Vita Chiesa
Scuola cattolica. Cicatelli (Cssc): «Il suo valore aggiunto è un progetto educativo che valorizza ogni potenzialità dell’alunno»
Qual è lo stato di salute delle scuole cattoliche in Italia? Quali le difficoltà e le sfide che devono affrontare? Sono pronte a rispondere alle esigenze di una società in continuo cambiamento? Sono le domande che abbiamo rivolto a Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Centro studi per la scuola cattolica (Cssc), in occasione della presentazione a Roma, sabato 19 ottobre, del XXI Rapporto del Cssc, intitolato «Personalizzazione e curricolo», nell’ambito della XII Giornata pedagogica della scuola cattolica.
Dal 2010 hanno chiuso circa 1.500 scuole cattoliche. Quali sono le difficoltà e le sfide attuali che le scuole cattoliche devono affrontare?
«Credo che le difficoltà siano di due tipi. Da una parte, ci sono indubbiamente problemi di carattere economico, poiché i costi di una scuola cattolica sono oggi di gran lunga superiori a quelli di un tempo, quando il personale era quasi del tutto formato da religiosi o religiose che lavoravano a titolo gratuito. I costi attuali del personale laico gravano perciò sulle rette; è significativo che la chiusura di tante scuole cattoliche coincida con la crisi economica iniziata nel 2008. Dall’altra parte, mi sembra esserci anche un problema di identità: con l’ingresso del personale laico si è trasformata l’immagine della scuola cattolica e può essersi in qualche modo indebolito il carisma educativo di alcune congregazioni. Da questo punto di vista ci troviamo in una fase di transizione verso nuove forme di impegno e di servizio, che condurranno a ripensare e aggiornare carismi che risalgono a epoche ormai lontane, ma questa è una sfida da affrontare in una logica di rinnovamento e di fedeltà all’essenziale del messaggio evangelico».
Qual è, dunque, l’identikit della scuola cattolica oggi?
«Come dicevo, l’identità della scuola cattolica è in trasformazione. Per costruirne l’identikit non dobbiamo dimenticare che tre quarti di esse sono scuole dell’infanzia: ed è ben diversa l’identità di una scuola che si occupa di bambini rispetto a quella di un liceo. Comunque, si può dire che una scuola cattolica ha soprattutto la caratteristica di essere molto piccola (in media, poco più di 70 alunni). Ciò è un grosso vantaggio in termini di costruzione di una vera comunità educativa, ma è un problema in termini economici, anche perché gli spazi sono sovrabbondanti (e questo è un altro vantaggio per l’attività didattica ma un problema per la manutenzione). Circa il 90% dei docenti sono laici e la gestione è spesso nelle mani di cooperative, fondazioni e associazioni, che stanno prendendo il posto delle originarie istituzioni religiose. Inoltre, le scuole cattoliche sono sempre più una realtà presente e attiva nel Nord Italia, mentre al Sud ne rimangono sempre meno».
Perché un genitore dovrebbe scegliere una scuola cattolica: cosa offre in più?
«Una scuola cattolica deve essere anzitutto una scuola e quindi deve conservare tutte le caratteristiche di un’istituzione dedita all’educazione delle giovani generazioni. Il valore aggiunto di una scuola cattolica è il suo progetto educativo, nel quale dovrebbero riconoscersi le famiglie che la scelgono per i propri figli. Talvolta la scelta può essere determinata da motivi di comodità (vicinanza, orari prolungati) o di sicurezza (ambiente più ordinato e controllato), ma credo che si possa dire, in generale, che la scuola cattolica viene scelta per la qualità del servizio che offre come dimostrano anche le nostre ricerche su questo aspetto».
Il rapporto di quest’anno è dedicato al tema «Personalizzazione e curricolo«: a che punto è la scuola del 2019 rispetto a questi aspetti? E cosa comporta un ripensamento della scuola che tenga conto della personalizzazione?
«Nel recente passato tutta la scuola italiana è stata invitata a misurarsi con l’educazione personalizzata, ma – almeno a suo tempo – ha rinunciato ad adottarla come scelta metodologico-organizzativa (forse perché presentata in termini troppo rigidi). Oggi sembra invece che la personalizzazione stia tornando, soprattutto in quei settori della scuola che devono fare i conti con studenti più grandi e dalle esigenze molto diversificate. Sulla personalizzazione c’è, però, un equivoco di fondo: non si tratta di offrire una varietà di contenuti e metodi tra i quali gli studenti possano scegliere, ma di impostare l’intera attività didattica in modo da valorizzare le differenze personali di ognuno anche all’interno di un curricolo sostanzialmente uguale per tutti. In altre parole, si deve ripensare la scuola progettando un percorso aperto e commisurato alle infinite potenzialità della persona umana, il cui concetto è alla base della personalizzazione».
La personalizzazione è congeniale alla scuola cattolica?
«Il Centro studi per la scuola cattolica ha voluto dedicare alla personalizzazione due Rapporti consecutivi, l’anno scorso e quest’anno, proprio perché riteniamo che la personalizzazione sia molto adatta ad una scuola cattolica che intenda porre al centro della sua azione la persona dell’alunno nella sua complessità e completezza, valorizzando la sfera affettiva, emotiva e valoriale oltre a quella cognitiva».
Qual è il profilo dello studente di scuola cattolica?
«A questa domanda intende rispondere proprio la Giornata di studio che abbiamo organizzato. Come i documenti del ministero tracciano un profilo dello studente per ogni livello scolastico, così la scuola cattolica intende dare una specifica curvatura a quel profilo, arricchendolo con quello che potrebbe mancarvi. Non si vuole fissare uno standard di “studente cattolico”, ma promuovere lo sviluppo di ogni potenzialità nel rispetto delle singole personalità».