamente parlando un’istituzione educativa confessionale o di parte, poiché si pone per suo statuto al servizio di tutti e accoglie tutti, con ‘obiettivo primario di curare l’educazione della persona e promuoverne la crescita libera e umanamente completa». In questa prospettiva, «l’adesione al progetto educativo della scuola cattolica – come previsto espressamente dalla legislazione statale – non potrà mai essere motivo di esclusione per alcuno o all’ostacolo all’accoglienza di chi guarda ad essa con simpatia». Al contrario, «dialogo e apertura saranno regola fondamentale dei rapporti tra e con gli alunni e tra e con le famiglie che vengono a farne parte, quali che siano le loro appartenenze culturali e religiose». Sono queste, per la Cei, le ragioni principali per cui «l’antica tradizione delle scuole cattoliche ha costituito un modello per le politiche scolastiche nazionali e per lo stesso ordinamento scolastico statale, richiamando in particolare l’attenzione verso le categorie socialmente svantaggiate, alle quali l’opera educativa della Chiesa si è sempre rivolta con speciale dedizione». «Anche oggi, nelle mutate condizioni storiche, la scuola cattolica vuole continuare ad offrire a tutti il suo servizio sociale».
«La parità scolastica è interesse e patrimonio di tutti i cittadini, perché il diritto a una educazione e a un’istruzione libere appartiene a ogni persona, indipendentemente dalle sue convinzioni religiose o dai suoi orientamenti culturali». Ne sono convinti i vescovi italiani, che nella Nota Cei sulla scuola, diffusa oggi, ricordano che «la libertà di educazione e di istruzione non è una prerogativa confessionale, ma una libertà fondamentale di tutti e di ciascuno» e che la «natura pubblica» del servizio svolto dalle scuole «non risiede nello stato giuridico dell’ente gestore, statale o non statale, ma nella loro funzione a vantaggio di tutta la collettività». Nel documento, si fa il punto sulle riforme legislative che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, prima fra tutte la legge 62 del 2000 che «ha ridefinito la natura stessa delle scuole cattoliche, quasi tutte paritarie e dunque facenti parte dell’unico sistema nazionale d’istruzione». Per la Cei, si tratta di una «conquista» e dell’attuazione del dettato costituzionale, ma «ancora incompiuto rimane il cammino verso una parità effettiva che dia reale efficacia alla libertà di scelta educativa delle famiglie».
Il processo di riforma, denunciano i vescovi, «non si può ancora ritenere compiuto né sul versante dell’autonomia, ancora non del tutto compresa e sperimentata dalle scuole, né sul versante della parità, enunciata formalmente ma non accompagnata da un sostegno capace di renderla reale ed effettiva, né sul versante della istruzione e formazione professionale, che risulta ancora disomogenea quanto alla sua distribuzione sul territorio e precaria nelle risorse». «Mentre è vero che quasi tutte le scuole cattoliche sono paritarie, non è vero che tutte le scuole paritarie sono cattoliche», si precisa nel testo, in cui si fa notare che «è soprattutto la scuola cattolica a battersi da anni per rendere effettiva nel nostro Paese una reale cultura della parità», che metta in condizione i genitori di «scegliere senza condizionamenti il percorso di studi e la scuola reputati migliori». Tra gli ostacoli alla reale parità, la Cei cita il non adeguato finanziamento delle scuole paritarie, che ha portato alla chiusura di molte scuole cattoliche, soprattutto dell’infanzia, che da sole rappresentano quasi i tre quarti del totale. «Fino a tanto che la legislazione italiana sulla parità non avrà ottenuto il suo completamento anche sul piano del suo finanziamento, a una parità nominale affermata non corrisponderà mai una parità nei fatti», il grido d’allarme dei vescovi.
Le scuole cattoliche rappresentano «un significativo risparmio per l’amministrazione statale», oltre che «un prezioso contributo di idee e di esperienze sul piano organizzativo, didattico e gestionale per tutto il sistema educativo nazionale». È quanto si legge nella Nota della Cei sulla scuola, diffusa oggi, dove sono riportati i dati relativi ai finanziamenti statali al sistema nazionale di istruzione, contenuti in Appendice al documento. Nelle previsioni di bilancio del giugno 2013, il finanziamento totale alle scuole statali ammonta a 40.596.307.956 euro, con un costo per lo Stato in media per alunno di scuola statale di 5.246,60 euro. Per quanto riguarda la scuola paritaria, i dati del Miur certificano che il finanziamento statale totale ammonta a 498.928.558 euro, con un costo per lo Stato in media per alunno di scuola paritaria pari a 481,40 euro. Tutto ciò, a fronte di una popolazione studentesca che nell’anno scolastico 2012-2013 contava 8.943.701 alunni (tra scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado), di cui 7.737.639 delle scuole statali (pari all’86,5% del totale), 1.036.403 delle scuole paritarie (11,6%) e 702.997 delle scuole cattoliche (67,8%).
In Appendice della Nota Cei vengono anche riportate le modalità di finanziamento pubblico alle scuole non statali in Europa. In Belgio, gli stipendi di tutto il personale sono a carico dello Stato. In Francia si va dall’integrazione amministrativa, con tutte le spese a carico dello Stato, al contratto di massima libertà, che non prevede alcun contributo. In Germania sono a carico dello Stato e delle Regioni lo stipendio dei docenti (85%), gli oneri previdenziali (90%), le spese di funzionamento (10%) e la manutenzione degli immobili (100%). Nelle «mantained school» inglesi sono a carico dello Stato tutti gli stipendi e le spese di funzionamento, oltre all’85% delle spese di costruzione. In Irlanda, le spese di costruzione degli immobili sono a carico dello Stato: in misura completa per le scuole dell’obbligo e per l’88% nelle scuole superiori. In Lussemburgo sono a carico dello Stato tutte le spese, mentre in Olanda sono a carico dello Stato tutte le spese nella scuola dell’obbligo e sono forniti sussidi per la costruzione e il funzionamento delle scuole superiori. In Portogallo è erogato dallo Stato l’equivalente del costo medio di un alunno di scuola statale, mentre in Spagna sono a carico dello Stato tutte le spese.
«La scuola cattolica deve essere considerata una vera risorsa della Chiesa locale e non un fattore accessorio o una pesante incombenza gestionale». Nella terza parte del documento, dedicata agli orientamenti pastorali, i vescovi rivolgono un appello «ad ogni Chiesa locale, perché si senta interpellata dalla realtà della scuola cattolica; si interroghi sinceramente sull’apprezzamento che essa suole fare del suo valore e si adoperi di conseguenza a porre in atto iniziative utili alla incentivazione e valorizzazione della sua presenza nel territorio». «Il vescovo è il primo responsabile e la figura di riferimento obbligata», si ricorda nel testo: spetta a lui il compito di «rafforzare la qualità ecclesiale delle scuole cattoliche» e «vigilare» su di esse. Tra i suggerimenti pastorali: «realizzare un vero progetto educativo diocesano o interdiocesano di scuola cattolica», «stabilire tutti i più opportuni collegamenti tra le scuole cattoliche, la Caritas diocesana, la pastorale giovanile, la pastorale vocazionale e gli uffici di pastorale della salute e della famiglia per lo studio delle problematiche di carattere sociale connesse al mondo della scuola, come ad esempio il disagio familiare, l’inserimento degli alunni portatori di disabilità». Da rafforzare anche il legame con la parrocchia e con i genitori, mentre agli insegnanti vanno garantite opportunità di formazione permanente.