Nonostante la riforma Moratti introduca per la prima volta nella storia del nostro Paese un “percorso graduale e continuo di istruzione e di formazione professionale parallelo a quello scolastico e universitario dai 14 ai 21 anni”, il decreto attuativo concernente le norme generali relative al secondo ciclo del “sistema educativo di istruzione e formazione professionale” (ancora in preparazione) rischia di dare luogo ad una “licealizzazione” degli istituti professionali, alcuni dei quali potrebbero essere “assorbiti” dai nuovi indirizzi liceali introdotti dalla legge 53/2003, in particolare quello economico e tecnologico. A lanciare il grido di allarme sono stati i partecipanti al Seminario su “il secondo ciclo nella scuola di ispirazione cristiana”, promosso oggi dal Centro Studi Scuola Cattolica(Cssc), costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana come “espressione della responsabilità che i vescovi assumono nei confronti di tutta la scuola cattolica in Italia”, compresi la scuola materna autonoma e i centri di formazione professionale di ispirazione cristiana. “La riproposizione, nell’ambito dei licei, dei vecchi istituti tecnici ha fatto notare don Guglielmo Malizia, direttore del Cssc di fatto annullerebbe la natura innovativa della riforma, continuerebbe e concluderebbe il percorso di licealizzazione’ con gravi conseguenze per le imprese, renderebbe più difficile il successo formativo dei giovani, impedirebbe alle Regioni di svolgere un effettivo ruolo di governo del sistema dell’offerta formativa, darebbe voce alle componenti più retrive del mondo della scuola che mirano semplicemente a conservare il potere di un comparto quello degli istituti tecnici e professionali che genera la massima dispersione, dal 18 fino al 43% degli studenti iscritti”. In Italia la “disaffezione scolastica” raggiunge quote del 50%, con soltanto un terzo dei casi che rientrano nella categoria vera e propria della “dispersione scolastica”. A fornire il dato è stato Felice Crema, dell’Università Cattolica, che ha messo l’accento sullo “scarto” tra il quadro generale della riforma Moratti e il decreto attuativo in via di approvazione, che “non contiene richiami alle innovazioni” introdotte, prima fra tutti la “pari dignità” tra i due canali dell’istruzione liceale e della formazione professionale. In secondo luogo, ha fato notare il relatore, “la volontà di permettere alla grande maggioranza delle istituzioni scolastiche di rimanere all’interno del percorso liceale comporta una confusione della proposta formativa. La parola ‘licealizzazione’ rischia in questo contesto di apparire non un termine in grado di qualificare i percorsi ma uno strumento per bloccare la nascita di un sottosistema della formazione professionale effettivamente equipollente al canale liceale. Di questa situazione i primi a pagare saranno gli istituti tecnici”. L’effettiva “pari dignità” tra i due canali di istruzione, ha fatto notare Emilio Gandini, presidente dell’associazione “Forma”, che raccoglie l’90% degli enti di formazione professionale di ispirazione cristiana, comporta la necessità di “un forte recupero della cultura del lavoro in un quadro di educazione permanente”: insistere sulla “licealizzazione”; al contrario, porterebbe “alla creazione di un soggetto ibrido, provocando una sorta di banalizzazione liceale’ accanto aduna povertà professionale’ dei percorsi che non sarebbero in tal modo in grado di soddisfare le esigenze poste dalle imprese e dalle categorie professionali”. Stando ai dati di “Forma”, sono circa 150mila i giovani che ogni anno scelgono la formazione professionale (ma il dato varia da Regione a Regione), pari al 5,6% dell’intera popolazione scolastica italiana. Sir